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Gioco pubblico: il futuro inizia adesso

09 aprile 2018 - 10:14

Mentre il nuovo governo stenta a prendere forma, il comparto del gioco pubblico deve sopravvivere alla crisi e reinventare il proprio futuro.

Scritto da Alessio Crisantemi
Gioco pubblico: il futuro inizia adesso

 

Comunque vada, ci sarà un governo. E' questa l'unica certezza rispetto allo scenario politico che si va delineando in questi giorni, sia pure nella più totale confusione - per lo più mediatica - rispetto alle possibili alleanze. Appare evidente tuttavia che se l’Italia avrà un governo politico (e, quindi, non istituzionale) senza passare per una nuova tornata elettorale, quest'ultimo sarà probabilmente il frutto di una convergenza tra il Movimento 5 Stelle e la Lega (con eventuali alleati). E non sarà prima del prossimo mese. Tanto basta, dunque, ad aumentare le preoccupazione degli addetti ai lavori del comparto giochi, alle prese con i disagi causati dalle applicazioni di varie norme restrittive a livello locale che stanno creando disagi sul territorio (in primis in Piemonte), che non si limitano alla sola riduzione dei margini nei locali in cui è rimasta attiva un'offerta di gioco legale, dovendo fare i conti anche col riproporsi di un'offerta illecita che rappresenta quindi una nuova (o, meglio, ritrovata) concorrenza illecita per le aziende del settore. Tutto questo mentre continua ad aleggiare lo spettro di un governo “anti-gioco” che metta tra i propri obiettivi l'abolizione del gioco pubblico. In effetti, i proclami dei leader dei due schieramenti a vocazione governativa, rispetto al gioco, sono noti a tutti. E chi ha espresso la propria preferenza, il 4 marzo, per i due partiti più votati, si aspetta chiaramente un governo di discontinuità verso il passato, imponendo al futuro esecutivo un certo rigore nell'attuazione dei propri programmi.

