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Quel cambiamento che non si può (più) ignorare

03 aprile 2018 - 09:58

Il popolo italiano chiede un cambiamento: il Fisco offre un segnale, ma guardi anche ai giochi.

Scritto da Alessio Crisantemi
Quel cambiamento che non si può (più) ignorare

Se c'è una cosa che è stata espressa chiaramente dagli italiani attraverso il voto dello scorso 4 marzo, è la necessità di un cambiamento della politica. A tutti i livelli e in tutte le sue espressioni. Come del resto è avvenuto e sta avvenendo in tutte le principali democrazie occidentali, dove il rifiuto dell'establishment si è manifestato attraverso il voto popolare e concretizzato in un nuovo leader, più o meno marcatamente populista (o nell'uscita dall'Europa, come nel caso del Regno Unito e di Brexit), ma comunque di rottura. In Italia questo sentimento del nostro tempo si è tradotto nel trionfo elettorale del Movimento 5 Stelle e della “nuova” Lega di Matteo Salvini, chiamati ad interpretare le "nuove" esigenze del popolo. Oppure no, a seconda da quello che deciderà il Presidente della Repubblica nei prossimi giorni, al termine delle consultazioni appena avviate al Quirinale. Sta di fatto, però, che chiunque siederà a Palazzo Chigi, non potrà non tenere conto di questa fortissima richiesta di cambiamento.

