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Il suicidio assistito dello Stato sul gioco pubblico

25 febbraio 2019 - 09:46

Il governo prosegue sulla linea proibizionista, nonostante le evidenze scientifiche e nel silezio delle istituzioni.

Scritto da Alessio Crisantemi
Il suicidio assistito dello Stato sul gioco pubblico

 

Lo diciamo da tempo e lo scriviamo, ormai, praticamente ogni giorno. Quello che sta compiendo lo Stato italiano nei confronti del gioco pubblico, attraverso le politiche attuate dall'attuale governo, è una sorta di suicidio assistito. Che non porta alcun tipo di beneficio in termini di contrasto alla dipendenza, non aumenta il livello di sicurezza e di tutela dei giocatori e non aiuta a contrastare l'evasione e la diffusione dell'illegalità. Anzi. Semmai, è proprio in grado di incentivare questi ultimi due aspetti, spostando la domanda di gioco degli italiani dal circuito legale a quello illecito. Il probizionismo non paga, mai. E non serve certo cambiare le parole o le definizioni per ottenere risultati migliori: chiamando le politiche abolizioniste in altro modo ed evitando di auto-dichiararsi proibizionisti, pur dimostrando di esserlo nei fatti, come avviene oggi.

In modo esattamente contrario a quanto teoricamente desiderato, le campagne “anti-gioco” portati avanti dal governo in questi mesi (e, in parte, anche quelle condotte dai suoi predecessori negli ultimi anni), mettendo sullo stesso piano l'offerta di Stato con quella illecita – perché di questo si tratta – sono finite col confondere i consumatori, facendo di tutta l'erba un fascio e finendo col rendere indistinguibile cioè che è legale da ciò che è illecito e magari gestito anche da organizzazioni criminali. E scusate se è poco. Tutto questo mentre si continua a parlare di voler “liberare i cittadini dall'azzardo”. Intervenendo unicamente sull'offerta e non sulla domanda. Imponendo divieti, restrizioni, limitazioni e senza proporre vere regolamentazioni, soluzioni e, soprattutto, senza fare prevenzione e informazione. Per questo, vogliamo ripeterlo, di proibizionismo si tratta.
E non siamo certo gli unico a dirlo. Si guardi per esempio l'ultimo rapporto pubblicato dall'Istituto per la competitività pubblica nel suo studio  dedicato proprio agli effetti del proibizionismo nel gioco, che forse non a caso utilizza tale terminologia anche nel titolo: “Nuovo proibizionismo: quale impatto?”. Illustrando in maniera chiara e completa le ragioni che rendono sconveniente e addirittura pericoloso un intervento come quello condotto nelle ultime politiche nazionali, nei confronti di un settore “a rischio” come quello del gioco. Motivando ampiamente tali conclusioni, sulla base di documenti, esperienze internazionali ed evidenze scientifiche. “La riduzione del consumo legato alle misure di tipo proibizionistico potrebbe dunque essere sovrastimata e nascondere uno spostamento del valore speso dal mercato legale a quello illegale”, scrive l'istituto. Evidenziando, nell'ampio lavoro di analisi e indagine realizzato nei confronti del gioco pubblico, quando sia particolarmente deleterio anche (e soprattutto) il divieto totale di pubblicità introdotto di recente dal governo, per le stesse ragioni.
Per questo parliamo di "suicidio assitito" da parte dello Stato: perché oltre all'uccisione di una vera e propria industria qual è – fino a prova contraria – quella del gioco pubblico (come viene considerata in tutti i paesi sviluppati, fuorché nel nostro), che dovrebbe già di per sè provocare reazioni e prese di distanza, quello che accadrebbe dalla scomparsa di questo settore sarebbe il dilagare di una situazione di illegalità, la ricomparsa di un di un immensa economia sommersa e l'aumento dei rischi per i consumatori. Tutto questo mentre le altre istituzioni rimangono perfettamente immobili e silenti, assecondando le campagne sfasciste messe in atto durante l'attuale legislatura. Possibile che nessuno si opponga a tutto ciò? Nessuno al Ministero, nessuno in Parlamento, nessuno tra le varie autorità che intervengono – direttamente o indirettamente – al mantenimento della legalità sembra preoccuparsi o accorgersi di quello che sta avvenendo. Oppure, nessuno si azzarda ad intervenire per non correre il rischio di apparire in favore “dell'azzardo” o della fantomatica lobby più volte richiamata (di certo non casualmente) da ministri e politici della maggioranza. Eppure, basterebbe davvero poco per evitare tutto questo e salvare il salvabile. Invocando una riforma del settore e agevolando quell'annunciato Riordino, in ottica di tutela (reale) dei consumatori e della legalità (e pure delle entrate erariali, di cui abbiamo bisogno se non volgiamo veder aumentare l'Iva) e non certo in difesa di un'industria o di una presunta lobby. Quanto tempo ancora si potrà far finta di non vedere?

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