Mentre i tempi di attuazione per la legge delega del Governo per il riordino del gioco pubblico, a meno di un anno ormai dalla fine della legislatura, si assottigliano sempre di più (senza dimenticare, ovviamente, che manca ancora l'ok del Consiglio dei ministri necessario ad avviarne l'iter in Parlamento, dopo mesi di "annunci"), l'attenzione torna a concentrarsi sull'Intesa in Conferenza Stato- Regioni del 2017 protagonista dell'approfondimento curato dall'avvocato Geronimo Cardia sulla Questione territoriale e le sue possibili soluzioni.
Dopo la prima parte, ecco la seconda, entrambe al centro della rivista GiocoNews di aprile (consultabile integralmente online a questo link).
IL VALORE COGENTE DEI PRINCIPI DELL’INTESA PER IL MINISTERO DELL’INTERNO - Deve richiamarsi la Circolare del ministero dell’Interno n. 557/Pas/U/015223712001 del 06.11.2019 - indirizzata alle Prefetture – Utg, ai Commissariati del Governo, alla Regione Valle d’Aosta, alle Questure e per p.c. al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, al Comando Generale del Corpo della Guardia di Finanza, al Gabinetto dell’On.le Sig. Ministro, al Dipartimento Affari Interni e Territoriali, alla Segreteria del Dipartimento – in cui si evidenzia che “la sentenza del Tar Lazio n. 1460/2019 sebbene non riguardi provvedimenti adottati da questa Amministrazione appare estremamente significativa per la complessiva disciplina di un settore, la cui governance è affidata in termini significativi anche alle Autorità provinciali e locali di pubblica sicurezza. Peraltro, essa appare significativa di un orientamento che si viene consolidando come parrebbe dimostrare l’analoga pronuncia n. 6260 emessa dalla medesima sezione II bis del Tar Lazio il 15 maggio scorso”. La Circolare, nel fornire indicazioni specifiche in merito all’interpretazione della citata pronuncia giudiziale, ha, pertanto, evidenziato alle Autorità indicate nell’epigrafe ed in particolar modo ai Prefetti “in uno spirito di leale collaborazione l’opportunità che i contenuti dei paragrafi 2, 3 e 4 del presente atto di indirizzo (i.e. quelli che riportano i principi espressi dalla sentenza del Tar sopra citata) siano partecipati, nelle forme ritenute più opportune, ai Comuni delle rispettive Provincie”. La Circolare afferma espressamente che l’Intesa “costituisce (…) la sede normativamente prevista per l’adozione di una disciplina uniforme su territorio nazionale delle modalità di offerta dei giochi leciti” posto che “ai singoli Enti residuano margini di scelta discrezionali solo negli “spazi” lasciati liberi dall’intesa stessa”. Conclude il Ministero che “in attesa che intervenga il previsto decreto di recepimento, l’intesa riveste la valenza di una norma di indirizzo per l’azione deli Enti locali, costituendo, al contempo, un parametro di legittimità dei provvedimenti da essi adottati”, cassando di conseguenza l’ordinanza sindacale giudicata dal Tar Lazio che, esattamente come quella de qua, “si discosta dai contenuti dell’intesa innanzitutto per la durata della chiusura giornaliera del gioco sensibilmente più lunga (tredici ore …) rispetto a quanto contemplato dal cennato accordo (sei ore giornaliere)”. La Circolare in questione rappresenta, pertanto, un importante tassello per una concreta applicazione del principio, di rango costituzionale, di “leale collaborazione” tra Stato, Regioni e Comuni le cui indicazioni specifiche non possono essere, evidentemente, trascurate dalle Autorità destinatarie e dagli Uffici in intestazione.
IL VALORE COGENTE DEI PRINCIPI DELL’INTESA PER LA GUARDIA DI FINANZA - La Guardia di Finanza, con Nota n. 323412 del 13.11.2019, ha abbracciato l’interpretazione della sentenza del Tar Lazio, sezione II-bis dando in concreto attuazione al principio di “leale collaborazione” che la Circolare del ministero dell’Interno ha invitato ad applicare. E infatti, con la nota citata trasmessa dal Comando generale ai Comandi regionali e a tutti i comandi del territorio viene trasmesso il documento del Dipartimento di Pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno “per l’orientamento dell’attività di servizio”.
LA GIURISPRUDENZA CONTRARIA NON CAMBIA LE COSE - Né può ritenersi che le suddette circostanze possano ritenersi messe in discussione alla luce della successiva sentenza del Consiglio di Stato n. 5233/2020, che, in riforma della pronuncia del Tar Lazio n. 6260/2019 e non tenendo conto di alcuna argomentazione svolta nell’ambito dell’orientamento precedente di cui al parere citato n. 1418/2020, ha accolto l’appello del Comune di Guidonia Montecelio, ritenendo solo che non sussiste violazione dell’Intesa laddove è “espressamente previsto che l’intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata sia recepita in un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze”. Nella suddetta pronuncia, infatti, pur riconoscendo che tramite l’Intesa “l’amministrazione statale si è attribuita un potere di indirizzo e coordinamento per aver ritenuto che in tale specifico settore (quello del gioco lecito) si incrociano materie attribuite dalla Costituzione alla competenza di diversi livelli di governo, anche regionale, ma si avverte l’esigenza di una regolamentazione unitaria” il Collegio si è limitato ad affermare che “Per essere prevista quale atto prodromico all’esercizio del potere statale di coordinamento ed indirizzo con finalità di coinvolgimento delle regioni, all’intesa non può riconoscersi ex se, e senza che i suoi contenuti siano recepiti nel decreto ministeriale, alcuna efficacia cogente”. Il tutto senza entrare nel merito del quesito da effettivamente porsi: quello relativo alla verifica del fatto se, nonostante l’assenza del decreto attuativo, i principi della stessa possano comunque ritenersi applicabili, per le ragioni espresse nel precedente del Consiglio di Stato richiamato n. 1418/2020. Nella pronuncia n. 1418/2020 sopra riportata, infatti, viene argomentato diffusamente il perché “la mancata adozione del previsto decreto di recepimento non priva l’Intesa di qualsivoglia rilievo” e la stessa, pur non rivestendo certamente ad oggi rango normativo, costituisce in ogni caso “un parametro di legittimità dei provvedimenti” adottati dagli Enti locali, come peraltro ben espresso anche dal ministero dell’Interno nella Circolare riportata.