Tuttavia, la scomparsa dell'intera industria del gioco, oltre a non essere stata richiesta da nessuno, è da ritenersi uno scenario piuttosto irrealizzabile. Almeno, non nel breve termine, come abbiamo già rappresentato su queste pagine. Tanto più che la prima emergenza da affrontare, per il prossimo governo, sarà ancora una volta quella di far quadrare i conti pubblici e scongiurare l'aumento dell'Iva a partire dal 2019. Una mission che per divenire possibile – spiega la Cgia di Mestre - impone al nuovo Esecutivo di predisporre entro la fine 2018 una manovra di bilancio da almeno 18,5 miliardi di euro, per disinnescare le clausole di salvaguardia ereditate dai precedenti governi, per correggere i conti pubblici e per far fronte a uscite già impegnate. Secondo lo studio dell'organismo veneto, bisognerà recuperare entro fine anno 12,4 miliardi per sterilizzare l'aumento dell'Iva (più altri altri 3,5 miliardi che l'Ue ci sta per chiedere per perseguire il pareggio di bilancio previsto dal cosiddetto "Six pack") e nel caso non si dovessero trovare  dal 1 gennaio 2019 l'aliquota Iva, attualmente al 10 percento, salirebbe all'11,5 percento; mentre quella attuale del 22 percento schizzerebbe addirittura al 24,2 percento. Figuriamoci, dunque, di pensare a rinunciare proprio ora a quegli oltre 10 miliardi versati direttamente dal settore del gioco all'Erario. A cui si aggiungono evidentemente anche gli altri proventi indiretti dovuti alla normale tassazione delle imprese.
Appare quindi molto più ragionevole e sensato guardare quanto meno alla fine dell'attuale regime concessorio, fissato al 2022: data in cui scadranno le concessioni per la gestione delle reti degli apparecchi da intrattenimento ma anche quelle dell'online appena rinnovate. Sarà quello, evidentemente, il punto di discontinuità e l'unico momento possibile per intervenire apportando eventuali cambiamenti significativi al modello italiano. E anche se la rinuncia a questo tipo di industria continua ad apparire improbabile, dovranno comunque essere introdotti necessariamente dei cambiamenti di fronte a un intero sistema che è stato messo chiaramente non solo in discussione, ma anche in crisi, e che dovrà quindi essere riformato. Diventa quindi fondamentale ripensare il sistema del "gioco pubblico" ed il suo modello di funzionamento, per un impegno che va oltre la rivisitazione degli equilibri di filiera e dell'aggiornamento normativo dei singoli giochi.
Il nuovo governo dovrà quindi farsi delle domande molto chiare e trovare risposte convincenti sul futuro di questo settore. A partire proprio dal mantenimento del regime concessorio: fortemente (ma superficialmente) criticato dal fronte “anti-gioco”, ma che sembra comunque difficile da abbandonare. Non va infatti dimenticato che lo strumento della concessione è servito per realizzare l'infrastruttura di comunicazione su cui si basa l'intero settore e garantirne la manutenzione e i necessari aggiornamenti. Tanto più che il progressivo ulteriore aumento della complessità della rete renderà sempre più difficile la gestione da parte dello Stato, che non potrà quindi fare a meno di ricorrere all'impiego di soggetti privati specializzati. Pur rimanendo la necessità di un cambiamento, che nonostante le difficoltà, dovrà rappresentare per l'industria un'opportunità per scrivere un nuovo futuro e provare addirittura a ricercare la tanto agognata sostenibilità. Il processo sarà difficile e probabilmente anche lento, ma non impossibile. Anche se richiederà uno sforzo enorme, soprattutto da parte della stessa industria, che però non ha scelta. E deve, anzi, iniziare a lavorare fin da subito alla definizione di un nuovo paradigma che possa apparire realmente sostenibile (o comunque negoziabile). E parliamo non a caso di “apparenza”, visto che il problema principale e, forse, la causa dell'intero declino del settore, è da ricercare nella percezione fortemente negativa che si continua ad avere del gioco e in particolare delle slot: che segna la differenza con altri fenomeni a rischio di dipendenza che nell'immaginario collettivo continuano ad essere ritenuti meno pericolosi (se non addirittura del tutto sdoganati), nonostante l'evidenza scientifica dell'esatto contrario.
Il punto di partenza per la costituzione di un “nuovo settore” è quello della mera interpretazione dei segnali che emergono già oggi in maniera evidente sulle nuove esigenze della politica, a tutti i livelli. A partire dalla consapevolezza che anche nel gioco, come avviene in altri comparti, la ripartizione del potere regolatorio va assumendo una nuova conformazione sempre più “federalista”, andandosi a legare con il territorio. Imponendo quindi la necessità di definire regole di ripartizione sul territorio dell'offerta di gioco che risultino coerenti con il principio della riduzione dell'offerta, evitando però l'espulsione decretata oggi dalle leggi regionali vigenti. Tutto questo impone l'instaurazione di un dialogo sempre più stretto con gli enti locali e l'attuazione di una rete di comunicazione che, insieme a una serie di iniziative sul piano della regolazione, possa contribuire al miglioramento dell'immagine dell'industria e, in particolare, di quella dell'operatore di gioco: ancora oggi “biscazziere” e mai “imprenditore” o, più semplicemente, “cittadino normale”. Ferma restando la necessità di porre e mantenere al centro di qualunque attività – politica, economica o commerciale - la tutela del giocatore, insieme a quella della legalità, che vanno inevitabilmente di pari passo.
E' quindi evidente che il futuro del settore inizia adesso. Anzi, è già iniziato: avendo origine proprio dalla crisi del sistema che ne impone una rivisitazione. Questo significa che l'industria deve fin da oggi lavorare alla definizione di quel nuovo modello, dedicandogli attenzione diretta in questi anni residui dell'attuale concessione. Lavorando sull'immagine e sul territorio, e assumendo un ruolo anche propositivo di fronte alle troppe incertezze del legislatore. I primi timidi passi mossi sui comuni che stanno affrontando la “questione territoriale” in ottica di dialogo e di confronto, sembrano dare i loro frutti: quando l'industria propone temi e valori come formazione, prevenzione e tutela della legalità, insieme a uno sforzo concreto per perseguirli, è difficile continuare a criminalizzarla sulla base di un mero pregiudizio ideologico. Di certo la strada sarà lunga e anche particolarmente ardua da percorrere, ma la posta in palio è troppo preziosa per lasciare ogni percorso intentato. E di certo è il momento di avviare il cammino.

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