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Biondi (Bva Doxa): 'Tanta disparità, ma il settore del gioco è un passettino più avanti'

16 marzo 2024 - 02:00

La business unit manager Centro Sud di Bva Doxa, Sonia Biondi, evidenzia il ruolo anticipatorio svolto dalle imprese di gioco e quello, fondamentale, che spetta alle famiglie.

Scritto da Amr
Sonia Biondi - Bva Doxa.png

Il tema dell'uguaglianza e delle pari opportunità tra uomini e donne può essere trattato sotto molteplici aspetti e non solo in un contesto lavorativo. Com'è stato affrontato da Bva Doxa e, volendo tracciare una sintesi complessiva del suo lavoro di ricerca, che cosa emerge?
Lo chiediamo a Sonia Biondi, business unit manager Centro Sud dell'istituto di ricerca.

“Da anni Bva Doxa conduce ricerche su queste tematiche, in particolare svolgiamo una ricerca a livello internazionale che mette a confronto l’Italia con gli altri paesi europei e del mondo. Da questa e da dati Istat possiamo affermare con certezza che le pari opportunità sono ancora una chimera. Il dato chiaro e inconfutabile che emerge rivela che le donne di tutto il mondo stanno ancora affrontando un percorso in salita per l’uguaglianza e la sicurezza. Partendo dalle opportunità di carriera, gli uomini sono ritenuti – a livello globale – più favoriti sul posto di lavoro. Solo il 39 percento delle persone pensa che le donne abbiano le stesse opportunità degli uomini. Le donne infatti, guadagnano in media il 15  percento in meno degli uomini. In Italia sono ancora molto limitate le opportunità di carriera, mentre crescono gli episodi di violenza fisica e psicologica. In particolare, è preoccupante il dato delle giovani dai 18 ai 24 anni, vittime in quasi un caso su 5 (23 percento) di violenze, con numeri che continuano a crescere invece di diminuire."

"Considerando poi la preparazione culturale abbiamo dati che sottolineano che le donne studiano più degli uomini. Le donne laureate in Italia sono pari al 56 percento dei laureati. E sono in continua crescita. Le donne sono la maggioranza anche negli studi post-laurea: sono il 59,3 percento degli iscritti a un dottorato di ricerca, un corso di specializzazione o un master. Non solo, le donne, ottengono risultati più brillanti in tutti i cicli scolastici. Alle scuole medie il 5,5 percento delle ragazze si licenzia con 10 e lode contro il 2,5 percento dei ragazzi. Il voto medio di diploma è 79/100 per le femmine e 76/100 per i maschi. All'università il 55,5 percento delle studentesse si laurea in corso, contro un numero più basso (il 50,9 percento) degli studenti maschi. Il 24,9 percento delle femmine si laurea con 110 e lode, contro il 19,6 percento dei maschi. E il voto medio conseguito alla laurea è pari a 103,7 per le donne e a 101,9 per i maschi."  

"Il sistema educativo è inoltre nelle mani delle donne. Le docenti impegnate nelle scuole pubbliche italiane, tra titolari, supplenti e insegnanti di sostegno, sono circa pari all'81,7 percento del totale. È interamente appannaggio delle donne l'educazione nella scuola dell'infanzia, dove sono il 99,3 percento dei docenti, e nella primaria, dove sono il 96,1 percento, mentre scendono al 77,2 percento nella scuola secondaria di primo grado e al 65 percento nella secondaria di secondo grado. Unica eccezione è il mondo dell'università, dove le donne docenti e ricercatrici sono solo il 40,5 percento del totale."

"Da questi dati è evidente che le donne malgrado si impegnino sin da piccole per accrescere la loro istruzione e determinarsi nel mondo del lavoro, arriva un momento in cui vengono 'relegate' in un ambito pedagogico che sembra sia l’unico a cui possano accedere più degli uomini, ma anche in quest'area quando si arriva a vertici istruttivi più alti il mondo torna a essere ad appannaggio dell’altro sesso.”

Concentrandoci sul mondo del lavoro e dell'imprenditoria, in particolare per quanto attiene il gioco con vincita in denaro, a che punto siamo e ci sono stati dei cambiamenti significativi recenti?
“Il nostro ruolo è di fare ricerca attraverso l’ascolto del target, ovvero attraverso metodologie di ricerca che mettono al centro 'i consumer' in questo caso le giocatrici. Quello che posso affermare o per meglio dire riportare, è quanto ci richiedono da tempo le donne a cui piace divertirsi e passare del tempo anche dedicandosi ad attività ricreative come il gioco con vincite in denaro, dove il luogo e l’ambiente sono touchpoint molto importanti. Alcune tipologie di gioco sono ancora troppo legate al mondo maschile, i cui spazi e ambienti diventano una sorta di ghetto a esclusivo appannaggio dell’uomo. In queste sale le donne hanno timore ad entrare, perché il disagio sarebbe più forte della piacevolezza del gioco, vedendosi costrette a rinunciare ad una gradevole distrazione solo perché non è posto per loro. Le donne chiedono dunque degli spazi aggregativi più sereni, più liberi, con attività diversificate e magari controlli di sicurezza, dove poter trascorrere serenamente il tempo libero facendo scommesse, giocando alle Vlt o alle Awp, ma anche prendendo un thè mentre si fanno due chiacchiere con le amiche e gli amici. Insomma, dei luoghi che non si concentrino sul target maschile come invece è ancora fortemente oggi. Purtroppo, da questo punto di vista tante aziende che operano nel settore del gioco sono ancora parecchio miopi, e malgrado la forte richiesta, ben poco è stato fatto. C’è da chiedersi se per mancanza di idee o per mancanza di volontà.”

