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Pedroni (sociologo): 'Per la gente comune la percezione su alcuni giochi resta negativa '

28 dicembre 2022 - 11:12

Il sociologo Marco Luca Pedroni ritiene che la linea netta che separa il settore legale e quello illegale non è ancora del tutto compresa dai cittadini.

Scritto da Anna Maria Rengo
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Un anno difficile, tanto per cambiare, per l'Italia, quello che si sta per chiudere. Un anno, tuttavia, che si avvia a cedere il passo al 2023 con elementi di novità: l'arrivo di un nuovo governo che ha promesso una netta discontinuità rispetto al passato e di dare risposte immediate alle esigenze dei cittadini ma anche alle sue imprese, comprese quelle del gioco. Ad analizzare lo scenario nazionale è il sociologo Marco Luca Pedroni, docente universitario e autore, tra le numerose pubblicazioni, del saggio “Sociologia del gioco d'azzardo”.

Il settore legale del gioco con vincita in denaro è stato oggetto, in passato, di forti preoccupazioni da parte dell'opinione pubblica e di numerosi interventi in senso restrittivo da parte della politica nazionale e locale. Trova che questa percezione si sia attenuata o comunque che sia evoluta?

La percezione della pericolosità del gioco d'azzardo è ed è stata sicuramente forte del nostro Paese. Innanzitutto va detto che l'uso del termine gioco legale o settore legale del gioco è qualcosa che riguarda principalmente gli addetti al settore o coloro che hanno interesse  a mostrare che esiste un gioco legale. Noi però dobbiamo confrontarci con la percezione dell'uomo della strada, che lo chiama gioco d'azzardo o semplicemente gioco o semplicemente azzardo. Fatta questa premessa, la preoccupazione è stata molto forte, la mia personale impressione è che subito all'inizio degli anni Dieci ci sia stato un tentativo riuscito solo in parte, da parte del settore del gioco legale, di stabilire un ponte con il mondo cattolico. Questo si è concretizzato nella partecipazione di alcuni grandi operatori ai meeting di Comunione e Liberazione, anche con iniziative e ricerche cui io stesso ho partecipato. Perché c'è stato questo tentativo? Per molto tempo Avvenire, ovvero l'organo della Cei, ha titolato molto spesso sul gioco d'azzardo e sulla sua pericolosità, ha fatto una vera e propria campagna, essendo di fatto una sponda di iniziative degli enti locali nei confronti del gioco.  

Ora questa percezione, più che attenuarsi, si è spostata. Vedo due ragioni principalmente. La prima è che il gioco legale si è in certa misura spostato sull'online, o comunque l'online è cresciuto notevolmente nella seconda metà degli anni Dieci. Per cui, a fronte di un pregiudizio che ancora permane da parte di molti nei confronti del gioco d'azzardo, quello online è sembrato un bersaglio ancora più facile da stigmatizzare, perchè se comunque nelle forme che causano più addiction del gioco, quando esso si svolgono in pubblico o comunque in locali pubblici vi è perlomeno l'elemento della socialità, mentre nel caso del gioco online quello che vediamo pure con la possibiiltà di interagire con altre persone, quello che una persona che voglia colpire il gioco d'azzardo si immagina è la classica situazione del giocatore isolato e dunque più soggetto alle derive patologiche dell'azzardo, quindi il gioco online ha in qualche modo aiutato a concentrare l'attenzione negativa su  un aspetto particolare del gioco d'azzardo. E poi ovviamente c'è la pandemia, che ci ha portato a parlare di azzardo perchè ha di fatto impedito il gioco nei luoghi fisici e ha fatto da volano a quello online, ma al tempo stesso è diventato un argomento talmente pervasivo che l'opinione pubblica non aveva tempo e attenzione sufficiente da dedicare all'azzardo o alle sue derive  patologiche, quindiin un certo senso potremmo dire che la pandemia è stata complice della crescita del gioco online ma in qualche modo scudo, in quanto ha impedito che una eccessiva furia dell'opinione pubblica si scagliasse contro questo obiettivo, quando avevamo cose più pregnanti di cui occuparci”.

