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Dietro alla sanatoria new slot la sconfitta di un Paese

28 ottobre 2013 - 11:17

C’è chi la definisce 'un favore alle lobby dell’azzardo' e chi, dal fronte opposto, una sorta di 'appropriazione indebita' da parte dello Stato, nei confronti di un contenzioso ancora aperto e potenzialmente illegittimo. Per noi, la 'sanatoria' sulle new slot (o, per dirla con le parole del sottosegretario Alberto Giorgetti, la “definizione concordata di un contenzioso per sua natura imprevedibile nell’esito”), rappresenta più che altro una vera e propria sconfitta per il nostro Paese. Una sorta di resa sul fronte delle politiche economiche, di uno Stato che non solo sta dimostrando su vari fronti di non essere più in grado di attrarre investitori esteri, ma che in questa transazione, riesce addirittura a far fuggire anche i pochi che avevano continuato a scommettere (visto che di gioco si parla) sulla nostra economia. E proviamo, in poche righe, a spiegare le ragioni della nostra tesi.

Scritto da Alessio Crisantemi
Dietro alla sanatoria new slot la sconfitta di un Paese

 

Con l’approvazione della scorsa settimana del Decreto Imu, la scelta definitiva di Governo e Parlamento è stata quella di optare per il pagamento del 20 percento della multa da 2,5 miliardi di euro (con il termine di adesione fissato al prossimo 4 novembre) per chiudere il contenzioso davanti alla Corte dei Conti di cui il settore ben conosce la storia. Una soluzione che ha riscosso il “gradimento” (si fa per dire) di sei dei dieci concessionari coinvolti nella vicenda che hanno già confermato la propria disponibilità, sia pure volendo precisare la propria “innocenza” rispetto alle accuse mosse dalla Corte nel contenzioso. In effetti, i concessionari che hanno aderito alla transazione, nella maggior parte dei casi, sembra lo abbiano fatto per motivi legati al mercato finanziario, che hanno reso tale scelta praticamente obbligatoria. Primo su tutti, il colosso Gtech (Lottomatica), una quotata in borsa di tutto rispetto, che non poteva far altro che aderire, potendo contare su una discreta liquidità, per cancellare quella spada di Damocle della sanzione che rischiava di deprimere il titolo (e non è certo un caso che dal giorno precedente l’annuncio del decreto “cancella IMU” - 28 agosto - al giorno successivo alla presentazione dell’istanza - 16 ottobre - la società ha guadagnato in borsa il 7,5%). Ma il discorso è analogo anche per gli altri aderenti, il cui capitale è in tutti i casi in mano a fondi di investimento (eccezion fatta per Cirsa, proprietà dell’omonima multinazionale spagnola, con Sisal (controllata dai fondi di Private Equity Apax e Permira), Cogetech e Snai (controllate dal fondo di PE Invest Industrial), Gamenet (controllata dal Fondo di PE Trilantic Capital Partners), i quali, allo stesso modo, si vedono 'costretti' ad aderire alla sanatoria, probabilmente, per liberare le società da un rischio potenziale che le rendeva scarsamente negoziabili. Se questo è vero, bisogna leggere la decisione da parte dei fondi di investimento come la volontà di pagare un prezzo pur di uscire da un settore sempre più privo di certezze giuridiche, con il rischio concreto di vedere nei prossimi mesi ulteriori passaggi di mano dei concessionari (o la loro quotazione in borsa che di fatto, per il socio attuale, equivale ad una cessione). Ed è questa la vera nota stonata della vicenda. O, peggio ancora, il disastro compiuto dal Governo Letta, che proclama la volontà di attrarre investitori stranieri, rinunciando, al tempo stesso, a quei pochi che rimangono in Italia se, come è lecito supporre, i fondi di investimento stanno pagando un prezzo – probabilmente anche eccessivo – pur di abbandonare la scena italiana perché la reputano pericolosa e poco affidabile. Tutto questo, si badi bene, per fare sì cassa, ma per cifre assai inferiori rispetto a quelle che si era prefisso lo stesso Esecutivo, che contava su 600 milioni e ne ottiene 230, per poi rimediare, di nuovo, con rincari di Irpef e Irap. Un prezzo assai alto, dunque, per il Paese: che oltre a ritrovarsi con un ulteriore rincaro delle tasse, dovrà pure salutare preziosi fondi di investimento. Tutto questo, cui prodest?

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