Perché la tassazione sul margine salverebbe il gioco pubblico (fisico e online)
La tassazione 'sul margine' in sostituzione di quella attuale sulla raccolta sarebbe un vero toccasana per le imprese e per l'Erario. Ecco perché.
Si parla ormai da mesi, nel comparto del gioco pubblico e nelle sedi di governo, dell'ipotesi di cambiare il sistema fiscale attualmente in vigore sul comparto del gioco pubblico passando da un'imposta sulla raccolta lorda a una 'sul margine', per tutti i giochi e le scommesse diverse dalle lotterie.
L'introduzione di questo tipo di imposizione avrebbe, secondo gli addetti ai lavori, due vantaggi principali: chiarezza, semplicità e standardizzazione tra tutti i prodotti regolamentati interessati;. Oltre ad offrire la possibilità di incrementare il gettito fiscale con un sistema di salvaguardia per prevenire eventuali disavanzi. Ma è davvero così? E quanto potrebbe guadagnarci lo Stato da questo tipo di riforma? GiocoNews.it ha voluto fare i conti in tasca al settore, provando a immaginare gli effetti della riforma nei due segmenti principali del gioco pubblico.
Sulle videolottery (Vlt) si applica un Preu pari al 5 per cento della raccolta lorda (a cui si aggiunge, anche qui, lo 0,3 per cento del canone concessorio). La base imponibile del Prelievo erariale, come detto, è costituita dalla raccolta lorda, che corrisponde all'ammontar complessivo delle somme giocate (meglio conosciuto, nel settore, come 'coin in'), al lordo delle vincite.
Tenendo conto che la percentuale delle vincite restituite ai giocatori ('pay out') è pari, per legge, al 74 per cento minimo per le Awp e all'85 per cento minimo per le Vlt, si ha che l'imposta gravante sul 'margine netto' (cioè il valore che emerge dalla raccolta una volta sottratte le vincite) è rispettivamente pari al 50 per cento per le Awp e al 33,33 per cento per le Vlt. Osservando peraltro come il pay out 'di mercato' delle videolottery oscilla oggi tra l'87 e l'89 per cento della raccolta lorda, per cui il livello di tassazione delle Vlt può stimarsi attorno al 38-45 per cento della raccolta netta. L'incidenza fiscale (nominale) sul margine minore per quanto riguarda le Vlt rispetto alle Awp, oltre ad essere giustificata dalla maggiori somme che, per legge, devono essere restituite ai giocatori, deriva dal fatto che il rilascio dei diritti per l'installazione di apparecchi comporta il pagamento di un contributo fisso di 15mila euro per ogni terminale, a prescindere dal fatto che le vlt vengano poi attivate o meno (non a caso, dei circa 60mila diritti assegnati ai concessionari e quindi pagati dalle società, ad oggi risultano attive circa 55mila macchine con la cifra complessiva mai raggiunta), con lo Stato che ha incassato direttamente oltre 850milioni di euro soltanto dai diritti.
Qualora il governo dovesse decidere di compiere il passo in avanti intervenendo sul regime fiscale dei giochi pubblici passando dalla base imponibile della 'raccolta lorda' attuale a quella del 'margine' (definito come differenza tra somme giocate e vincite corrisposte, cioè l'utile lordo derivante dal gioco), l'effetto sarebbe incentivante per le imprese. Questo perché l'imposta gravante sugli utili lordi (il margine, appunto) in un settore caratterizzato da una forte concorrenzialità interno come quello del gioco, incentiva l'operatore ad offrire maggior valore e maggiore scelta. L'imposizione sul margine, non a caso, rappresenta lo schema fiscale più in uno nell'Unione europea, proprio perché consente agli operatori di adeguarsi ale eventuali mutazioni di mercato, permettendogli di modificare i 'prezzi' in risposta alla concorrenza degli altri competito ma anche - e soprattutto - in relazione al mercato illecito o border line.
