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Un paese in affanno, un comparto in crisi: e in attesa di un riordino

03 giugno 2019 - 09:39

Mentre l'economia italiana precipita, appare sempre più forte la necessità di un riordino: delle idee, per l'Esecutivo e del comparto per gli addetti ai lavori del gioco pubblico.

Scritto da Alessio Crisantemi
Un paese in affanno, un comparto in crisi: e in attesa di un riordino

 

Doveva essere “un anno bellissimo”, per l'Italia: ma non lo sarà. Ed è ormai un fatto. Ora che anche i più ottimisti che hanno saputo illudersi davanti al vecchio proclama del premier Giuseppe Conte (poi rimangiato) si sono dovuti ormai ricredere, prendendo atto di una triste e ormai consolidata realtà. Che vede il paese soccombere sotto il peso di un eccessivo debito pubblico, ma senza poter contare - come prima accadeva - sulla piena disponibilità dell'Europa, dopo che negli ultimi mesi non abbiamo fatto altro che attaccarne la credibilità, la fiducia e l'autorevolezza. E adesso che l'ipotesi di una strategia isolazionista appare ormai a tutti come una pura follia, il governo è chiamato a tornare sui sui passi, provando a rimettere insieme i cocci di una frattura da lui stesso provocata.

La settimana inizia dunque con il premier che dice: “Voglio parlare alla nazione”. Evocando scenari apocalittici ma lasciando intendere, almeno, la volontà di provare a ricostruire un clima di fiducia, con il paese e con l'Europa. Anche a causa della pubblicazione delle Raccomandazioni da parte dell'Unione Europea di questa settimana all'interno delle quali ci si attende che possa essere avviata anche una procedura di infrazione contro l'Italia, dopo la lettere inviata nei giorni scorsi a Roma con la quale l'istituzione comunitaria chiedeva spiegazioni rispetto all'aumento del debito che fino a qualche mese fa il nostro governo escludeva categoricamente, nonostante le perplessità di Bruxelles, oltre a quelle delle opposizioni nostrane.

In questo scenario di imminente sciagura, dove i mercati puniscono l'Italia mostrando evidente sfiducia rispetto al nostro paese e alla sua economia, l'industria nazionale – alle prese già da sé con molteplici problemi – vacilla.

Figurarsi quella del gioco pubblico, la quale deve fare i conti con una serie infinita di problemi, anche aggiuntivi rispetto a quelli di qualunque altro comparto economico, a cui si aggiunge la mancanza di considerazione da parte dell'Esecutivo e di parte delle Istituzioni, che rendono molto più difficile anche ogni ipotesi di riforma. Per il comparto dei giochi, in effetti, non si è mai trattato di “un anno bellissimo”, neppure in teoria. Con l'incredibile inasprimento della tassazione con il quale ha dovuto fare i conti all'indomani dell'insediamento del governo giallo-verde e alla luce di una serie di provvedimenti restrittivi, come il divieto di pubblicità contenuto all'interno del decreto Dignità, che appare ancora oggi una sorta di follia istituzionale, ma tant'è.
 
Eppure, qualcosa di positivo si poteva anche scorgere, per il settore: come l'annunciata riforma generale contenuta anche quella, sulla carta, all'interno del decreto Dignità, nel quale il governo annunciava il “Riordino” del comparto, entro i successivi sei mesi. Peccato però che nel frattempo sia passato ormai un anno e del riordino non c'è ancora nessuna traccia. Mentre continuano a esplodere tutti i casi critici sul territorio, rendendo quel riordino ogni giorno più necessario, e non solo per l'industria, ma anche (e soprattutto, ormai) per lo Stato in tutte le sue declinazioni. Lo vediamo in Piemonte e Puglia, dove è a rischio una grande fetta di occupazione, con le amministrazioni locali che sembrano non sapere come poter uscire da questa situazione: ma è evidente anche in tante le altre questioni economiche e politiche che riguardano il paese, condizionate dalla mancata riforma del settore.
Dopo che il Consiglio di Stato, qualche settimana fa, denunciava l'impossibilità di bandire le nuove concessioni per le scommesse sportive a causa della cosiddetta Questione Territoriale, lo stesso problema emerge oggi, piuttosto chiaramente, nell'attuazione delle restrizioni dell'orario di funzionamento degli apparecchi da intrattenimento volute dallo stesso governo ma che oggi risultano difficili da applicare a causa dello stesso conflitto politico e istituzionale. Per tutte queste ragioni, la riforma del gioco pubblico italiano appare quanto più urgente e non più rinviabile.
 
Con una necessità in più, dettata proprio dalla situazione di crisi politica e economica che preoccupa l'Italia e l'Europa. Dopo che il Parlamento ha invitato il Governo a riformare l’imposta sul reddito delle persone fisiche nel rispetto degli obiettivi di riduzione del disavanzo per il periodo 2020-2022 definiti nel Programma di Stabilità, oltre a “evitare gli aumenti delle imposte indirette per il 2020 individuando misure alternative idonee a garantire il suddetto miglioramento strutturale”, l'Esecutivo si trova costretto a trovare nuovi e ulteriori denari per evitare il peggio.
 
E se vorrà tentare di ricavare qualcosa dal mercato del gioco – o, addirittura, se vorrà anche garantirsi di tirar fuori ciò che riusciva a ricavare fino ad oggi – sarà costretto a intervenire con quell'atteso Riordino. E se è vero che, in vista dell'approvazione del Documento Programmati co di Bilancio per il 2020 e alla luce delle più aggiornate previsioni macroeconomiche, il Governo sta elaborando un programma complessivo di revisione della spesa corrente comprimibile e delle entrate, anche non tributarie, potrebbe essere già questa l'occasione per tentare una messa in ordine del sistema del gioco pubblico. Che sia pure – inevitabilmente – a scopo di lucro, purché risolva i problemi reali, delle imprese, dei lavori e quindi dei cittadini. Perché di questo siamo parlando.

 

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