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Brenner (McGill University): 'Gioco, secoli di pregiudizi da spazzare via'

27 agosto 2022 - 07:32

Intervista a Reuven Brenner, economista alla McGill University e autore di 'A World of Change', un imperdibile saggio sull’impatto positivo del gioco d’azzardo nella storia e nell’economia.

Scritto da Marco Trucco
Brenner (McGill University): 'Gioco, secoli di pregiudizi da spazzare via'

Avete presente quando leggete un libro e pensate: “Questo vorrei averlo scritto io?”. Ecco. Con una certa sorpresa ho scoperto che il professor Reuven Brenner (economista e Repap Chair of Economics alla Desautels Faculty of Management della McGill University a Montréal) legge GiocoNews e mi ha contattato, informandomi che il suo libro che avevo citato in “Dov’è l’Orsini del gaming?” (GiocoNews 07/08, consultabile integralmente online a questo link), beh insomma, era un po’ vecchio, ne aveva pubblicato uno nuovo: “A World of Chance. Betting on Religion, Games, Wall Street” (Cambridge University Press). Per prima cosa mi sono scusato, poi l’ho comprato, letto, e pensato: “Questo vorrei averlo scritto io”.

Gli ho chiesto un’intervista e ha risposto: “Ma certo”.

 

Uno dei temi più interessanti che tratti è il conflitto tra gioco e religione. Il gioco è un rito laico, offre la speranza di un futuro migliore e prende il tempo della domenica. Sarebbe d’accordo a definire il gioco come un competitor della religione?

“La sua domanda sembra semplice ma devo prendere un bel respiro per rispondere. Quella che chiamiamo 'religione' oggi non è ciò che era in passato. Quando hai popolazioni sparse, statiche e povere servono credenze e punizioni per ridurre i comportamenti criminali: tribunali e prigioni erano troppo cari, esecuzioni e messe al rogo erano soluzioni economiche. La popolazione partecipava alle cerimonie per segnalare la propria sottomissione alla legge. Ma poi arrivano i giocatori, che, con le loro azioni, indicano che preferiscono vivere una vita migliore sulla Terra invece che aspettare i benefici del Paradiso. Credono nella fortuna e non nella provvidenza. Così facendo pongono domande alle istituzioni religiose e allo status quo. Quando una persona povera, per sorte, diventa più ricca diventa anche più potente. Questo contraddice l’idea che una crescita nel grado sociale può solo avvenire se un re o un signore feudale lo consentono, con l’approvazione dell’istituzione religiosa. Infatti le leggi contro il gioco in Europa, durante e dopo il Rinascimento, non furono promulgate per proteggere i poveri, ma per impedire che diventassero ricchi 'per caso'. E per impedire che i ricchi perdessero le loro fortune al tavolo da gioco. Nulla minaccia di più lo status quo che l’accesso al credito, e il gioco in diversi momenti e tempi storici, è stata un’istituzione finanziaria. Il gioco ha finanziato la corsa all’oro nel West. Quindi l’opposizione al gioco deriva dai pregiudizi stratificati di secoli, millenni, che le istituzioni religiose e i governi hanno interesse a mantenere. Per le chiese, la spesa regolare nel gioco è certamente un concorrente al cestino delle offerte. Ma è anche un concorrente per il resto del business dell’intrattenimento se la gente preferisce una slot a un film, un popcorn e un drink.
È importante studiare come i pregiudizi contro il gioco si sono formati. Quanti sanno che ai tempi di Rossini, Bellini e Donizetti tutti i grandi teatri d’opera, La Scala compresa, avevano un casinò? Stendhal racconta come per Rossini i profitti principali derivassero dalla sua percentuale ai tavoli da gioco molto più che i biglietti o i diritti per le sue composizioni. Il governo ha fatto una sciocchezza a chiudere i casinò e far vivere i teatri d’opera con i sussidi pagati dai contribuenti”.
 