A suo modo di vedere, c'è sufficiente consapevolezza nella società della differenza tra gioco legale e gioco illegale?

No, non c'è sufficiente consapevolezza, semplicemente perchè non sono categorie utilizzate dalle persone e dai giocatori stessi. Quando si fa presente la distinzione ovviamente chiunque è in grado di comprenderla, tuttavia nella parte di popolazione che non gioca o che è più ostile al gioco d'azzardo. permane un pregiudizio per cui anche ciò che è nel perimetro del gioco legale conseva una certa aura non dico di illegalità ma comunque di oscurità. La percezione nei confronti di alcuni giochi, soprattutto quelli più addictive, è fortemente negativa.

Le sale Vlt, da molte persone che non le frequentano, non sono percepite come gioco legale. Non nel senso che sono percepite come gioco illegale, ma comunque vengono percepite, mi passi l'espressione un po' forte, come ambienti di malaffare. Inoltre negli ultimi anni la stampa cattolica, ma non solo, ha enfatizzato molto il legame tra attività formalmente legali e criminalità organizzata, insistendo su quei casi di punti gioco legali utilizzati dalla criminalità organizzata per il riciclaggio di denaro sporco. Questo è solo un esempio per dire che una distinzione formale, ampiamente sdoganata all'interno del settore, a me non sembra che abbia raggiunto la consapevolezza dei cittadini comuni”.

Il decreto Dignità ha vietato del tutto la pubblicità del gioco legale in denaro. A suo modo di vedere, è riuscito nel suo obiettivo di tutelare le fasce deboli della popolazione? 

“Per rispondere a questa domanda avremmo bisogno di più tempo e soprattutto avremmo bisogno di dati empirici.

Credo che la funzione del decreto Dignità sia più che altro simbolica, non per questo meno importante. Il gioco d'azzardo, o il gioco legale in denaro, ha un potenziale socializzante e uno addictive. È socializzante nella misura in cui diventa un'occasione per ritrovarsi e svagarsi e qui tutti farebbero l'esempio del classico Totocalcio fino agli anni Novanta perlomeno. Invece è addictive nella misure in cui, attraverso gratta e vinci o Vlt, in qualche modo propone occasioni di gioco ripetute che possono portare i soggetti più fragili a perdere la consapevolezza del tempo e del denaro giocato. A me sembra che il punto vero è che togliendo la pubblicità del gioco d'azzardo dal panorama visivo, almeno mediatico, si voglia contribuire a far capire che giocare d'azzardo non è una cosa normale, quotidiana, banale come bere un bicchiere d'acqua. Penso alle fasce deboli della popolazione e ai bambini che crescono in un modo in cui questa attività viene fatta circolare come attività assolutamente normale. Io non ho pregiudizi contro il gioco legale e ho lavorato a stretto contatto con l'industria e la stimo, ma ritengo che l'attività del gioco d'azzardo sia anche positiva e piacevole ma non debba essere considerata come routinaria. Può essere fatta in certe misure e forme, ma non può essere una routine”.

A suo modo di vedere, quali sono le azioni più efficaci da mettere in campo per promuovere il gioco sano e quali attori devono chiamare in causa?

