Un vivo interesse per i temi della democrazia e per la coscienza collettiva muoveva Domenico De Masi. Lo studioso, sociologo, docente universitario, è scomparso nei giorni scorsi all’età di 85 anni, dopo una breve malattia, scoperta quest’estate.
Nato in Molise, cresciuto in Campania e in Umbria, Domenico De Masi si è dedicato prevalentemente allo studio e all’insegnamento. Ha viaggiato molto, ma i centri principali del suo lavoro sono stati Milano, Sassari, Napoli e Roma. In Brasile – dove aveva la cittadinanza onoraria di Rio de Janeiro – ha tenuto conferenze in quasi tutte le grandi città. De Masi ha insegnato ininterrottamente dal 1961 in poi: prima come assistente, poi come professore associato, quindi come professore ordinario e come preside. In questo arco di tempo si è dedicato prevalentemente alla didattica, applicando metodologie innovative che intrecciano teoria e ricerca. Nel 1961 è diventato assistente alla Cattedra di Sociologia presso l’Università di Napoli (Facoltà di Giurisprudenza). Nel 1968 è diventato professore di Sociologia del lavoro all’Università di Sassari (Facoltà di Scienze politiche). Dal 1971 al 1973 ha insegnato Sociologia presso l’Istituto Orientale di Napoli (Facoltà di Scienze politiche).Ha avuto migliaia di studenti, quasi un migliaio quelli laureatisi con lui.
Il suo lavoro era rivolto principalmente alla sociologia del lavoro e alle organizzazioni, alla società postindustriale, allo sviluppo e al sottosviluppo, ai sistemi urbani, alla creatività, al tempo libero, ai metodi e alle tecniche della ricerca sociale con particolare riguardo alle indagini previsionali. In questo di era espresso anche sul tema del gioco pubblico, e in particolare sulla necessità di una sua regolamentazione, come quando, anni fa, in una intervista a GiocoNews, spiegò che “non tutti gli esseri umani hanno la stessa forza nell’affrontare le situazioni. Lo Stato, quindi, ha il dovere di pensare prima ai deboli e per questo le leggi devono impedire a chi è più vulnerabile di ‘rovinarsi’ al gioco. Quindi sì a leggi più protettive, ma questo non significa essere proibizionisti”.
De Masi non era un semplice megafono del popolo, ma un sensore della società, in grado di cogliere ogni minimo sentimento, cambiamento, movimento, interpretandolo e spiegandolo alla politica, alle istituzioni, ai decisori. Riuscendo molto spesso a influenzarne le scelte, sempre nell’ottiva del bene comune.
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