Cardia (Acadi): 'I lavoratori del gioco legale non sono cittadini di serie B'
Per Cardia (Acadi) sul gioco serve sforzo di responsabilità supportato da solide motivazioni tecnico-scientifiche, e riaprire a tutela della tenuta del comparto e della legalità sui territori.
"Il comparto chiede di operare disponendo di testati e severi protocolli di sicurezza di prevenzione dei rischi basati, oltre che sulle caratteristiche strutturali del prodotto, sulla riduzione del numero degli utenti negli spazi, sul loro distanziamento e sulla costante sanificazione. Si tratta di protocolli già esaminati dal Comitato tecnico scientifico presso la Protezione civile, condivisi con i sindacati dei lavoratori nella loro stesura e recentemente rivisti e resi più stringenti alla luce della prima applicazione, a tutela dei consumatori e dei lavoratori stessi. Per i lavoratori in cassa integrazione e le imprese in ginocchio sono fondamentali riapertura e programmazione con evidenza di un orizzonte tecnico/parametrico/temporale che metta in relazione il presidio massimo di sicurezza assicurato dai protocolli, da un lato, e il colore giallo dei livelli di rischio regionali dall’altro. Per far questo, superato l’aspetto tecnico-scientifico, si tratta ora di mettere da parte ogni valutazione ideologica. Occorre respingere ogni discriminazione che abbia alla base la valutazione dell’essenzialità del prodotto, prima di tutto perché in realtà la funzione della presenza del comparto del gioco pubblico va ben oltre la mera messa a disposizione di un prodotto ma rappresenta un presidio dai molteplici risvolti, primo tra tutti il presidio di legalità sui territori (con tutto ciò che ne deriva: dalla tutela dell’ordine pubblico, all’emersione del gettito erariale)".
IL CONTRIBUTO DEL GIOCO LEGALE ALL'ECONOMIA - "Se non si corre ai ripari, si rischia di chiudere un comparto che sotto il profilo economico sociale, in un regime di normale funzionamento ante-pandemico, ha numeri importanti per l’economia del Paese, impattando positivamente su lavoratori ed imprese: 1 percento Pil, 14 miliardi di valore aggiunto creato, 2 miliardi di valore di consumo indotto, 11 miliardi di contributo fiscale diretto, 5 miliardi di effetti economici indiretti, 78,5mila occupati diretti e indiretti fte (che molti indicano giustamente in 150.000), oltre 300 concessionari, 70/80.000 punti sui territori di cui 10.000 specializzati, 3.200 imprese di gestione (Primo rapporto sul gioco pubblico di Acadi del 28 novembre 2019). E se il comparto resterà chiuso è chiaro che questi numeri non ci saranno più, le aziende non reggeranno oltre ed il lavoro sarà perso", rimarca il presidente di Acadi.
RISTORI INSUFFICIENTI E AUMENTI DI TASSAZIONE - "Una nota al riguardo: i ristori riconosciuti al momento sono totalmente insufficienti e qualcuno già denuncia che quelli attuali non coprano neanche il 5 percento dei costi di un intero anno nei casi migliori, a fronte di perdite di ricavi radicali di oltre il 50 percento per il 2020 e del 100 percento di questi primi mesi del 2021. Ma non è tutto, piove sul bagnato ricordiamoci che di questi giorni dobbiamo anche fare i conti con l’entrata in vigore, non sterilizzata, dell’aumento di tassazione imposto al comparto nell’ultima legge di bilancio ante pandemia approvata a dicembre 2019, senza contare l’aumento di tassazione delle scommesse, unico caso al mondo (sì, al mondo), imposto in pieno lockdown ed in piena pandemia", si legge ancora nel blog.
IL PERICOLO ILLEGALITÀ - Cardia poi evidenzia che "come bene rappresentato dalle autorità investigative del Paese, se non si riapre, se si perde il presidio del territorio a ringraziare è la criminalità che vede fiorire le opportunità di sostituzione dell’offerta pubblica per soddisfare una domanda in questo caso di gioco che comunque esiste.
Più in generale, è di questi giorni, infatti, la pubblicazione della Relazione semestrale gennaio – giugno 2020 del ministro dell’Interno al Parlamento sulla attività svolta e i risultati conseguiti dalla Dia che in apertura non manca di ricordare, tra l’altro, che 'L’analisi dell’andamento della delittuosità riferita al periodo del lockdown ha mostrato che le organizzazioni mafiose, a conferma di quanto previsto, si sono mosse con una strategia tesa a consolidare il controllo del territorio, ritenuto elemento fondamentale per la loro stessa sopravvivenza e condizione imprescindibile per qualsiasi strategia criminale di accumulo di ricchezza.
Controllo del territorio e disponibilità di liquidità che potrebbero rivelarsi finalizzati ad incrementare il consenso sociale anche attraverso forme di assistenzialismo a privati e imprese in difficoltà. Si prospetta di conseguenza il rischio che le attività imprenditoriali medio-piccole (ossia quel reticolo sociale e commerciale su cui si regge principalmente l’economia del sistema nazionale) vengano fagocitate nel medio tempo dalla criminalità, diventando strumento per riciclare e reimpiegare capitali illeciti'.
Ebbene, serve uno sforzo di responsabilità supportato da solide motivazioni tecnico-scientifiche, serve mettere da parte valutazioni ideologiche, serve riaprire a tutela della tenuta dell’intero comparto, del suo indotto, della funzione sociale che gli è assegnata e del centrale presidio di legalità sui territori".