Ed è proprio questo, forse, il ragionamento che è stato fatto all'Agenzia delle Entrate, nell'introdurre, a partire dal mese corrente, il nuovo sistema di “trasparenza del Fisco”, mirato ad aumentare la consapevolezza tra i cittadini rispetto alla destinazione dei tanti denari che vengono sistematicamente (per chi lo fa) versati all'Erario attraverso le tasse. Da metà aprile infatti, quando sarà online anche la dichiarazione precompilata dei redditi del 2017, l’Agenzia delle Entrate “rivelerà” ad ogni contribuente italiano come sono state utilizzate le imposte versate l’anno scorso. Un modo per tentare di avvicinare i cittadini allo Stato, che in questo modo, non dovrebbe più essere considerato un'entità astratta. Spiegando almeno ad ogni contribuente quanti euro di quelli che ha versato, siano stati destinati ai servizi della pubblica amministrazione, alla difesa del territorio, o alla scuola. E così via. “Contribuire alla propria comunità è essenziale - scrive l’Agenzia nella lettera personalizzata destinata ai contribuenti - ma riteniamo lo sia anche avere la consapevolezza, per rispetto del cittadino prima ancora che del contribuente, di come vengano utilizzate le risorse fiscali”. Per “un fisco diverso, e un’operazione di verità e chiarezza”, ha spiegato il direttore dell’Agenzia, Ernesto Maria Ruffini. Evidenziando come il 2018 dovrà essere “l’anno della semplificazione e di una nuova stagione per il fisco”. Non c'è alcun dubbio che la nuova linea debba essere considerata assolutamente condivisibile, almeno nelle intenzioni. E altrettanto necessaria, visto anche lo scenario di cambiamento e di “nuove esigenze” descritto poc'anzi. A questo punto, però, tanto vale spingersi oltre e attuare un vero cambiamento, che non incida soltanto sulla percezione dei cittadini ma che vada anche a rinnovare i meccanismi di contribuzione e di destinazione degli “utili” da parte del Fisco. Agendo quindi su entrambi i fronti, per un effetto “comunicativo”, ma anche “contabile”: quindi molto concreto.
E' quanto si potrebbe fare, per esempio, introducendo quella cosiddetta “tassazione di scopo” nel settore del gioco pubblico, di cui non si è mai voluto parlare negli anni (e nei governi) precedenti, nonostante le virtù a dir poco evidenti proposte da un regime di questo tipo, più volte dimostrate anche dal mondo scientifico e da illustri economisti.   Inseguendo un “cambio di sistema”, come avvenuto per esempio nel Regno Unito attraverso il premier Tony Blair che negli anni '90 introdusse la destinazione di scopo dei proventi dei giochi istituendo, tra le altre cose, anche il fondo per lo Sport che oggi noi tutti consideriamo un modello.
Vale la pena notare, peraltro, che l'introduzione di un sistema di questo tipo non comporterebbe neppure uno stravolgimento degli attuali assetti tenendo conto che il modello delle cosiddette “good causes” britanniche non è del tutto estraneo al nostro Paese (seppur gestito, diciamolo pure, un po' “all'italiana”). Basti pensare al gioco del Lotto, che già da anni alimenta un fondo con il quale il Ministero dei beni e delle attività culturali finanzia a cadenza triennale importanti interventi di recupero e conservazione del patrimonio culturale. Oppure, andando indietro nel tempo e senza citare il caso del finanziamento della ricostruzione post-sisma dell'Abruzzo legato in gran parte proprio ai proventi dei giochi (visto che, all'epoca, è mancata davvero la trasparenza del Fisco e non solo la consapevolezza degli italiani), si può ricordare il vincolo di destinazione adottato qualche anno da su parte del gettito da Preu delle scommesse o quello delle slot che, nel tempo, hanno finanziato anche lo sport e in particolare il Coni e l’ippica (l’ex Assi, a sua volta ex Unire). Ecco quindi che l’idea di un fondo alimentato volontariamente dall’industria, sulla scorta del Responsible Gambling Trust britannico, non solo sarebbe facilmente attuabile, ma anche decisamente virtuosa. Anche in termini comunicativi: in perfetta sintonica con i nuovi fini perseguiti oggi dall'Agenzia delle Entrate. E magari pensando anche a vincolare una parte maggiore del gettito fiscale che incamera lo Stato per finanziare progetti di recupero sul territorio, provando così a porre fine al contenzioso con gli amministratori locali e a quella interminabile Questione Territoriale che continua a compromettere le attività di molte imprese sul territorio e la circolazione di un'offerta di gioco legale, a totale beneficio di quella illecita, che sta prendendo sempre più piede nei territori in cui sono state adottate le misure più restrittive.
E chissà che non possa essere questo uno dei risultati portati dal vento di cambiamento che sta soffiando sul panorama politico e istituzionale italiano. Anche se il 5 Stelle ha lanciato vari strali contro l'industria del gioco promettendone più volte l'abolizione, è pur vero che gli stessi leader del Movimento hanno spesso fatto riferimento a un aumento delle imposte sui giochi per finanziare le nuove iniziative elettorali, come per esempio il reddito di cittadinanza. E lo stesso ha fatto la Lega promuovendo il proprio progetto di “Flat Tax”. Sarà quindi più efficace – e, soprattutto, attuabile - l'idea di introdurre una destinazione di scopo piuttosto che inasprire l'imposizione fiscale in un settore in cui l'aliquota è già alle stelle e ben al di sopra delle soglie di sostenibilità. Se c'è un pregio che va riconosciuto al Movimento fondato da Beppe Grillo, è la volontà dimostrata dai suoi militanti nello studiare le problematiche e individuare possibili soluzioni, provando a far tacere le accuse di “impreparazione” provenienti dagli alt(r)i scranni della politica. Come del resto stanno facendo in queste ore gli sherpa del Movimento (e della Lega), al lavoro già da giorni per mettere a punto un programma comune cercando di conciliare, magari in forma soft, da una parte il reddito di cittadinanza e dall’altra la flat tax. E anche quello del gioco pubblico potrebbe essere un banco di prova. Ma prima bisognerà attendere la decisione del Quirinale rispetto al nuovo Esecutivo, che molto dipenderà dagli equilibri che riusciranno a trovare la varie forze politiche.
Mentre si fanno largo due strade: la prima che vedrebbe Luigi Di Maio divenire premier cedendo alla presenza (politica) di Silvio Berlusconi nella maggioranza, con Salvini che, in questo caso, rinuncerebbe sì a Palazzo Chigi ma manterrebbe il timone del centrodestra unito e una forte presenza nei ministeri chiave. La seconda ipotesi, invece, sarebbe quella di una figura terza a Palazzo Chigi: come potrebbe essere Giovanni Maria Flick, già ministro di Prodi e presidente della Corte costituzionale, o come l'ex grillino Pizzarotti, oggi sindaco di Parma, che ha ricevuto una chiamata congiunta da Di Mario e Salvini. Ma c'è già chi ipotizza un possibile “Governo delle Camere” : ossia l’iniziativa di M5S e Lega in Parlamento, sullo schema che ha portato alla rapida elezione dei presidenti delle Camere, mentre il governo Gentiloni andrebbe avanti per gli affari correnti. Con Di Maio e Salvini che potrebbero così mettersi d’accordo per approvare alcuni provvedimenti “simbolici” (come la stretta sui vitalizi e una bozza di reddito di cittadinanza o della flat tax) e una nuova legge elettorale che permetta il ritorno alle urne in tempi relativamente brevi. Per uno scenario decisamente inedito e pure alquanto insolito, ma che potrebbe essere percorso qualora dovesse proseguire lo stallo attuale oltre aprile, complice anche la campagna elettorale per le amministrative fissate per al 10 giugno. Ma al di là delle valutazioni sull'opportunità politica di una tale soluzione (e della sovranità del voto popolare, per dirla tutta), per quanto riguarda il settore del gioco pubblico, è evidente che un simile scenario potrebbe rivelarsi quello decisamente peggiore, se non altro per il protrarsi di una situazione di totale incertezza, visto che né il governo uscente, né tanto meno l'eventuale esecutivo “delle camere”, avrebbero l'intenzione, ma neppure la possibilità, di occuparsi di questa materia. Mentre le leggi regionali e locali continueranno a fare il loro corso. E i loro danni, come spesso accade.

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