IL GIUDIZIO – Secondo i giudici “Quest’ultima, infatti, in quanto preesistente concessionaria che si è avvalsa del disposto dell’art. 21, co. 7, d.l. n. 78/2009 (circostanza pacifica tra le parti ed attestata nella sentenza di I grado) ha titolo alla prosecuzione della concessione “senza alcuna soluzione di continuità”, nei sensi innanzi esposti Il che comporta anche l’attualità del suo interesse ad impugnare gli atti di gara per il tramite del ricorso per motivi aggiunti, nella misura in cui tale procedura le viene imposta ai fini dell’ulteriore conseguimento della concessione”.
L’accoglimento dei motivi suddetti comporta la “riforma della sentenza impugnata e, per l’effetto, l’accoglimento del ricorso instaurativo del giudizio di I grado e del ricorso per motivi aggiunti, nei sensi e limiti sopra indicati; rende superfluo esaminare – salvo per quanto di seguito precisato – gli ulteriori motivi di impugnazione (sub lett. b), c) e d) dell’esposizione in fatto), stante il carattere pienamente satisfattorio della posizione giuridica dell’appellante derivante dall’accoglimento dei medesimi; comporta il rigetto della domanda di risarcimento del danno, riproposta in appello, oltre che argomentando a contrario rispetto a quanto già sopra esposto, atteso il carattere pienamente reintegratorio della pronuncia di annullamento, derivante dall’accoglimento dell’appello e dalla conseguente riforma della sentenza di I grado. Infatti, l’appellante collega il danno (e dunque il richiesto risarcimento) al difetto di “mantenimento della concessione”, invece affermato nella presente sede. Da ultimo, il Collegio deve porsi – in riferimento al secondo, terzo e quarto motivo di appello (sub lett. b), c) e d) dell’esposizione in fatto) - il problema della legittimità degli atti con i quali si impone all’appellante la sottoscrizione di uno “schema di atto integrativo” alla convenzione di concessione. Il Collegio non ignora che la sentenza impugnata ha accolto il ricorso instaurativo del giudizio di I grado “limitatamente alle indicate previsioni di cui allo schema di atto integrativo della convenzione di concessione, nella parte in cui impone ai concessionari, in costanza di concessione, requisiti ed obblighi che l’art. 1, commi 78 e 79, della legge n. 220 del 2010 non prevede come di immediata applicazione” (v. pag. 78 sent.). Tuttavia per un verso, l’annullamento risulta limitato alle sole previsioni non definite come “di immediata applicazione”, con ciò legittimando l’imposizione di “requisiti ed obblighi”, invece previsti come immediatamente introducibili; per altro verso, fa salva l’applicazione degli stessi “alle future concessioni”, nel presupposto – ora non confermato dalla presente decisione – della necessità di una nuova concessione/convenzione anche da parte dell’appellante. L’atto integrativo della convenzione, comportante l’introduzione di nuovi requisiti ed obblighi, trova la propria previsione nell’art. 1, comma 79, l. n. 220/2010, che prevede: “Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i soggetti concessionari ai quali sono già consentiti l'esercizio e la raccolta non a distanza dei giochi pubblici sottoscrivono l'atto di integrazione della convenzione accessiva alla concessione occorrente per adeguarne i contenuti ai principi di cui al comma 78, lettera b), numeri 4), 5), 7), 8), 9), 13), 14), 17), 19), 20), 21), 22), 23, 24), 25) e 26)”. Il Collegio ritiene rilevante (in quanto comunque applicabile alle concessioni in essere), ai fini della completa definizione del presente giudizio, e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, co. 79, l. n. 220/2010, per le ragioni meglio esposte con separata ordinanza”.