Ci risiamo. Come ogni anno (e come ogni Governo) la stesura della manovra di bilancio - e, prima ancora, quella del decreto fiscale - mette sul piatto il mercato del gioco pubblico come fonte di "nuove" entrate.
Stavolta si parla di
800 milioni di euro (come minimo) da tirar fuori dai giochi, probabilmente, dagli
apparecchi da intrattenimento. E come tradizione vuole, lo strumento sembrerebbe essere quello dell'
aumento del Prelievo erariale unico. Soldi facili, si diceva un tempo. Basta spostare leggermente più in alto l'asticella dell'
aliquota fiscale e automaticamente si sposta in alto quella delle
entrate erariali.
Solo che stavolta l'operazione non sembra più così facile. Anzi, guardando i conti economici del settore, non sembra proprio sostenibile. Colpa delle precedenti manovre (e dei precedenti Governi, verrebbe da dire) che hanno già spremuto all'eccesso il comparto, andando a rincarare la dose non solo di manova in manovra ma anche attraverso provvedimenti intermedi. Come il recente decreto Dignità che è riuscito a innalzare ulteriormente le aliquote dopo che la precedente legge di bilancio le aveva già elevate a un livello superiore.
Certo, è evidente, ancora nulla è certo né tanto meno definito rispetto alle misure contenute in quello che sarà l'effettivo decreto fiscale. Probabilmente si è trattato delle primissime stime tra le quali si è pensato bene di infilare anche i giochi, come praticamente accade sempre, ipotizzando una cifra generale per poi provare a raggiungerla improvvisando interventi ad hoc.
Uno scenario decisamente pericoloso per il
settore, che riporta peraltro alla mente gli scenari già vissuti in fase di stesura della
legge di Stabilità per il 2015 che aveva portato alla famigerata
tassa di 500 milioni di euro sulla
filiera delle slot, creando uno scompiglio generale e un caos ancora tutto da risolvere.
Probabilmente, in questi giorni, è venuto facile pensare a un ritocco della tassazione dei giochi dopo che è passato agli onori della cronaca il principio della tassazione come stumento di disincentivo verso le cose "che fanno male", applibile alle merendine o alle bevande gassate, che subito ha portato da più parti a includere anche il gioco con vincita in denaro. Peccato però che a differenza degli altri prodotti "a rischio", il gioco sia già stato oggetto di precedenti e ripetuti rincari.
E, soprattutto, quando si tratta di merendine o di altro, si tratterebbe di un vero disincentivo perchè a pagare di più sarebbero i consumatori mentre nel caso dell'aumento del Preu a pagare sarebbero soltanto gli operatori, che finirebbero però strangolati da un'ulteriore stretta.
Anche il principio, peraltro, appare in questo caso poco credibile - per i giochi come per le merendine - visto che tali ipotetiche misure non derivano da un'operazione di comunicazione del Governo o di un'azione dettata dal ministero della Salute, bensì di una mera operazione "di cassa" voluta dal Mef per quadrare i conti. Al solito.
Chissà se i tecnici parlamentari si accorgeranno di questa potenziale impraticabilità di un nuovo rincaro sugli apparecchi dopo che nei passaggi alle Camere dei precedenti provvedimenti i giochi erano già finiti sotto i riflettori per via dei possibili rischi che si sarebbero corsi con determinati misure. Salvo poi rimanere inascoltati.
Per conoscere i contenuti della nota di aggiornamento al Def - chiamata a disegnare il quadro di finanza pubblica per la manovra - tuttavia, si dovrà aspettare con tutta probabilità lunedì prossimo, 30 settembre.
La stessa approderà in Senato l'8 ottobre. Mentre si attende di conoscere a chi verrà assegnata la delega ai giochi tra i tre sottosegretari all'Economia Pier Paolo Baretta, Alessio Mattia Villarosa e Maria Cecilia Guerra. Mentre il Consiglio dei ministri di ieri, 26 settembre, ha assegnato altre due deleghe, ma non in ambito economico.