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Rischio calcolato ma non sufficiente: nuova beffa per i giochi

19 aprile 2021 - 08:49

Il premier parla di “rischio calcolato” delineando le riaperture, ma i giochi vengono ancora ignorati: ma dove sono i politici che proclamavano pari diritti?

Scritto da Alessio Crisantemi
Rischio calcolato ma non sufficiente: nuova beffa per i giochi

 

 

 

Il governo ha annunciato la road map per la ripartenza del Paese: un “rischio ragionato lo ha definito il premier, presentando le misure che dovrebbero essere contenute nel prossimo decreto, destinato a entrare in vigore a partire dal 26 aprile. Peccato però che il rischio non sia stato “calcolato” per tutti: o, almeno, non alla pari. Proponendo uno scenario forse ragionevole, agli occhi di alcune categorie - tenendo conto della realtà, ancora incerta, della campagna di vaccinazione e la circolazione ancora ampia del virus – ma non per quelle che sono destinate a rimanere al palo ancora per molto. Come quella dei lavoratori del gioco, che non sembrano meritare neppure una citazione. Il piano illustrato da Mario Draghi, come noto, prevede che dalla fine di aprile potranno essere consentiti gli sport all’aperto, anche di contatto come calcetto e beach volley, mentre solo l’1 giugno riapriranno al chiuso anche le palestre. Accogliendo, almeno in parte, le proposte delle Regioni della vigilia, oltre alle valutazioni del Comitato tecnico scientifico. Ed è proprio questo il punto, per il gioco pubblico. Sì, perché, né dagli enti locali né tanto meno dal Cts è arrivata una richiesta o un'indicazione specifica relativa alle attività di gioco. Nessuna indicazione, alcuna pressione, zero menzioni. Ecco quindi che il governo finisce col “dimenticare”, di conseguenza, di citare le riaperture di queste attività nell'illustrare il piano di riapertura. In realtà, diciamolo pure, si tratta di circolo vizioso. E' un autentico cul-de-sac quello in cui sono finiti i giochi, visto che un organo come il Cts, che svolge un ruolo consultivo, interviene normalmente sui temi che vengono posti alla sua attenzione da parte dello stesso esecutivo. Pertanto, se gli scienziati e i tecnici incaricati non parlano di giochi è perché nessuno gli ha chiesto di occuparsene. Ciò significa, con tutta probabilità, che per le attività di gioco continuano a valere i principi “annunciati” in precedenza (o, meglio, rilevati nei tribunali), direttamente correlati all'andamento dei contagi, senza allineare le decisioni ai nuovi “calcoli” governativi. Del resto, come spiegato dal ministro della Salute Roberto Speranza, dopo la riunione con la cabina di regia nella quale è stato trovato l’accordo sulle riaperture, aveva spiegato che “in base ai dati di evidenza scientifica nei luoghi all’aperto è molto più difficile contagiarsi rispetto al chiuso”. Evidenziando come, nella prima fase di ripartenza, si sia dato il là alle attività all'esterno, per poi passare gradualmente agli ambienti chiusi. Spiegando che il principio sarà applicato “nella ristorazione e non solo” e “ci riaccompagnerà nella fase di transizione”. Col passare delle settimane e “il miglioramento della curva e l’aumento delle vaccinazioni – era stato l’auspicio di Speranza – potremo programmare ulteriori aperture anche per attività al chiuso”.
Ecco quindi che i giochi dovranno comunque rientrare in partita: con la speranza degli addetti ai lavori è ancora quella di ricevere notizie positive dal testo definitivo del decreto, quando qualcosa, riguardo ai giochi, si dovrà pur dire. Con l'obiettivo di una riapertura a fine maggio che non sembra ancora così assurdo, ma comunque legato all'andamento di vaccini e contagi. Inevitabilmente.
Nel frattempo però il governo dovrà comunque tenere conto del pressing delle forze politiche di maggioranza e opposizione. Con la Lega di Matteo Salvini – di cui è espressione anche il sottosegretario all'Economia con delega ai giochi, Claudio Durigon – che chiede di estendere le riaperture dei locali anche al chiuso e l’eliminazione del coprifuoco alle 22, entro la metà di maggio. “Bisogna ritornare alla normalità”, ha detto il leader del carroccio, proprio nel giorno in cui il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri su La Stampa dice che “i numeri attuali, seppur migliori, non sono ancora così buoni da abbattere tutte le restrizioni. Portare l’R0 di molto sotto lo 0,8 permetterà di alleggerire alcune misure e allungare il coprifuoco fino a toglierlo del tutto, ma non corriamo troppo”.
Nel frattempo però anche Italia Viva ha chiesto al governo di andare oltre il “rischio calcolato” di Draghi e riaprire da maggio anche le piscine e le palestre al coperto. E infatti Salvini si è rivolto proprio ai “renziani” chiedendo una commissione d’inchiesta sulla pandemia che “aiuterà a far luce sulle responsabilità, comprese quelle di Speranza”. Il partito di Renzi, a quanto pare, è addirittura più “aperturista” della Lega. Se Salvini aveva definito il piano di riaperture del governo come “l’inizio di un percorso di ritorno alla normalità”, ai renziani la road map di Mario Draghi non basta. Anche se il riferimento è più che altro diretto alle attività sportive, come piscine e palestre, che secondo il partito di Renzi devono tornare a lavorare fin da subito. Tenendo anche conto che queste attività subiscono notoriamente dei cali durante i mesi estivi e per tale ragione, anche un solo mese di ritardo, potrebbe provocare ulteriori perdite ingenti e difficilmente recuperabili. Ecco quindi che, ancora una volta, pur non essendo citato in alcun modo il comparto dei giochi, i principi esposti e le argomentazioni utilizzate per gli altri settori, potrebbero comunque rivelarsi utili, per estensione. Anche se sarebbe arrivato il momento di citare una buona volta anche questo settore, fin troppo vituperato dalla politica e ormai privato di ogni dignità, finendo sempre in coda in ogni trattazione.
Che fine hanno fatto, dunque, i tanti rappresentanti politici che hanno sfilato nella piazza romana, appena qualche tempo fa, nella loro passerella durante la manifestazione degli addetti ai lavori del comparto? Come è possibile che, di fronte a un dibattito aperto e del tutto generale sulle riaperture, continuino a “dimenticare” il comparto del gioco, nonostante le parole di solidarietà e fiducia espresse appena poco tempo fa ai lavoratori, oggi ancor più in difficoltà? Purtroppo anche questo aspetta rappresenta un dejà-vu per gli operatori del gioco e rientra nel “rischio calcolato” che aveva accompagnato la manifestazione di qualche tempo fa e tutte le altre rimostranze di questi giorni. Ben sapendo che, nella migliore delle ipotesi, sarebbero riusciti ad attrarre qualche consenso, ma con molta probabilità, avrebbero ottenuto poco credito. Sta di fatto però che la partita non è ancora chiusa (anche se i locali continuano ad esserlo) e fino a quando non verrà pubblicato il nuovo decreto, ci sono ancora possibilità di mediazione. Nell'auspicio che il governo possa ascoltare anche le richieste di questa industria, dopo che le ha assegnato formalmente anche una delega specifica. Un passo, questo sì, importante e significativo, poiché non affatto scontato. Visto che poteva tranquillamente farne a meno, o comunque far slittare il processo più avanti nel tempo, se non ci fosse stata la volontà o la necessità di affrontare anche questa materia. Per questo, sui giochi, non è ancora detta l'ultima parola. Anche se non è stata ancora spesa alcuna parola.

 

 

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