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Grassi (Swg): 'Difficile contrastare ludopatia senza un'intermediazione fisica'

27 dicembre 2022 - 09:58

Riccardo Grassi, direttore dell'Osservatorio sul gioco realizzato da Swg in collaborazione con Igt, evidenzia criticità, punti di forze e richieste del settore, alla luce delle ricerche condotte nel 2022.

Scritto da Anna Maria Rengo
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I numeri della ricerca, anzi delle ricerche, a dare voce a un settore, quello del gioco legale, che rivendica il suo ruolo imprenditoriale, da svolgere sulla base di norme certe e stabili, ma anche di ben precisi impegni che può e vuole assumere. È Riccardo Grassi, direttore delle ricerche di Swg, che ha istituito un Osservatorio sul gioco con la collaborazione di Igt, a delineare le principali criticità e richieste del settore, sulla base appunto delle attività condotte nell'anno che si sta per concludere.
“Innanzitutto bisogna distinguere tra le istanze dei giocatori e quelle degli operatori. In base alle ricerche realizzate nel 2022, tra i giocatori si conferma la necessità di non essere percepiti tutti come se fossero patologici. I nostri intervistati si vogliono sentire meno stigmatizzati sulle scelte di gioco, tutti hanno consapevolezza dei pericoli legati a quello patologico, ma la grande maggioranza vorrebbe sentirsi meno oggetto di azioni, o atteggiamenti, di contrasto. Se il gioco è legale, riflettono, se è fatto in piena consapevolezza e senza esagerare nella parte di rischio, non si vogliono dover sentire in colpa perchè sono andati a giocare al Superenalotto, oppure perché hanno passato del tempo in una sala slot. Questo è il tema ricorrente e del resto, in questo settore, ci si muove su un crinale delicato, tra autorizzazione e valutazione morale negativa. I giocatori dicono: 'Se non faccio del male a me stesso devo essere libero di giocare'. E questo, specularmente, vale tra gli esercenti, tra i quali emerge con forza una questione: nessuno ha piacere ad avere nel suo locale un giocatore patologico. Esso non fa del bene a se stesso e alla sua famiglia, ma neanche alla sala in cui va. Questa percezione sta aumentando il rischio che i giocatori patologici si riversino sull'online, uscendo dunque, sostanzialmente, da ogni forma di controllo sociale. Sotto questo punto di vista, gli operatori hanno consapevolezza che finchè un giocatore è in una sala fisica, è più controllato e controllabile. Dalle interviste fatte emerge infatti che gli operatori delle sale, pur nella consapevolezza della difficoltà di trattare questa patologia, ci hanno spesso detto: 'se vediamo un cliente che sta esagerando lo esortiamo a fermarsi, a fare una pausa. Talvolta arriviamo a spegnergli la macchina, dicendogli che non funziona più, così da farlo smettere'. Ma se il gioco si sposta totalmente sull'online e diventa privo di intermediazione, le possibilità di controllo si riducono al minimo e si rischia che il fenomeno si allarghi e diventi sempre più sommerso, rendendo più difficile intervenire. Dagli operatori emerge dunque la richiesta di essere considerati per quello che sono, ossia degli imprenditori. Sono comunque gestori di imprese che agiscono secondo le regole. Ormai i fenomeni di illegalità e di marginalità sono, a detta di tutti, più ridotti rispetto al passato, e proprio perchè gli operatori agiscono sulla base di regole ferree e sulla base di protocolli, vogliono essere rispettati anche come imprenditori. Questo vuol dire che la situazione regolatoria che c'è oggi nel Paese ha degli elementi di complessità e di aleatorietà. Ci sono alcune regole che vengono modificate da provvedimenti amministrativi emessi da un giorno all'altro e che mettono in difficoltà le imrpese. La richiesta non è tanto quella di ridurre o di cambiare le regole, ma di averne di chiare, uguali per tutti e stabili nel tempo. Penso ad esempio a quegli intervistati che lamentano che in un comune esistono dei limiti orari al funzionamento dei giochi, e magari in quello confinante no”. 
