Roma - “Le linee di ragionamento da portare avanti sono tre: considerare il gioco un attività legittima e piacevole, ricercare un giusto equilibrio fra esigenze regolamentari e libertà di scelta dei giocatori, assicurando un delicato equilibrio di relazioni e cooperazioni fra regolatore e mondo dei concessionari. In questa interrelazione di soggetti e discipline per me non è tanto importante l'azzardo, ma il disturbo da gioco patologico correlato; l'azzardo viene dopo, rispetto alla creazione di un sistema idoneo per saper intercettare, prevenire, monitorare ed eventualmente curare fenomeni patologico”.
Parole di Cristiano Iurilli, coordinatore didattico del corso di formazione professionalizzante istituito presso la facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Roma Tor Vergata, “Giochi, scommesse e misure per la promozione del gioco responsabile. Il Dga”, nel suo intervento al convegno "Giochi e scommesse in Italia, la multidisciplinarietà normativa, il ruolo del consumatore e le prospettive di innovazione digitale" organizzato da Konsumer Italia e tenutosi oggi, martedì 22 febbraio, al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro a Roma.
“È un obiettivo difficile ma per far ciò va creata una cultura del gioco che può avere una componente economica chiara, ma che può essere nascosta, molto spesso il fun esclude il money, ma non sempre. Quindi, per raggiungere questi obiettivi, credo che la ricerca multidisciplinare sia fondamentale per realizzare un sistema armonico di tutele e regolamentazione, ma non può calare dall'alto, deve essere un percorso di accompagnamento da una consapevole spinta dal basso, dai consumatori e dai concessionari. La ricerca dal basso deve partire da componenti sociali che influenzano il gioco, implementare la sperimentazione, pilotare gli interventi per passare dalla teoria alla pratica, utilizzare i fondi messi a disposizione, creare a livello nazionale una maggiore capacità di ricerca”, afferma ancora Iurilli.
Il professore dell’Università di Roma Tor Vergata quindi evidenzia che è necessario “affrontare le conseguenze cliniche ma anche quelle legali, le forme di sovraindebitamento delle famiglie, legate al gioco.
Alcuni operatori del settore non conoscono strumenti come l'intervento di un amministratore di sostegno a tutela del giocatore problematico e della sua famiglia”.
“Oggi, sia da un punto di vista clinico, del marketing della comunicazione, legale, contrattuale, bisognerebbe iniziare a parlare di nuovo di gamification e gamblification, concetti legati alla realizzazione di un ambiente di gioco sano e regolamentato, che potrebbe esser un punto di partenza per garantire informazione e consapevolezza nell'approccio al gioco che si potrebbe realizzare nella buona regolamentazione del sistema gioco”, dice ancora Iurilli.
“Parlando di digitalizzazione, invece il mondo del gioco è un possibile terreno di ricerca fra sistema di pagamenti, fintech e nuovi sistemi come il cripto-gambling, nuovi prodotti, nuovi approcci che potrebbero essere oggetot di approfondimento di una futura sandbox nel settore”.
Il professore quindi torna sul sovraindebitamento, e auspica che in futuro "non ci sia più qualcuno che dinanzi a una richiesta di un giocatore patologio che si sta curando gli dica che non può ricorrere alla legge sul sovraindebitamento". Quindi evidenzia che "non va nascosto il fenomeno legale ma che va integrato nella società".
Per quanto riguarda l'innovazione tecnologica "potrebbe essere uno strumento per intercettare le situazioni di gioco problematico" e si potrebbe "fare un'indagine statistica sull'autoesclusione".
Il dibattito fra i relatori del convegno quindi fa porre a Iurilli un interrogativo molto importante per il settore. “Per quali motivi alcuni intermediari chiudono i conti correnti a concessionari e imprenditori di gioco? È una domanda che ci dobbiamo fare perché è una limitazione all'accesso ai servizi bancari”.