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Riordino giochi: il governo rilancia ma senza scadenza

17 giugno 2019 - 08:21

Quando il settore iniziava a perdere le speranze di arrivare a un riordino, il governo annuncia l'imminente uscita di un provvedimento e riafferma vecchi principi.

Scritto da Alessio Crisantemi
Riordino giochi: il governo rilancia ma senza scadenza

Colpo di scena per il gioco pubblico. Anzi, due. Succede in Parlamento, quando il sottosegretario all'Economia, Massimo Bitonci, rispondendo a un'interrogazione rivolta al Ministro Tria da parte dei deputati del Partito Democratico, annuncia la predisposizione di un disegno di legge delega per il riordino complessivo del settore dei giochi che punta a definire un quadro di regole chiare e precise per il gioco ed a rafforzare la tutela della salute del giocatore”. Spiegando che la redazione del provvedimento sarebbe addirittura “in fase di ultimazione”. Una buona notizia per il settore, non c'è dubbio, che giunge (forse non a caso) proprio nel momento in cui gli addetti ai lavori iniziavano a perdere le speranze sull'effettiva volontà dell'Esecutivo di realizzare una riforma del comparto, dopo che il decreto Dignità, lo scorso luglio, aveva previsto un Riordino entro 6 mesi dalla sua pubblicazione, mai realizzato.

Salvo poi ritrovarsi, nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2018, a supporto della manovra di bilancio 2019-2021, con l'annuncio di un Disegno di legge delega di riordino del settore dei giochi, che andava di fatto a superare quanto indicato nel decreto legge Dignità, riprendendone però la ratio e gli impegni, sia pure in forma diversa e meno vincolante in termini temporali. In effetti il governo non si è certo mosso con sollecitudine rispetto a tali buoni propositi: anzi, al contrario, non si è mai più sentito parlare di riordino in nessun dibattito politico, prima della recente interrogazione e delle conseguenti esternazioni del sottosegretario.
Ma oltre alla (presunta) notizia relativa alla pubblicazione “imminente” di un disegno di legge di riordino, l'ulteriore buona novella racchiusa nello stesso intervento di Bitonci è un'altra e, forse, anche molto più importante, pur essendo passata pressoché inosservata: nel ripercorrere l'iter perseguito dal precedente governo che aveva portato all'intesa in Conferenza unificata lo scorso 7 settembre 2017, oltre a ricordare che “Le intese raggiunte in sede di conferenza unificata sono recepite con decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze, sentite le commissioni parlamentari competenti”, il sottosegretario ha messo nero su bianco che le Regioni avrebbero dovuto adeguare “le proprie leggi in materia di dislocazione dei punti vendita del gioco pubblico all’intesa sancita in sede di Conferenza unificata in data 7 settembre 2017”. Aggiungendo come, ad oggi, “Allo Stato, non risulta che le Regioni abbiano fino ad ora adeguato le proprie leggi alla citata intesa”. Ebbene, nonostante i firmatari dell'interrogazione, guidati dalla parlamentare del Pd Silvia Fregolent, si siano detti non soddisfatti della risposta fornita dal sottosegretario, ritenuta troppo tecnica e senza alcuna indicazione temporale rispetto agli impegni presi per la riforma del comparto, non dovrebbe sfuggire come attraverso questo intervento sia stata di fatto legittimata l'intesa della Conferenza Unificata, nonostante lo stesso governo non l'avesse, di fatto, mai attuata nelle sue disposizioni. Con il sottosegretario che ha anche specificato come siano le regioni a doversi adeguare alle leggi nazionali e non il contrario, come invece sembrava si volesse lasciar intendere fino a qualche mese fa, quando gli stessi esponenti governativi si dicevano contrari rispetto ai principi stabiliti da quell'intesa. Richiamando anche il recente parere del Consiglio di Stato con il quale si palesava l'esigenza di risolvere la Questione territoriale per poter procedere con l'emanazione delle gare per il rinnovo delle concessioni del gioco terrestre. Nonostante non sia ancora dato sapere quando – e, soprattutto, come – il governo intenda riformare il comparto, dunque, ciò che emerge da questo semplice passaggio parlamentare è la direzione che potrebbe prendere il percorso di riforma. Un cammino che, per chi conosce un minimo la materia, appare inevitabile e imprescindibile, ma fino a qualche tempo fa non poteva certo ritenersi scontato, tenendo conto del protrarsi del conflitto sul territorio tra Stato e Industria. E anche se non si conoscono i tempi di attuazione, se non altro sembra che la linea che si vuole perseguire potrebbe essere quella giusta, perché mirata a risolvere davvero il problema, e una volta per tutte. Peccato tuttavia che negli stessi giorni in cui governo e parlamento provano a ragionare su questi buoni propositi per un non ben identificato futuro, tutto intorno continuano a saltare pezzi di industria (e, di conseguenza, baluardi di legalità sul territorio), proprio a causa di quelle stesse leggi regionali che il governo ci dice ora che sarebbero dovute essere adeguate, in virtù di quell'intesa di fine 2017. Se questa è la legge, dunque, che il governo lo dica alle regioni, Piemonte in testa, prima ancora di riferire in Parlamento e di presentare quell'atteso disegno di legge. Ma forse non è un caso che la risposta sia arrivata proprio nei giorni in cui sul territorio non si vedono più altre vie di uscita, se non per mano del governo. Come del resto si attende da ormai due anni: cioè da quella presunta Intesa, che all'improvviso torna ad essere davvero concreta.

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