Quando si raggiungerà una vera parità tra uomo e donna e che cosa deve accadere/essere fatto in Italia perchè questo sia possibile?
“Bella domanda, in un mondo utopico mi piacerebbe dire domani! Ma nel mondo reale credo che ancora dovranno passare tanti ma tanti anni, se pensiamo che il movimento delle suffragette è partito nel Regno Unito a metà dell’800, che dopo ben 100 anni le donne hanno avuto il diritto al voto in Italia, e che dopo ulteriori 80 anni, film (bellissimi) come C’è ancora domani di Paola Cortellesi, risultano ancora drammaticamente attuali. Sempre citando la Cortellesi vi invito ad andare a riguardare un suo monologo sulle parole coniugate al femminile: un esempio lampante di quanto tuttora ci sia un ancora retrogrado retaggio culturale che relega la femmina in spazi ben delimitati con confini che se varcati portano in un mondo inappropriato. Ci sarebbero un mondo di cose da fare, che non basterebbero tutte le pagine di questa rivista a elencare, ma prima di tutto è compito di noi genitori – donne e uomini – crescere delle figlie donne libere, consapevoli, coscienti di sé stesse, e figli uomini che si sentano altrettanto, in maniera fortemente egualitaria alle loro sorelle. È solo così che forse potrà cambiare la cultura sociale, perché da bambini si nasce tutti uguali, uomini e donne, bianchi e neri, ma poi qualcosa cambia… e i colori prendono una forma negativa.”

Tra i concetti e le sensibilità emergenti negli ultimi anni c'è quello dell'inclusività. Come si posiziona l'industria italiana e quella del gioco sotto questo profilo?
“Il principio di parità tra uomo e donna prevede che la donna possa accedere a qualsiasi lavoro ricevendo lo stesso trattamento e la stessa paga di un uomo al medesimo livello. Questo diritto è in molti casi, purtroppo, ancora solo teoria: il gender gap è ancora molto radicato in ogni sfera pubblica e privata."

"Nella vita professionale, poi, le lavoratrici devono scontrarsi ogni giorno contro ogni sorta di difficoltà. Tra le discriminazioni sul luogo di lavoro più forti e difficili da abbattere troviamo: le differenze in termini retributivi tra uomo e donna quando le prestazioni richieste sono di pari valore; le molestie sessuali, ovvero tutti quei comportamenti indesiderati che violano la dignità della lavoratrice creando un clima ostile, intimidatorio o umiliante; le ingiustizie legate alla maternità. Ancora oggi, portare avanti una gravidanza e mantenere il proprio lavoro sembra un’impresa quasi impossibile. Licenziamenti e dimensionamenti nelle prestazioni professionali, per le donne che affrontano una gravidanza, sono all’ordine del giorno."

"Il settore del gioco a mio avviso non si distanzia di molto da questo quadro, anche se devo dire che, lavorando su varie categorie, noto che forse le concessionarie/aziende di giochi con vincita in denaro, sono quelle un passettino più avanti rispetto ad altri settori che invece sono ancora molto molto lontani. A riprova di questo anche la nascita di un’associazione costituita da tutte professioniste del settore gioco, astro4her che seguo con attenzione da qualche tempo, e che appunto si impegna nell’esprimere il valore aggiunto che il punto di vista femminile è in grado di mettere a disposizione per la crescita e il miglioramento di tutto il comparto.”

Secondo lei la nostra cultura e storia, insomma, il nostro “essere” italiani ci predispone verso l'inclusività oppure costituisce un ostacolo?
“Riprendendo i numeri della ricerca che ho citato all’inizio, in alcuni Paesi la strada verso l’uguaglianza sembra più lunga che in altri.  A guidare il malcontento è l’Europa, dove oltre il 52 percento degli intervistati ritiene che le opportunità delle donne siano limitate. L’Italia (67 percento), la Croazia (64 percento) e la Francia (58 percento) risentono della maggiore disparità. Non sembra dunque un problema solo italiano, ma piuttosto diffuso soprattutto in Europa. Ci sono però dei paesi che senz’altro hanno fatto passi più avanti di noi sul tema dell’inclusività non solo legato alla parità di genere, ma anche sui diritti civili, prima fra tutte la Spagna. Segno di una modernità che da noi stenta a decollare, colpa della nostra cultura? Della politica? Del divario Nord/Sud? Forse di una commistione di tutti questi fattori, certo è che siamo fermi da troppo tempo, e non bastano le mobilitazioni post femminicidi se poi il giorno dopo si sentono persone che quasi giustificano 'il lupo'. Insomma secondo me non è l’essere italiani, non è la nostra storia, è che dobbiamo cambiare radicalmente l’educazione scolastica puntando molto più sull’impegno civico e sul rispetto civile, seminando la cultura dell’inclusione. Ma io ho molta fiducia nelle nuove generazioni, che a differenza delle nostre, sono più sensibili a certe tematiche, e confido che faranno più in fretta di noi a capire che la diversità è crescita e valore aggiunto, e che il rispetto di essa non danneggia nessuno, anzi favorisce lo sviluppo di tutti/e.”

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