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Due pesi e due misure, e tanti governi

08 aprile 2019 - 08:58

Nella passerella di Stato andata in scena a Verona, più che una festa della produzione italiana siamo al festival dell'ipocrisia: l'esaltazione del vino cozza con le posizioni sul gioco. 

Scritto da Alessio Crisantemi
Due pesi e due misure, e tanti governi

 

Ci risiamo. Anche quest'anno (e, forse, anche più del solito) il governo si è schierato in pompa magna a Verona, per celebrare le grandi virtù della filiera vinicola italiana in occasione della fiera Vinitaly: fiore all'occhiello del nostro paese e motivo di orgoglio nazionale. Al punto da attirare non soltanto il ministro dell'agricoltura Gian Marco Centinaio, che non poteva certo mancare all'evento di punta di quelli assimilabili al suo Dicastero: ma anche il premier Giuseppe Conte, oltre ai vice Matteo Salvini (il quale, onnipresente, non fa quasi più notizia) e Luigi Di Mario, oltre al governatore del veneto Luca Zaia. Con tanto di partecipazione anche della presidente del Senato, Maria Elisabetta Cadellati. Una rappresentanza completa, dunque, dello Stato in tutte le sue declinazioni: Governo e Parlamento compresi. Con tanto di brindisi pubblici, oltre ai saluti istituzionali. Come del resto – diciamolo pure - non potrebbe essere altrimenti, parlando di una eccellenza del nostro paese e, in particolare, della nostra economia: “Qui c'è passione, c'è economia e ci sono prospettive di crescita grazie all'incremento dell'export”. E mai come in questo periodo, tali prospettive assumono un ruolo fondamentale: anche in virtù del pessimo andamento della nostra economia e delle criticità riscontrate sui nostri bilanci in sede europea (forse anche per questo a sfilare sulla passerella del Vinitaly è anche il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani).

