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Gioco del Lotto: per il Consiglio di Stato legittima la concessione di Lottomatica, ora parola alla Cassazione

09 gennaio 2013 - 16:41

L'affidamento in concessione del gioco del Lotto alla società Lottomatica è legittimo. Così ha deciso, in via definitiva, il Consiglio di Stato, sulla battaglia legale messa in piedi dal bookmaker inglese Stanleybet, che nel 2010 aveva presentato un ricorso denunciando una presunta irregolarità  nella concessione rilasciata al colosso del gioco italiano. Bingo terrestre: Aams pubblica le modifiche con tutte le novità del nuovo gioco

Scritto da Ac

Ricorso rispetto al quale si era già pronunciato, tempo fa, il Tar del Lazio, sostenendo la legittimità dell'operazione, ma non soddisfacendo, evidentemente, le attese dell'operatore britannico che ha deciso di ricorrere al Consiglio di Stato per riformare la pronuncia. Ma i giudici della quarta sezione hanno confermato la linea, in attesa tuttavia della Cassazione, disponendo la "sospensione del procedimento nelle more della decisione della Suprema Corte, sul ricorso proposto dall’amministrazione odierna appellata avverso la sentenza della Corte di Appello relativa al lodo arbitrale suindicato, disponendo che la causa venga riassunta nei modi e nei termini indicati in motivazione".

I FATTI - Con il ricorso di primo grado era stato chiesto dalla società Stanley International Betting Limited l’annullamento della nota in data 19 aprile 2007 del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, dei dd.mm. 17.3.1993, 8.11.1993, 11.1.1995. 25.7.1995, del decreto dirigenziale 15.11.2000 e degli atti connessi e sottesi ed erano state sollevate numerose articolate macrocensure di violazione di legge ed eccesso di potere.
In particolare, in data 17 marzo 1993, era stato dato in concessione alla società Lottomatica il servizio del lotto automatizzato, fissandosi la durata della concessione in nove anni, a decorrere dal giorno successivo a quello di registrazione del citato decreto (avvenuta il 15 novembre 1993) e dell’autorizzazione dell’Amministrazione all’avviamento della prima ruota (autorizzazione impartita il 18 aprile 1994), con previsione di rinnovo tacito per uguale periodo. Con lodo in data 30 giugno/1 agosto 2005 apposito Collegio arbitrale aveva dichiarato che la data iniziale di decorrenza giuridica della concessione era quella dell’8 giugno 1998 (data della comunicazione della insussistenza di infrazione da parte della Commissione CE) e pendeva appello, proposto dall’Amministrazione, innanzi alla Corte di Appello di Roma avverso il detto lodo (l’Amministrazione sosteneva che la decorrenza giuridica dovesse farsi risalire a data antecedente e, segnatamente, appunto al 18 aprile 1994).
Con nota inoltrata il 20 marzo 2007 la Stanley “in quanto impresa comunitaria di servizi di gioco e scommesse” aveva manifestato “forte e qualificato interesse alla partecipazione esprimendo il proposito di sottoporre all’amministrazione “talune proposte ed ipotesi operative, anche alla luce del recente innovato quadro giuridico comunitario di riferimento”.
A tale comunicazione l’appellata amministrazione aveva dato riscontro con la nota del 19 aprile 2007 – impugnata successivamente da Stanley - con la quale era stato rappresentato alla istante società che la richiesta di partecipazione nella gestione o co-gestione del gioco del lotto per il momento non era “ suscettibile di accoglimento. Infatti, vige tuttora la concessione del sistema di automazione del gioco del lotto, a suo tempo aggiudicata, con pubblica gara, alla società Lottomatica”, invitando da ultimo la società istante a “tornare in argomento al termine della concessione”.
La società britannica era dunque insorta ma il Tar capitolino ha dichiarato inammissibile il mezzo di primo grado avendo osservato che la struttura dell’atto impugnato non poteva essere considerata espressiva di un atto decisorio di natura lesiva.
Stanley ha proposto una articolata critica alla sentenza sotto tutti i versanti motivazionali, chiedendo la riforma dell’appellata decisione.