IL PRINCIPIO DELLA MAGGIOR TUTELA NON PUÒ LEGITTIMARE PROVVEDIMENTI IMMOTIVATAMENTE ESPULSIVI - Spesse volte si sente affermare che quandanche si considerino applicabili i principi dell’Intesa, proprio quest’ultima prevedrebbe comunque che “le disposizioni specifiche in materia, previste in ogni Regione o Provincia autonoma, se prevedono una tutela maggiore, continueranno comunque ad esplicare la loro efficacia”. Tale disposizione è vero che astrattamente potrebbe apparire come uno strumento attraverso il quale fare salvi i provvedimenti degli enti locali già esistenti o da emettere anche se contengono misure più restrittive di quelle indicate nell’Intesa. Tuttavia, così non è. E per più di una ragione.
In primo luogo, e sotto un profilo formale l’Intesa espressamente e letteralmente limita le eccezioni ai provvedimenti previsti nelle Regioni e Provincie (e non nei Comuni che tipicamente regolamentano gli orari). In secondo luogo, e sotto un profilo sostanziale, in aggiunta a quanto sopra si consideri che non è detto che una maggiore restrizione rappresenti necessariamente quella “tutela maggiore” richiesta come presupposto per la deroga citata.
Nei casi (numerosi) in cui la maggiore restrizione è rappresentata da una limitazione così asfissiante (chiusura di 16, 18 ore su 24) da essere insostenibile (chi avrebbe la possibilità di mantenere in piedi una realtà su strada con tutti i costi di mantenimento di personale e locali con così poche ore di attività peraltro aperta ad intermittenza?) ed al punto da determinare la chiusura del gioco pubblico, è evidente che non si può parlare di provvedimento di maggior tutela nei confronti degli utenti. E ciò, a sua volta, per alcune ragioni molto semplici. Anzi tutto se si chiudono i punti di gioco pubblico sui territori vi sono comunque le offerte alternative proposte dalla sempre presente offerta illegale. E comunque si otterrebbe l’effetto di determinare la ricerca compulsiva di offerte alternative in capo a persone problematiche o patologiche, peraltro inclini alla ricerca di punti nascosti ed ai margini per non mostrare le proprie debolezze, come affermato da anni ed ampiamente da studi sanitari al riguardo.
Ma soprattutto, in ogni caso occorrerebbe un’istruttoria specifica che corrobori l’iter logico motivazionale di una misura siffatta che abbia ad oggetto l’approfondimento di tematiche imprescindibili quali a titolo esemplificativo: (i) la dimostrazione tecnico-sanitaria-scientifica della pretesa necessità sul territorio specifico di riferimento di una “maggior tutela” rispetto a quella nazionale; (ii) la dimostrazione tecnico-sanitaria-scientifica che “maggior tutela” per gli utenti del territorio specifico possa essere raggiunta con una limitazione di 16, 18 ore anziché 6 ore come fatto sul territorio nazionale; (iii) la dimostrazione tecnico-sanitaria-scientifica che la misura prevista, ossia di imporre 16, 18 ore di chiusura anziché 6 al giorno, una vota attuata non comporti effetti indiretti come quelli sopra ricordati, contro lo scopo della misura stessa. In definitiva la misura andrebbe motivata in un’istruttoria specifica, articolata volta a dimostrare la preesistente esigenza specifica di maggiore tutela, l’efficacia della misura, l’assenza di effetti indotti contrari allo scopo.
CONCLUSIONI - È evidente dunque che, come autorevolmente affermato nella giurisprudenza del Consiglio di Stato richiamata e nelle circolari interpretative di ministero dell’Interno e della Guardia di Finanza, i principi dell’Intesa devono ritenersi avere un valore cogente. Altrimenti non si spiegherebbe come mai molti dei principi in essa contenuti (e guarda caso relativi solo al contenimento dei volumi di gioco pubblico) siano stati puntualmente rispettati ed altri come quello in commento (che invece dovrebbe garantire il regolare e piano svolgimento della funzione pubblica della distribuzione del gioco di Stato sui territori) non debbano esserlo. Inoltre, un divieto di 16, 18 ore al giorno non può comunque definirsi un provvedimento di “maggior tutela” (e dunque non può rappresentare una deroga ammissibile al principio della limitazione a sei), essendo il medesimo totalmente contro lo scopo (perché non tutela gli utenti esponendoli invece ad offerte illegali e pericolose). E in ogni caso si dovrebbe poter valutare un’istruttoria adeguata e specifica sul territorio che però è molto raro venga effetivamente portata a termine. Ma soprattutto, se si consolidasse il riconoscimento del valore cogente ai principi dell’Intesa ancorché non attuata, si accelererebbe il processo di normalizzazione del settore partendo dalla rimozione delle anomalie che caratterizzano da tempo e ancora oggi l’ordinamento giuridico del gioco pubblico, mettendo ancor più in discesa il percorso della tanto attesa Legge Delega, dei suoi decreti attuativi e quindi del riordino.