C'è qualcuno che ritiene che il gioco dìazzardo sia di per sè insano. Io non penso questo, ma penso che gioco d'azzardo e legale siano delle categorie molto generali che contengono al loro interno esperienze molto diverse. Quindi, partendo dal presupposto che il gioco legale è meglio di quello illegale, tuttavia anche nel suo perimetro ci sono delle tipologie di gioco potenzialmente pericolose: sono tutte le occasioni in cui il giocatore è invitato a giocare con un'eccessiva frequenza. Questo è sicuramente vero nel caso delle lotterie istantanee, quando si perde vedendo dei simboli che ci fanno credere di aver quasi vinto e ciò ci spinge a rigiocare; o anche quanto si vincono piccole somme che ci spingono a rigiocarle subito. Il fenomeno è più evidente nel caso delle Vlt ma questi due mi sembrano solo gli esempi più estremi di un trend che ha caratterizzato gli ultimi trent'anni. A partire dagli anni Novanta qualsiasi gioco legale subisce un'accelerazione, anche quelli, penso al lotto, che hanno sempre fatto parte della cultura popolare. Questo significa aumentare la frequenza delle estrazioni settimanali, affiancare al lotto delle forme di lotto istantaneo e in generale fare in modo che il gioco non sia più un appuntamento settimanale o episodico, ma diventi quotidiano o anche pluriquotidiano e questa è la parte insana del gioco. Quindi, l'azione da intraprendere è di prendere atto che il gioco rimane sano e socializzante finchè si mantiene in perimetri di frequenza moderata se non scarsa. Si tratta di una proposta irricevibile da parte dell'industria del gioco perchè va contro il suo legittimo obiettivo di fare profitto, ma si dovrebbe tornare a una proposta ludica più contenuta nelle forme e nella frequenza. A quello che avevamo negli anni Novanta, prima della folle accelerazione che ha contrassegnato gli anni dal Duemila in avanti”.

A suo modo la pandemia ha cambiato in maniera strutturale la propensione al gioco e alla socialità da parte delle persone? Verso quali direzioni, semmai?

“Non ho dati empirici per poter affermare che la pandemia abbia cambiato la propensione al gioco. Certamente un ambito da studiare è quello dell'online, che non è necessariamente, di per sé, sinonimo di isolamento”. 

Al bivio tra 2022 e 2023, che bilancio traccia dell'anno che sta per lasciarci, sotto il profilo del gioco, e cosa gli operatori dovrebbero chiedere al parlamento e al governo?

“Non dobbiamo fare l'errore di pensare che gli operatori siano necessariamente dalla parte del cattivo, del torto, essi hanno l'ovvio obiettivo di maturare un profitto tramite la loro attività. Parlo di operatori in senso molto ampio, intendendo sia i grandi concessionari che quelli delle sale da gioco. 

Molto spesso si trovano costretti a fare quello che fanno, cosa che ho imparato frequentando alcune persone che lavorano tuttora in due grandi concessionari del gioco legale. Bisognerebbe tornare a una situazione un po' più lenta, alla situazione degli anni Novanta, diminuire le occasioni e la frequenza di gioco. Ma chi lavora nei concessione può a buon diritto rispondere che sono forzati a fare questo perché è il governo a chiedere questo. Quando escono i bandi, i concessionari sono costretti in qualche modo a proporre quello che propongono quindi il primo incentivo per l'allargamento del mercato del gioco legale è di matrice statale, governativa. Gli operatori dovrebbero mostrare la disponibilità e la sensibilità per la promozione di pratiche di gioco sano, chiedendo però che questa istanza venga in primo luogo dal governo, quindi un operatore può anche rinunciare a partecipare al bando di gara in cui vengano delle fatte delle richieste che poi si tradurranno in forme di gioco addictive, il problema è perchè il governo ritiene di potere e dovere fare cassa aumentando gli introiti da gioco legale e confezionando un certo tipo di bandi e di richieste e quindi l'operatore deve mostrare sensibilità e chiedere pari sensibilità al governo”.

Da parte loro, cosa dovrebbero fare a loro volta per accrescere la loro credibilità e per accreditarsi come industria sana e che deve costituire un baluardo all'illegalità e al gioco patologico?