LA DECISIONE – Secondo il consiglio di Stato, l’appello è “infondato e merita di essere respinto”. Sotto un profilo più generale, il Collegio “ritiene di potere affermare l’esattezza dell’approdo cui è giunto il primo giudice, quanto alla impugnativa della nota del 2007 e dei DDMM alla stessa sottesi, a cagione della circostanza che già in sede di instaurazione del giudizio di primo grado, invero ( anche avuto riguardo alle difese articolate dall’amministrazione) e vieppiù durante lo svolgimento del giudizio è risultato evidente che nessuna delle doglianze formulata dall’appellante possedeva carattere di attualità”.Inoltre, l’asserita portata lesiva della “nota “ del 2007 impugnata in primo grado, invero, con riferimento al “caso” paventato dalla odierna appellante anche nel ricorso in appello appare del tutto insussistente. La sentenza di primo grado va quindi “certamente confermata ed il gravame va respinto”.
Quanto sinora rassegnato, non esaurisce tuttavia il compito assegnato al Collegio. “Parte appellante ha infatti fatto presente di avere impugnato (seppure “al buio”) , l’ultimo atto di proroga della concessione sebbene al momento del ricorso non ancora conosciuto, e che detta proroga doveva essere intervenuta in data successiva alla manifestazione di interesse di Stanley (20 marzo 2007) ed alla nota del 19 aprile 2007 ma comunque in data antecedente alla proposizione del ricorso (15 giugno 2007).
Il ricorso, in quanto teso a gravare anche la proroga - di fatto “anticipata” dalla nota predetta - doveva essere dichiarato ammissibile sotto tal profilo, e le relative doglianze dovevano essere esaminate nel merito.
Stanley ha in proposito evidenziato che la sentenza del Tar non si era assolutamente soffermata su tale segmento impugnatorio, ed era per ciò solo viziata ex art.112 cpc: nel merito ha sostenuto la piena ammissibilità di tale profilo di censura contenuto nel mezzo di primo grado e la fondatezza dello stesso.
“E’ certamente vero – dicono i giudici - che la sentenza resa dal primo giudice non si è soffermata su tale articolazione del ricorso proposto in primo grado”, ma “ritiene in proposito la Sezione di condividere la tradizionale impostazione secondo cui l'omessa pronuncia, da parte del giudice di primo grado, su censure e motivi di impugnazione costituisce tipico errore di diritto per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, deducibile in sede di appello sotto il profilo della violazione del disposto di cui all'art. 112, c.p.c., che è applicabile al processo amministrativo”.

Secondo quanto riferito dalle parti nel corso della odierna discussione all’udienza pubblica, la Corte di Appello di Roma avrebbe respinto l’impugnativa del lodo arbitrale proposta dall’Amministrazione ed avverso la predetta decisione sarebbe stato da quest’ultima proposto ricorso per cassazione (nessuna delle parti processuali ha comunque depositato i predetti provvedimenti giurisdizionali e gli atti sottesi nell’odierno giudizio)
Rileva in proposito il Collegio –impregiudicata ogni valutazione in ordine alla fondatezza nel merito della tesi appellatoria - che vada disposta la sospensione dell’odierno giudizio in attesa della definitiva pronuncia sulla detta causa, essendo palese la interferenza del detto giudizio su quello odierno (non soltanto perché la eventuale misura del richiesto risarcimento sarebbe all’evidenza condizionato dalla data in cui sarebbe stato reso l’avversato provvedimento di rinnovo tacito, il che presupporrebbe risolta la problematica della fondatezza del petitum volto ad ottenere la declaratoria di nullità ma anche e soprattutto in quanto ) l’odierna appellante, intervenuta nel detto giudizio innanzi alla Corte di Appello, ha ivi proposto in larga parte le stesse domande articolate nell’odierno giudizio, ivi compresa la richiesta di declaratoria ex officio della nullità del rinnovo.
Nel merito della richiesta di sospensione del giudizio avanzata dall’appellante Stanley, ritiene il Collegio doveroso rammentare che per giurisprudenza pacifica della Corte Suprema di Cassazione in materia di procedimento civile, la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. è necessaria soltanto quando la previa definizione di altra controversia civile, penale o amministrativa, pendente davanti allo stesso o ad altro giudice, sia imposta da una espressa disposizione di legge ovvero quando, per il suo carattere pregiudiziale, costituisca l'indispensabile antecedente logico - giuridico dal quale dipenda la decisione della causa pregiudicata ed il cui accertamento sia richiesto con efficacia di giudicato. Al di fuori di tali presupposti , la sospensione cessa di essere necessaria e, quindi, obbligatoria per il giudice, ed è meramente facoltativa , con la conseguenza che il disporla o meno rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità. (Cassazione civile , sez. III, 12 maggio 2003 , n. 7195).
Nel caso di specie ricorrono senz’altro, ad avviso del Collegio, quindi, i presupposti di opportunità per disporre la sospensione (facoltativa) del presente procedimento, a cagione della circostanza che in un torno di tempo prossimo la Suprema Corte di Cassazione deciderà in ordine alla proposta impugnazione del lodo stabilendo l’assetto di interessi definitivo – anche e soprattutto in relazione alla durata- discendente dal rapporto concessorio per cui è causa.


Ne consegue che questo Consiglio di Stato, in accoglimento della richiesta della odierna appellante dispone la sospensione del presente procedimento nelle more della decisione della Suprema Corte di Cassazione sul ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello relativa al lodo arbitrale, disponendo che la riassunzione del processo avvenga mediante istanza di fissazione dell’udienza, a cura della parte più diligente, entro il termine di giorni 60 dalla pubblicazione della decisione predetta ed onerando sin d’ora la parte che riassumerà il processo a depositare copia delle sentenze rese nella predetta causa civile e la documentazione di causa ad essa sottesa.

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