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Sale gioco chiuse a Parma e Fidenza, CdS: 'Non c'è effetto espulsivo'

10 febbraio 2025 - 17:13

Bocciati gli appelli dei gestori di una sala scommesse e di una sala bingo troppo vicine a due luoghi sensibili ai sensi della legge regionale sul gioco.

Scritto da Fm
Consiglio di Stato © Daderot / Wikipedia

Consiglio di Stato © Daderot / Wikipedia

Il Consiglio di Stato, nella stessa giornata in cui si è pronunciato a favore degli operatori del gioco predisponendo la verificazione dell'effetto espulsivo delle normative varate a Cesenatico (Fc) e Ravenna, rende noti i suoi verdetti in merito ad altri due ricorsi riguardanti una sala scommesse di Parma e una sala bingo di Fidenza (Pr).

La prima vicina a una scuola per l'infanzia aperta in un centro commerciale, la seconda a una parrocchia: qualificate entrambe come "luoghi sensibili" ai sensi della legge regionale dell'Emilia Romagna per il contrasto al gioco patologico e dei regolamenti vigenti nelle due città, cosa che ha fatto scattare l'avvio dell'iter per la chiusura delle due sale.

In entrambi i casi il Consiglio di Stato ha deciso di respingere gli appelli dei due operatori. Vediamo perché.

 

LA SALA SCOMMESSE DI PARMA – Al centro dell'appello c'è la richiesta di riforma della sentenza del Tar Emilia Romagna che nel 2023 ha confermato l'ordine di cessazione dell’attività di gioco lecito emessa dal Comune di Parma.

I giudici del Consiglio di Stato si pongono nello stesso solco affermando che "anche la scuola dell’infanzia è qualificabile come 'istituto di istruzione' e non 'di mera formazione' anche ai fini del rispetto dell’obbligo della distanza minima dai luoghi in cui sono praticate le attività di gioco e scommessa" essendo "irrilevante la tipologia di utenza, se cioè si tratti di servizio liberamente fruibile dalla collettività indifferenziata o se l’accesso sia riservato ai figli del personale dipendente o dei fruitori dei servizi presenti nel centro commerciale". Il CdS poi sottolinea che  è stato escluso "l’effetto espulsivo in presenza di una superficie utile per insediare l’attività pari in percentuale a circa l’1 percento del territorio comunale e in valore assoluto a circa 170 ettari" e che è stata  riconosciuta "la possibilità di una delocalizzazione nelle zone periferiche".

Inoltre "quanto ai restanti profili di doglianza il Collegio osserva che: nessun obbligo incombeva sul Comune di indicare le aree idonee alla delocalizzazione, non essendo rinvenibili disposizioni di legge o di regolamento in tale senso; in base ai principi generali sanciti dall’art. 2697, comma 2, c.c., l’onere della prova circa la ricorrenza dell’effetto c.d. espulsivo delle misure adottate, incombeva sul ricorrente, trattandosi di fatto impeditivo degli effetti derivanti dalle misure di distanziamento adottate dalla Regione e dal Comune; è infondata è la doglianza per cui la normativa regionale in questione e i provvedimenti regionali e comunali attuativi integrerebbero una ipotesi di espropriazione in mancanza di indennizzo, oltre che di lesione del legittimo affidamento circa la possibilità di esercitare l’attività sino alla scadenza della concessione, a causa di un effetto sostanzialmente retroattivo della disciplina in quanto applicabile anche ai rapporti in corso: il limite della distanza non viola infatti il contenuto minimo del diritto di svolgere l’attività imprenditoriale in questione che viene in tal modo solo conformata per renderla compatibile con finalità di utilità sociale, come consentito dall’art. 41 Cost.; inoltre la misura non incide su singoli beni od utilità ma sull’intero settore, introducendo una regola localizzativa generalizzata: non ricorre dunque il paradigma ablatorio caratterizzato dalla incisione di beni individui".

LA SALA BINGO DI FIDENZA – Il gestore della sala bingo di Fidenza invece ha chiesto la riforma di una sentenza del Tar Emilia Romagna che nel 2022 ha confermando la legittimità dei provvedimenti inerenti la dislocazione forzosa dell'attività "escludendo che dagli stessi potesse derivare un effetto espulsivo e cioè la impossibilità per la società ricorrente di poter utilmente delocalizzare l’attività in altra area del Comune".

La superficie utile accertata dalla perizia di parte, ricorda la sentenza del Consiglio di Stato, "è comunque non inferiore al 2,71 percento (equivalente a 2,58 Kmq) del territorio comunale" perciò "deve escludersi la configurabilità di un effetto espulsivo".

Per i giudici "non sussistono pertanto i presupposti per disporre una verificazione – ripetutamente sollecitata dall’appellante – dovendo la percentuale di spazi disponibili, accertata mediante perizia di parte, essere ritenuta idonea ad escludere la configurabilità di un effetto espulsivo".

Poi il Collegio osserva che "il limite della distanza non viola il contenuto minimo del diritto di svolgere l’attività imprenditoriale in questione che viene in tal modo solo conformata per renderla compatibile con finalità di utilità sociale come consentito dall’art. 41 Cost.; inoltre la misura non incide su singoli beni od utilità ma sull’intero settore, introducendo una regola localizzativa generalizzata: non ricorre dunque il paradigma ablatorio caratterizzato dalla incisione di beni individui.

Inoltre poiché la concessione che legittima l’attività in questione è un provvedimento ad effetti durevoli, in quanto costitutiva di un rapporto di durata, deve escludersi la sussistenza di una violazione del principio di irretroattività della legge (peraltro come noto, assoluto solo in materia penale) o una lesione del legittimo affidamento perché tutti i rapporti giuridici di durata o comunque in corso, 'non esauriti', non sono insensibili, per regola generale, allo ius superveniens; ragionando a contrario, infatti, si determinerebbe l’introduzione di una 'deroga permanente' che vanificherebbe gli obiettivi di tutela, sottraendo, con singolare privilegio, l’operatore già in attività 'all’applicazione della disciplina regolamentare a tutela della salute, quali che siano le vicende e le ubicazioni future del suo esercizio commerciale'”.

In ultimo viene ribadito che la normativa regionale in contestazione si riferisce anche alle sale bingo in quanto la legge regionale in materia definisce “sala da gioco un luogo pubblico o aperto al pubblico o un circolo privato in cui siano presenti o comunque accessibili slot machine o videolottery e tutte le forme di gioco lecito previste dalla normativa vigente”, dizione in cui ricadono ampiamente le sale bingo.

 

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