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E la chiamano Stabilità

15 dicembre 2014 - 09:13

L'auspicio era generale e la speranza comune: scongiurare l'aumento del Prelievo erariale sugli apparecchi da intrattenimento, che avrebbe inevitabilmente affossato l'intero comparto. E le parole del viceministro Morando, che anticipavano la fattibilità dell'eventuale inversione di rotta, avevano sollevato gli animi degli addetti ai lavori. Salvo poi ritrovarsi, nel fine settimana, con la soluzione governativa, che propone sì di fare a meno dell'aumento del Preu, ma ad un prezzo assai caro.

Scritto da Alessio Crisantemi
E la chiamano Stabilità

Troppo, a detta degli operatori, e ben più alto di quello che si poteva stimare - o comunque tenere - attraverso un intervento sul prelievo. Roba da far saltare sulla sedia un po' tutti: dai concessionari di rete ai gestori degli apparecchi, fino addirittura agli esercenti. Non certo per una presa di posizione ideologica, ma questa volta per una questione di pura sopravvivenza. Confindustria ha lanciato subito l'allarme, con un conto assai banale da fare, ma alquanto allarmante da registrare: 500 milioni richiesti dallo stato a fronte di un fatturato di circa 650.
Ciò significa che la tassa sarebbe di gran lunga superiore ai ricavi degli operatori, per un autentico paradosso economico e un puro assurdo matematico. Oltre a prefigurare, diciamolo pure, un disastro politico. Certo le premesse erano già tutt'altro che rosee nelle scorse settimane, con i principi piuttosto vacui esposti da più ministri ed esponenti di governo rispetto alle politiche di gestione del gioco pubblico. Più vicini a una sorta di proibizionismo 2.0 che a una strategia di prevenzione  come la si vorrebbe, invece, presentare. Per poi arrivare all'ultimo momento, come in ogni finanziaria, con il decadimento di ogni logica moralistica e di qualunque intento di carattere sociale, finendo col preoccuparsi unicamente dello scopo primario di ogni governo (italiano), cioè quello di fare cassa, mettendo mano al portafoglio dei giochi. Ma l'impresa questa volta non è affatto facile e questo, probabilmente, lo hanno ormai capito tutti. In primis, i tecnici del governo, che hanno senz'altro scoperto (solo adesso, però) quanto pericoloso sia, e non solo difficile, intervenire in un comparto che non ha paragoni con nessun'altra industria del paese. Da qui il cambio di strategia, ma ancora una volta, a quanto pare, procedendo per tentativi. Andando avanti a tastoni, con l'incapacità, ormai evidente, di guardare al futuro (con l'auspicio, almeno, che ciò avvenga soltanto per i giochi).
Ora però il tempo è praticamente scaduto, entrando nell'ultima settimana che il governo ha a disposizione per trovare la quadratura del cerchio: che significa reperire altri fondi da questo settore senza pregiudicarne gli equilibri. Perché il rischio non è soltanto quello di veder sparire un'intera filiera (risultato che a molti non dispiacerebbe affatto), ma di ritrovarsi senza un'offerta lecita, con la scomparsa del gioco di Stato che finirebbe rimpiazzato da forme assolutamente fuori controllo. Sia fiscale che sanitario. E' quindi importante, addirittura vitale, che l'esecutivo arrivi, e al più presto, a una formulazione concreta della legge di stabilità e di quel pacchetto di misure sui giochi. Che non sarebbe neppure indispensabile, senz'altro non urgente, sapendo che nei prossimi mesi verrà attuata la riforma generale del settore dettata dalla legge delega. E una revisione fiscale dell'ultima ora, scritta in fretta e furia per giunta, non farebbe altro che complicare i lavori immediatamente successivi.
Se il governo ha bisogno di soldi dal gioco, fissi degli obiettivi concreti in termini economici, com'è peraltro previsto da una manovra di questa natura. Se vuole prevenire le dipendenze e fissare nuove regole distributive, può fare lo stesso. Ma non nella stabilità. Perché il principio della leva fiscale correlato alle dipendenze (non ce ne voglia il Ministro Lorenzin) è un'autentica bufala. E pericolosa, pure. Per queste cose (e molte altre) sarà la delega, nei giorni seguenti, a proporre soluzioni e a stilare procedure. Definendo le modalità per raggiungere gli scopi che il governo si sarà prefisso in termini sociali, e contribuendo a centrare anche quelli di carattere fiscale dettati appena prima dalla manovra economica. Il cui obiettivo centrale sarebbe scritto nel titolo: stabilità. Proprio quella di cui ha bisogno il settore, oltre all'intero paese.

 

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