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Zapponini (Sgi): 'Sbaglio autorizzare gioco e poi vietarne la pubblicità'

05 luglio 2018 - 10:39

Stefano Zapponini di Sistema Gioco Italia interviene alla trasmissione di Radio Rai 3 'Tutta la città ne parla' dedicata al divieto di pubblicità al gioco.

Scritto da Redazione
Zapponini (Sgi): 'Sbaglio autorizzare gioco e poi vietarne la pubblicità'


“Vietare la pubblicità è sacrosanto per gli operatori non muniti di titolo concessorio. Vogliamo cominciare da quelli fuorilegge, o dobbiamo prendere come sempre la scorciatoia e fare di tutta un’erba un fascio? Eliminiamoli e ci accorgeremo di quanto stiamo eliminando. Non siamo contrari a vietare i testimonial. Vietare giochi ad alto
tasso di compulsività, siamo assolutamente d’accordo. Siamo per la prevenzione. Non si può autorizzare un gioco e poi vietarne la pubblicità: ma che distorsione è?”.


Lo sottolinea Stefano Zapponini, presidente di Sistema Gioco Italia, nel suo intervento alla trasmissione di Radio Rai 3 "Tutta la città ne parla" del 5 luglio, dedicata al divieto di pubblicità al gioco contenuto nel decreto Dignità.

“Noi siamo difensori del gioco, ma quello sicuro, che non determina problematicità e poi degenerazioni in patologie. Noi non difendiamo il gioco tour court.
È evidente che una maggiore, migliore regolamentazione è preferibile rispetto a divieti con decretazioni d’urgenza.
Il tema è importante è grave. Fosse anche uno il cittadino giocatore che è affetto da patologia è per me meritevole di attenzine, quindi noi che da 15 anni abbiamo sottratto il gioco all'illegalità questi temi li affrontiamo tutti i giorni e siamo portatori di proposte che non sono certamente di allontanamento del gioco che non risolve il problema. Dobbiamo ridurre la quantità dell’offerta, lo abbiamo proposto e lo abbiamo fatto, sia come numero di apparecchi che come numero di punti di vendita. Questi sono fatti. Dobbiamo lavorare sulla qualità dell’offerta. Se effettivamente alcuni giochi proprio per la forbice temporale tra il gioco e la vincita è troppo breve per cui genera compulsività, vanno eliminati. I punti che non rispondono ai requisiti di decoro, che non hanno riconoscibilità dall'esterno, spazi circoscritti e adeguati, numero di apparecchi proporzionato ai metri quadrati del locale, sicurezza, on sight, tessera del giocatore, tessera dell'esercente e se non basta telecamere collegate alla polizia locale che intervenendo potrebbe avere quell'income utile poi ad essere convogliato per la gestione di eventuali e successive patologie sono cose che noi abbiamo detto scritto, progettato e proposto”, conclude Zapponini.
 
 
La trasmissione ha visto l'intervento anche di Luciano Monti, coordinatore scientifico Fondazione Bruno Visentini che cura ogni anno la ricerca sul consumo dei giochi d'azzardo e docente di politica dell’Ue alla Luiss. "I dati di questo secondo anno di rilevazioni su un campione di mille interviste telefoniche e 600 formulari somministrati ai giocatori online rivelano che il 41 percento degli italiani fra i 18 e i 75 anni che possono essere considerati consumatori di gioco, ma di questi il 23 percento gioca una volta all'anno, il 9 gioca una volta al mese, il 6,3 una a settimana, il 3,3 tutti i giorni. Di questi, le nostre stime ci dicono che un quarto possono essere considerati 'problematici'. Rispetto all'anno scorso sono aumentati i giocatori online, passati a 3,7 milioni: di questi, circa la metà dichiara di effettuare giocate illegali su siti .com".
 

Fra gli intervistati anche Marco Cappato, radicale, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e coordinatore del Congresso mondiale per la libertà di ricerca scientifica, che rileva: "Sarebbe non solo paternalistico, ma anche controproducente e grave introdurre misure di proibizionismo del gioco, per l'evidente motivo che in quel caso tutti gli aspetti di informazione, dissuasione e prevenzione diventerebbero impossibili perché il mercato sarebbe affidato, come quello delle droghe proibite, alla criminalità organizzata. Proibire sarebbe un errore molto grave, ma questo non significa che lo Stato non abbia il dovere di prevenire comportamenti che possono essere distruttivi e autodistruttivi per le persone, quindi penso che il divieto di pubblicità possa avere anche un valore positivo ma che debba essere accompagnato da misure di informazione fin dalle scuole. Piuttosto, ci dobbiamo domandare perché si fa su questo e non su altre dipendenze (vedi alcol)".

 

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