Per quanto riguarda l'illegalità, mi pare che tutte le azioni possibili sono state compiute, dunque laddove vi siano dei sospetti di collusione con mondi che legali non sono, chiaramente l'industria deve mostrare il loro operare lecito. Il tema più interessante è quello del gioco patologico. Sostanzialmente l'industria dovrebbe usare un approccio onesto. All'interno dei concessionari ci sono molte  persone sensibili e intelligenti che sanno benissimo che certi giochi portano all'addiction, che certi luoghi, certe sale collocate in certi ambienti, in periferia,  sono ambienti che attirano alcune forme di negatività che predispongono al gioco patologico se non ad altro. Quindi quello che devono fare, più facile a dirsi che a farsi, è ammettere che il gioco può trasformarsi in patologia, che il fatto che sia legale non comporta automaticamente che sia sicuro. Legale e sicuro non sono necessariamente sinonimi. Sicuramente il gioco legale pone il giocatore al riparo da certe forme di rischio, ma altre, collegate all'addiction, permangono. Quindi si tratta di mostrare buona volontà  di rinunciare a tutte quelle occasioni di profitto che espongano l'operatore e il concessionario all'accusa di incentivare il gioco patologico”. 

Pensa che l'Italia vada verso una maggiore stabilità rispetto al passato oppure il neonato governo di centrodestra e la già agguerrita opposizione da parte del centrosinistra ci riserveranno ancora scossoni e sorprese negative?

“Nel confronto tra destra e sinistra, che risulta da un'analisi che ho fatto qualche anno fa prendendo in considerazione tutta la storia recenti del gioco d'azzardo e i provvedimenti normativi dagli anni Novanta fino alla metà degli anni Dieci, quindi decreto Balduzzi e oltre, è che non si ravvisa una sostanziale differenza tra governi di destra e di sinistra una volta che si siano trovati a normare il gioco. Al di là dei proclami, al di là diverse sensibilità politiche e culturali che emergono nei due poli del Parlamento, il punto è che qualsiasi governo ha operato in direzione dell'allargamento dell'azzardo. Il primo ostacolo serio è stato posto da Balduzzi, ma fino ad allora né a livello materiale né simbolico i provvedimenti governativi hanno messo un freno a questa proliferazione. Non so se andremo incontro a qualche sorpresa, possiamo interpretare anche il decreto Dignità, sul divieto di pubblicità, come altro segnale di arresto, però tendenzialmente è in atto in tutti i Paesi europei una forma di incremento del mercato del gioco, con soluzioni molto diverse a livello normativo. Addirittura l'Italia viene considerata un benchmark internazionale in questo equilibrio che ha tra monopolio e forme di liberalizzazione. Non si può parlare di liberalizzazione in senso proprio perché appunto c'è la mano dello Stato attraverso il monopolio ma c'è una liberalizzazione di fatto perchè comunque il settore pur con lo strumento delle concessioni è in mano a operatori privati. Quanto alle attese, non vedo segnali particolari di una rivoluzione culturale in questo senso per cui non prevedo delle forme di restrizioni particolarmente severe rispetto a quanto fatto, se non retoriche. Il punto è se il mercato dall'azzardo può crescere ancora, se il governo e l'industria hanno elementi per immaginare che possano aumentare il numero dei giocatori, la frequenza di gioco, gli introiti da gioco. Comunque c'è stata, togliendo la pandemia, una crescita costante nel tempo, ma gli scossoni più importanti non sono in anni recenti. La domanda è dunque: abbiamo raggiunto la saturazione? Qualora un governo dovesse decidere di puntare ancora su queste entrate, che sono entrate facili, secondo me commetterebbe un errore perchè  comunque il gioco è diventato una presenza costante nelle nostre vite quotidiane, basti pensare ai tabaccai e ai bar, oggi sono selve di giochi istantanei. Ma questa situazione è normale? Non vediamo più che costituisce una forte differenza rispetto a un paio di decenni fa? Quindi un governo che volesse ancora insistere per aumentare la capillarità del gioco d'azzardo commetterebbe a mio avviso un errore. Nel discutere su come ricostruire un'industria sana non cadiamo nell'errore di pensare che il problema sia solo nel gioco illegale o in quelli fortemente addictive, ma anche nell'ubiquità del gioco legale che è diventato un servizio capillarmente diffuso, l'online ha ovviamente reso ancora più intensa questa situazione. Da questo punto di vista non vedo una sostanziale discontinuità tra centrodestra e centrosinistra”.

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