Una crisi, nella crisi che porta a un'altra crisi. E' la storia del comparto dell'intrattenimento che oltre a dover fare i conti, ormai da diversi anni, con notevoli difficoltà dovute a restrizioni o incertezze normative (soprattutto in Italia), in aggiunta a condizioni di mercato sempre meno ideali, per via della forte concorrenza dovuta all'intrattenimento domestico o alle altre forme di gioco con vincita in denaro, si trova oggi a dover gestire il lockdown generale dovuto alla pandemia. E tutte le sue conseguenze: che sono molteplici e neppure banali. Sì, perché il Covid-19, nel settore, non ha provocato soltanto l'interruzione di ogni attività con la chiusura dei locali e il conseguente fermo totale delle vendite per i produttori o importatori di giochi, ma anche una serie di effetti collaterali, che oltre a complicare ulteriormente la situazione, rischiano di compromettere anche la ripartenza.
Il nodo centrale, coerentemente con gli altri scenari che caratterizzano questa pandemia globale, è quello dei trasporti. Anche se, in questo caso, l'attenzione è rivolta alla merci e non alle persone, quindi ai giochi. Con gli importatori di macchine da divertimento che si trovano oggi a dover gestire e sostenere costi di spedizione schizzati alle stelle, soprattutto per quanto riguarda i prodotti provenienti da Asia, Regno Unito e Stati Uniti. Da dove provengono, cioè, gran parte dei giochi che circolano in Europa e nel Mondo. Secondo quanto riportato dagli addetti ai lavori, attraverso i principali distributori del continente, le tariffe di trasporto sarebbero addirittura cresciute di tre o quattro volte rispetto al pre-Covid. Rendendo pressoché impossibile concludere operazioni in questo momento, nella situazione generale di difficoltà, caratterizzata dalla mancanza di liquidità delle aziende e dalla carenza di opportunità, tenendo conto dei tanti locali ancora fermi in Europa.
Come spiega James Anderson, direttore commerciale e vendite di Bandai Namco Amusement Europe a InterGame, il Covid si è andato a sommare alle solite incognite che già caratterizzano le importazioni, come per esempio la variabile dovuta alle condizioni meteorologiche che anche quest'anno sta provocando disagi in Nord America, facendo lievitare tempi e costi.
“La pandemia ci ha colpito nell'aria, nel mare e sulle strade – spiega il manager - meno voli significa meno opportunità per il trasporto aereo di merci con capacità limitata, e i lavoratori portuali e gli autisti di camion stanno combattendo la carenza di personale per un impatto diretto del virus”. Una situazione che si ritrova in grand parte dei paesi europei e del mondo. Italia compresa, dove proprio in questi giorni sono in atto una serie di scioperi degli spedizionieri. Anche oltreoceano, però, le cose non sembrano andar meglio con le notizie di questi giorni provenienti dagli States che raccontano di un porto americano dove 700 lavoratori sono stati colpiti dal virus, lasciando le barche in fila in attesa di attraccare. Tutto questo ha quindi effetti a catena sui programmi di spedizione con arretrati e soluzioni notevolmente più lunghe, tra cui il reindirizzamento e il trasporto di merci da diversi porti di destinazione.
Anche se, come segnalano gli operatori, alcune compagnie di navigazione stanno cercando di recuperare le entrate perse all'inizio dell'anno, non ci sono abbastanza container nelle destinazioni di maggior interesse, come per esempio dalla Cina, e non si è dunque in grado di soddisfare la domanda di merci da spostare, soprattutto in vista del capodanno cinese. I container in Asia sono aumentati di oltre quattro volte negli ultimi mesi, in seguito alla ripartenza della regione dopo la pandemia e anche se questo trend dovrebbe ridursi dopo il capodanno cinese, a differenza delle circostanze normali, è difficile che quest'anno si possa ridurre fino ai livelli precedenti. Questo può significare un drammatico aumento dei costi di sbarco delle merci, specialmente quelle più grandi, dove si divide il costo del container per il numero di unità in esso contenute. Con il conseguente aumento dei costi per gli importatori e, quindi, per gli acquirenti (almeno in teoria). Proprio in un periodo in cui è già difficile fare acquisti in sé, figuriamoci quindi a tariffe maggiorate.
A dare ulteriore conferma della situazione di difficoltà è Paul Williams, Ceo di Sega Amusements Europe, che in un'intervista a InterGame spiega: "Gli attuali prezzi di spedizione sono tre o quattro volte quelli che dovrebbero essere. Per fortuna, al momento abbiamo abbastanza inventario nel Regno Unito. A causa dei tempi morti dovuti alla pandemia all'inizio della stagione degli acquisti 2020, abbiamo fatto delle scorte. Spero però che i prezzi del trasporto diminuiranno dopo il capodanno cinese, altrimenti molti fornitori dovranno aspettarsi un aumento del 20 percento dei componenti a causa di problemi della catena di fornitura". Per una nuova tegole che rischia di aprire un'altra crisi nella crisi. Senza contare, poi, che tutto questo accade proprio nel momento in cui, al di là della pandemia, gli importatori europei si trovavano già a dover fare i conti (letteralmente) con un altro problema relativo agli approvvigionamenti e cioè quello dei super-dazi imposti dall'Europa per le importazioni dagli Stati Uniti. Un tema, anche questo, tutt'altro che risolto e che, al contrario, continua a condizionare il comparto, compromettendone il futuro, visto che gran parte dei giochi vengono acquistati dagli States. Per una serie di circostanze che, a guardarle dall'Italia, rischiano di compromettere anche quel poco di buono che si poteva sperare per il futuro, in virtù del lavoro condotto dai Monopoli di Stato per l'aggiornamento delle regole tecniche del comparto Amusement, da cui poteva scaturire un rilancio del mercato. A meno che il processo di revisione normativa non sia in grado di intrecciare e arginare alcuni di questi problemi dovuti alle importazioni, provando per esempio a creare delle condizioni per l'allestimento di nuove produzioni di giochi nel nostro paese. Un processo non banale, è evidente, ma comunque possibile. Sia pure attraverso un adeguato piano si sostegno e sviluppo che oggi appare difficile da immaginare, a causa della situazione fortemente critica che vive l'industria e l'intera economica, ma che potrebbe comunque legarsi al piano di Recovery plan che il paese dovrà discutere e poi attuare.