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Dal riordino alla ricostruzione: l'occasione del gioco pubblico

23 novembre 2020 - 10:16

L'emergenza provocata dalla pandemia spinge al riordino del gioco pubblico, che assume nuovi e ulteriori significati, diventa ancora più urgente e necessario. Per tutti.

Scritto da Alessio Crisantemi
Dal riordino alla ricostruzione: l'occasione del gioco pubblico

Ci voleva il Covid per arrivare (finalmente) a parlare di riordino del gioco pubblico e di riorganizzazione del settore? A quanto pare, sì. Per quanto assurda possa essere (o apparire) questa tardiva presa di coscienza da parte della politica, per chi lavora all'interno del comparto; ben sapendo quanto sia datata, ormai, l'esigenza di attuare una riforma generale e quanto essa diventi ogni giorno sempre più urgente e necessaria. Molto meno assurda, invece, appare la stessa questione se osservata dal punto di vista della politica, nel senso più ampio del termine: con l'emergenza generale provocata dalla pandemia che ha consentito di portare alla luce tanti punti prima d'ora “oscuri” agli occhi del legislatore e di tanti rappresentanti di politica e istituzioni. Con varie storture, anomalie e criticità, spesso anche tipiche del nostro paese, ma comunque ignorate - per una serie di infinite ragioni che non ha senso qui riepilogare - che stanno comunque emergendo, in un modo o nell'altro, imponendone una trattazione. Dalla presenza - diffusa e capillare - della criminalità all'evasione, alla consistenza (più che all'esistenza..) del lavoro nero e via discorrendo. Tutti temi spesso citati e ricordati, ma solo parzialmente o apparentemente affrontati: continuando a diffondersi senza troppi problemi nella Penisola. Pur rappresentando delle piaghe gravissime del nostro paese, compromettendone ogni possibile equilibrio: non solo economico, ma anche etico, politico e sociale. Figuriamoci dunque se di fronte a così tante “dimenticanze” del nostro legislatore o dei suoi rappresentanti, poteva ricevere l'attenzione che merita un settore come quello del gioco, la cui immagine è già in sé offuscata dalla fitta coltre di ideologia che da sempre – e ogni parte del mondo – ne compromette l'osservazione.

La “buona notizia” di oggi, pertanto (ammettendo il possibile eccesso di ottimismo, da parte nostra, nel riuscire a trovare qualcosa di buono in questo momento) risiede proprio nel fatto che sta diventando sempre meno assurdo, giorno dopo giorno, affrontare il tema del gioco. Anche in territori ostili, come poteva essere l'Abruzzo o come continua ad essere il Piemonte, si è arrivati ormai a una presa di coscienza della gravità della situazione e delle difficoltà delle imprese che si traducono in veri e propri danni per l'occupazione e, di conseguenza, per l'economia e per la società. Con le amministrazioni locali che dopo le ben note e ripetute levate di scudi contro il settore, sono arrivate (o stanno arrivando) a deporre le armi, attuando uno slittamento delle restrizioni precedente introdotte attraverso le rispettive (maldestre) leggi regionali. Non solo. Anche a livello centrale – ed è questo l'aspetto più importante – la materia “gioco” inizia ad essere affrontata quasi alla pari degli altri settori. Sia pure, ancora, con qualche pregiudizio e una scorta di ideologia residua in virtù dei quali – per esempio – vengono chiusi i locali di gioco senza neppure una minima valutazione sulla reale e concreta efficacia della misura in termini di riduzione del contagio. Tuttavia, oltre ad essere stato inserito tra i settori soggetti ai provvedimenti di ristoro sanciti dall'esecutivo (e ci mancherebbe altro, diciamolo pure), il gioco pubblico è anche oggetto di una trattazione più ampia da parte di governo e parlamento, mirata proprio alla sua ricostruzione, più che alla riorganizzazione, con il tema del riordino che assume quindi un nuovo e ulteriore significato alla luce della pandemia. E una certa urgenza, pure. Da qui la proposta – sia del regolatore che del governo – si far slittare le gare per il rinnovo delle concessioni di almeno 24 mesi, per occuparsi nel frattempo del riordino, provando a risolvere nel frattempo l'annosa “Questione territoriale”, come proposto più volte dal sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, che ben conosce la situazione, in tutte le sue difficoltà. Avendo dimostrato fin dal principio (cioè due governi fa..) di avere le idee piuttosto chiare sulla direzione da prendere e sui risultati da poter ottenere da una trattazione allargata con gli enti locali, senza però trovare le condizioni per poterlo fare. Cosa che invece, oggi, sembra potersi verificare. Proprio “grazie” (si fa per dire) alla pandemia. In effetti, seguendo la cronaca, sembra ormai evidente che anche i maggiori detrattori del gioco, per lo più riscontrabili nel popolo del 5 Stelle, abbiano iniziato a guardare al comparto in maniera meno rigida, iniziando a comprendere non solo le necessità economiche del paese e quelle di occupazione, dei cittadini, ma anche le conseguenze in termini di illegalità e di riaffermazione della criminalità organizzata che scaturirebbero dalla scomparsa del presidio del gioco lecito. Un qualcosa che è sempre stato illustrato da parte dell'industria o degli esperti, ma che non è stato evidentemente mai recepito né ascoltato, ma che adesso inizia già a materializzarsi, in diverse forme e in vari territori. Ala punto da imporre una presa di coscienza e una buona dose di concretezza, a tutti i livelli. Ecco quindi che è arrivato il momento di deporre le armi, dentro e fuori al settore, e di iniziare a lavorare tutti verso l'obiettivo di dare un futuro alle imprese e ai lavoratori del comparto attraverso una riorganizzazione generale che possa rendere questo settore dell'economia pienamente (e finalmente) sostenibile. Un passaggio necessario, indispensabile e doveroso, che richiederà senz'altro nuovi e ulteriori sacrifici alla filiera, ma in cambio di qualcosa di impagabile come la stabilità: il bene più prezioso che è sempre mancato agli addetti ai lavori e che adesso potrebbe davvero arrivare. Ma per ottenerlo, bisognerà farsi trovare pronti, fin da subito, e magari anche uniti: gettando il cuore oltre l'ostacolo e provando a superare i tanti motivi di divisione tra le diverse categorie che hanno contribuito allo sgretolamento della filiera nel corso degli ultimi anni.
 

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