Tutto coerente e lineare, dunque. E nessuna polemica. Neanche un accenno, durante la manifestazione, ai rischi legati agli abusi di alcolici, che rappresentano comunque un problema enorme, in Italia e nel mondo. Nessuno, infatti, si sognerebbe mai di far osservare al governo e alle varie rappresentanze dello Stato che il vino, e l'alcol in generale, può avere anche effetti negativi sulla salute delle persone. Non in senso assoluto, per carità: ma solo in caso di consumi smodati, eccessivi e fuori controllo. Qualcosa che ricorda da vicino ciò che accade con il gioco d'azzardo: anche qui, come per il vino, un consumo normale e “regolare” non provoca alcun effetto negativo. Anzi, al contrario, è dimostrato scientificamente che anche questa attività può dare un certo benessere all'individuo per via della componente ludica che risulta comunque presente anche di fronte alla vincita in denaro e all'alea che rappresentano le discriminanti di un gioco d'azzardo. Eppure, nei confronti del gioco, si applicano criteri morali decisamente opposti rispetto a quelli riservati agli alcolici. Vietato parlare di economia, di produttività e di occupazione perché il gioco, semmai, deve essere considerata una forma di “anti-economia”, sostengono i molti detrattori. E guai ad esaltare i proventi incassati dallo Stato da questo settore, perché si tratta di denari incassati “sulla pelle delle persone”. Anche se, come ha rivelato l'Emcdda (Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze) nel suo ultimo bollettino annuale sulle dipendenze, è vero che sono di più gli adolescenti europei che nell’ultimo hanno abusato di alcol o hanno fumato abitualmente tabacco (rispettivamente il 37,5 percento e il 23 percento dei 15-16enni, contro il 7,5 percento di loro che, peraltro, ha fatto uso di cannabis), con l'Italia che si posiziona ai vertici di tutte le classifiche sui consumi di questo tipo, e con il gioco d'azzardo che risulta soltanto all'ottavo posto tra le dipendenze che affliggono i nostri cittadini. Non che sia poco e non preoccupante, per carità. Al contrario, la sola esistenza di una dipendenza patologica è già sufficiente a chiedere interventi di carattere preventivo e sanitario. Ciò che colpisce, semmai, è come possa essere il gioco in testa a ogni dibattito di matrice abolizionista, mentre l'alcol, al contrario, viene sistematicamente ignorato. Ancora oggi.
Così, mentre il governo adotta restrizioni pesanti nei confronti del gioco, vietandone ogni forma di pubblicità, aumentandone la tassazione a dismisura e promettendo una lotta continua senza sosta e senza quartiere, i ministri brindano all'altro motore dell'economia nazionale. Adottando due pesi e due misure.
Ma non è certo una novità. Anzi. Si tratta dello stesso copione che si ripete da anni: di governo in governo, da una legislatura all'altra. Forse quest'anno è soltanto più accentuata la presenza alla fiera di Verona, che del resto rappresenta una roccaforte leghista. Ma tant'è. E chi ha buona memoria ricorderà come, in passato, si siano ipotizzati – seppure timidamente - aumenti di tassazione sugli alcoli, sempre sistematicamente accantonati. E la maggior parte delle volte, proprio a spese del gioco pubblico, che si è ritrovato sulle spalle altri rincari, sobbarcandosi anche quelli che erano stati ipotizzati per altri settori.
Ora però, tra un brindisi e l'altro, i ministri dovranno tornarsi a occupare anche dei conti pubblici, nella settimana in cui sono chiamati a scrivere il Documento di economia e finanza. Anche se il governo continua ad escludere altre manovre correttive, nel confronto di venerdì 5 aprile fra il ministro dell’Economia Giovanni Tria e i commissari Ue Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis, i rappresentanti europei sono tornati a suonare l’allarme sulla congiuntura italiana spiegando che la crescita di quest’anno “potrebbe essere più bassa”. Facendo palesare lo spettro dell'aumento dell'Iva e delle accise, previsto dalle clausole di salvaguardia che ci portiamo dietro da qualche anno. 
Per questa ragione il calendario di questa settimana prevede una serie di vertici tecnici e politici per prendere le ultime decisioni su misure e numeri del programma, sui quali peseranno, e non poco, anche i dati attesi dall’Istat su conti economici nazionali, Pil e indebitamento Pa 2018 e produzione industriale di febbraio. Insomma, uno scenario tutt'altro che roseo, per il paese e per il settore del gioco pubblico, ormai abituato ad essere utilizzato come bancomat di Stato, di fronte a qualunque necessità di cassa. Anche se stavolta non sembrano proprio esserci i margini per ulteriori interventi. Non prima, almeno, di aver messo mano seriamente al settore, dal punto di vista delle riforme e non dei prelievi. Come promesso dallo stesso Esecutivo in occasione dell'emanazione del Decreto dignità della scorsa estate, che prevedeva, come noto, un Riordino generale del comparto, mai arrivato. Anche qui, tuttavia, le statistiche sono impietose: come evidenziato in queste ore da IlSole24Ore, il fact-checking delle attività di governo presenta un saldo ampiamente negativo. Come avviene in ogni legislatura e in ogni governo, ogni riforma approvata deve essere attuata da specifici provvedimenti attuativi, che spesso tardano ad arrivare. O, peggio ancora, non arrivano proprio. Come è accaduto sistematicamente alla riforma dei giochi.
La quota di attuazione delle scelte economiche dell’attuale compagine governativa è al 18,5 percento, con un balzo di poco più di sette punti rispetto al monitoraggio di un mese fa (a fine febbraio era all’11,2 per cento). Ma mentre prosegue l'attività legislativa, si accumulano i ritardi. Dei 167 decreti attuativi - sui 205 previsti - che ancora mancano all’appello, 60 risultano già scaduti, scrive il quotidiano economico. Un mese fa i provvedimenti fuori tempo massimo erano 25, con il carico che si è ulteriormente appesantito in seguito all’ultima legge di bilancio, che per diventare pienamente operativa attende 97 provvedimenti attuativi, per 43 dei quali il tempo è (teoricamente) finito. Tra questi, peraltro, ci sono anche alcuni provvedimenti relativi al mondo del gioco, come quello sulle Awp da remoto, per le quali si attendono i decreti di regole tecniche che dovranno prima passare per Bruxelles. Ma a mancare da ormai quasi un anno, ribadiamo, è il Riordino del comparto, di cui ancora non si sente neppure parlare. E su questo, non c'è nulla da brindare.

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