 
Lei dedica solo un breve paragrafo al gioco problematico. Lo indichi come un “fuori tema”, come se fosse una provocazione rispetto all’attenzione che riceve negli studi accademici sui giochi. Semplicemente dice “I giocatori compulsivi sono una percentuale minima della popolazione dei giocatori”. Eppure la tassazione e le restrizioni sul gioco vengono giustificate sempre e solo con questo punto. Cosa dovrebbe ragionevolmente fare l’industria?
“No, non è mia intenzione provocare. Ma per prima cosa gli 'studi accademici sul gioco', io penso siano una sciocchezza. Lascio decidere ai lettori. L’Associazione psichiatrica americana definisce un 'giocatore patologico' chi mostra cinque di questi dieci indicatori: 1. È preoccupato dal gioco. 2. Deve giocare somme crescenti di denaro per soddisfare il proprio desiderio 3. È nervoso quando riduce il gioco 4. Vede il gioco come una via di fuga dai problemi 5. Dopo aver perso denaro, ne spende di più 6. Mente alla famiglia e ai terapisti. 7. Ha fatto diversi tentativi di smettere. 8. Commette atti illegali per finanziare il suo gioco 9. Ha perso opportunità di carriera, famiglia o amici per colpa del gioco. 10. Chiede denaro ad amici e parenti quando è in difficoltà economiche a causa del gioco.
Anche solo cinque di questi dieci criteri sono sufficienti a far emergere numeri totalmente esagerati. Se venisse definita 'addicted' una persona che 1. Va in bancarotta; 2. Si affida al crimine 3. Commette suicidio - il numero di persone identificate sarebbe minuscolo. Questo certo non significa che non siano tragedie per la famiglia, ma non è chiaro cosa gli altri sette indicatori abbiano a che fare con l’addiction. Lo è una persona improvvisamente disoccupata che compra un biglietto della lotteria? O un ultracinquantenne che non ce l’ha fatta nella vita, e inizia a comprare biglietti? E com’è possibile che cercare di controllarsi sia un segno di patologia? E se amici e parenti prestano soldi, è realistico che non controllino il giocatore e non facciano in modo che si moderi? Non prendo sul serio gli studi fatti su dei modelli e definizioni così vaghe. Non è scienza.
Detto questo, l’industria deve farsi carico responsabile delle persone 'addicted' (e chiedere che questo termine venga definito con precisione) come i bar che offrono alcolici sono responsabili di prevenire che un ubriaco esca dal locale e si metta alla guida. Se avviene un incidente, il proprietario del locale può essere ritenuto responsabile. Credo che l’industria debba rendere chiara la propria posizione e spiegarla, e offrire sufficiente cura preventiva”.
 
Il suo libro mostra come attraverso la storia il gioco sia stato condannato per una serie di motivi che oggi suonerebbero assurdi, e che la protezione dei giocatori problematici sia una preoccupazione molto recente. Immaginiamo che il gioco patologico venisse completamente curato, quale ritiene sarebbe l’argomento successivo per impedire al gioco d’azzardo di diventare un business come un altro?
Non credo si possa o si debbano eliminare le addictions. Perché vorremmo impedire ai workaholics- imprenditori, scienziati, ingegneri - di lavorare molto? Queste le chiamiamo 'passioni' non addictions anche se il coinvolgimento intenso può essere distruttivo per la vita familiare e le finanze tanto quanto il gioco. Però si dice: se questo porta ad una scoperta o ad un progresso ne beneficia il mondo, mentre il gioco quali problemi risolve? In realtà lo fa, ed è un problema rilevante: offre a chi scommette la speranza di vincere grosse somme. Se sei in difficoltà e hai più di cinquant’anni, cos’altro se non il sogno di vincere un grosso premio ti dà la speranza di una bella vita? Questo ha un effetto positivo. Tornando alla religione: anch’essa offre speranza, anche se non è tangibile.
I governi e i regolatori dimenticano, o non hanno mai voluto capire, che le persone sono più felici ('felix' che significa sia contento sia fortunato) quando hanno più scelta di avere una chance, per quanto piccola e semplice come un biglietto della lotteria, e non quando questa possibilità viene loro negata.
Detto questo non credo che i governi pagheranno l’accademia per trovare nuovi argomenti contro il gioco in futuro. Le casse sono vuote. Credo al contrario che pagheranno l’accademia per il contrario: legalizzare il gioco, la marijuana, etc. Durante il Rinascimento il Vaticano volle chiedere prestiti, emettere titoli di credito. Hanno coniato il termine 'interessi' e il clero e l’accademia hanno fatto gli straordinari per giustificare e spiegare la differenza”.
 

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