Sempre sulla base delle vostre ricerche, quali sono invece i punti di forza del settore del gioco?
“Esso emerge come un settore con un alto livello di innovazione e una elevatissima attenzione regolativa e autoregolativa. Proprio la delicatezza dell'argomento fa sì che nessun prodotto esca sul mercato senza il totale rispetto della normativa, non solo esplicita ma anche implicita. Nessuno vuole aumentare i fattori di rischio. Ancora, un altro punto di forza è la regolarizzazione di una serie di siti online a dominio estero, i 'punto com', che sfuggivano alle regole previste per quelli italiani, anche questo è stato un elemento importante. Aggiungo poi, come punto di forza, la capacità di presidiare il territorio. Gli operatori si sentono dei presidi di legalità e hanno la consapevolezza che dove manca questo presidio fisico si rischia di aprire lo spazio a un mondo grigio, se non del tutto illegale”.
Rispetto al periodo precedente alla pandemia, e poi, a seguire, rispetto a quello pandemico, lei ritiene che l'industria del gioco oggi stia meglio, peggio o uguale, come percezione da parte dell'opinione pubblica?
“Per quanto riguarda l'opinione pubblica le opinioni sono abbastanza chiare: c'è un'ampia consapevolezza dei rischi ma anche consapevolezza che il gioco da un lato sta nelle regole ma dall'altro viene combattuto. Esiste un'ipocrisia di fondo che contraddistingue l'opinione non solo nei confronti del gioco, ma anche del tabacco: lo Stato li regola in materia ferrea, ma beneficia anche di alti ricavi proprio sugli stessi comportamenti, giocare o fumare, che invita a non tenere”.
Quali sono gli obiettivi, nei confronti della politica e dell'opinione pubblica, che il settore del gioco deve darsi?
“Io credo che rispetto alla politica il tema centrale sia quello regolativo. Non è una questione di togliere le regole ma di dare stabiità a esse, il che significa rinnovare le concessioni non con il sistema utilizzato negli ultimi anni ma in una maniera organica. Questo è un tema imprenditoriale: le aziende per investire hanno bisogno di una prospettiva almeno a medio termine. Con l'attuale sistema regolativo questa prospettiva non c'è perchè le concesisoni si rinnovano di anno in anno e a livello locale le regole possono cambiare da un momento all'altro. In queste condizioni, per un'impresa è difficilissimo fare una programmazione di medio periodo. Per quanto riguarda poi l'opinione pubblica, va distinto il giocatore dal non giocatore. In generale non piace l'idea di uno Stato che dica alle persone cosa devono fare e cosa non devono. Si vorrebbe uno Stato più leggero, che informa responsabilmente i cittadini ma che poi lascia a essi, in maniera responsabile, il compiere le proprie scelte. Questo è un elemento trasversale. Un'altra richiesta diffusa è di tenere alta l'attenzione sul gioco patologico, ma anche in questo caso con interventi mirati e specifici di presa in carico e non con provvedimenti di blocco a 360 gradi” .
Per concludere, verso quali direttrici di ricerca si rivolgerà l'Osservatorio sul gioco nei mesi a venire?
“La prospettiva è di mantenere l'attuale trend di rilevazioni così da garantire una forte stabilità a esse. Sono tre anni che l'Osservatorio puntualmente redige un report, con un paio di appuntamenti pubblici. Nei prossimi tre contiamo di andare avanti così da consentire la lettura nel tempo dei fenomeni. Poi, ovviamente, di volta in volta cerchiamo di concentrarci su due o tre tematiche che ci sembrano particolarmente rilevanti. Tra esse, c'è sicuramente quella del mondo del digitale, che è interessante da esplorare, ma le scelte non sono state ancora fatte e le faremo entro la prossima primavera”.

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