Idem per le Vlt, dove conti anloghi permettono di stimare un amento del contributo erariale di oltre 160 milioni per il 2016 e di quasi 190 milioni per il 2017, ipotizzando un'aliquota del 48 e 49 per cento.
Chiaro è che un sistema fiscale di questo tipo potrebbe comportare la previsione di un tetto massimo di pay out per evitare che il margine lordo possa ridursi eccessivamente qualora la percentuale di vincita venga fissata in maniera troppo elevata. E se il valore massimo per le Awp potrebbe essere quello del 78 per cento, per le Vlt potrebbe arrivare anche al 90 o 92 per cento (quota già raggiunta da alcuni singoli giochi ospitati nei video terminali).
La cosa altrettanto positiva, per la filiera, sarebbe anche quella che una tassazione di questo tipo permetterebbe anche di 'superare' il contributo fisso di 500 milioni di euro imposto dalla Legge di Stabilità per il 2015 che a quel punto diventerebbe del tutto superfluo.
Si legga per esempio la relazione: “Valutazione degli effetti di una tassa sul margine lordo delle scommesse sportive in Italia” (Kpmg e Rga di luglio 2012), prodotta specificamente per analizzare il mercato italiano. E gli esempi che provengono dai mercati internazionali, come il Regno Unito, sono lampanti. Il presidente di William Hill ha dichiarato che l'imposta sul margine è stata "lo sviluppo più importante e influente nel mondo delle scommesse e delle corse negli ultimi 30 anni. In un colpo solo ha eliminato il vantaggio di scommettere all’estero" (HM Customs & Excise, 2003). Gli scommettitori ne hanno tratto beneficio in quanto i bookmaker hanno potuto offrire scommesse esentasse e quote più alte. Il fatturato dei bookmaker è aumentato da 7 miliardi di sterline nel 1999-2000 a 32 miliardi di sterline nel 2003-04 e diverse aziende hanno riportato le loro attività nel Regno Unito, creando 2.000 nuovi posti di lavoro (National Audit Office, 2005). Il governo del Regno Unito ne ha beneficiato in quanto il gettito fiscale derivante dalle scommesse è cresciuto di un terzo, arrivando a 400 milioni di sterline.
Secondo il professore universitario Vaughan Williams, esperto in materia, i vantaggi nell'adottare la tassazione sul margine invece che sul profitto sarebbero evidenti. Spiegando come “I benefici di un regime di imposta sul margine sono stati sempre più ampiamente riconosciuti dall'industria internazionale del gioco d'azzardo, che ha accolto positivamente la creazione di condizioni concorrenziali uniformi e di una maggiore certezza legislativa, fattori che hanno fornito agli operatori una maggiore sicurezza portando all'introduzione di nuovi prodotti e di maggiore scelta per i consumatori”. Di conseguenza “i principali operatori e le associazioni di commercio hanno spinto per l'introduzione dell'imposta sul margine come modalità per permettere agli stati di mantenere all'interno della propria giurisdizione la spesa dei consumatori nei giochi d'azzardo. Ciò ha portato sia la Spagna che la Grecia, due stati dell'Eurozona con gravi problemi finanziari, a introdurre l'imposta sul margine nel 2011. Per la Grecia questo passo è stato particolarmente importante, in quanto si tratta del sesto mercato più grande per il settore del gioco d'azzardo nell'Unione Europea".
Basti pensare che il poker e il casinò online non esistevano 15 anni fa, così come le scommesse sportive hanno creato una serie di nuovi prodotti e innovazioni negli ultimi anni. E la maggior parte delle evoluzioni si registrano proprio in quei paesi in cui è in vigore l'imposta sul margine. Permettendo ai giocatori di beneficiare di un valore aggiunto, con un ritorno medio delle puntate superiore al 95%.
Se si pensa alle tipologie di scommesse applicate dai bookmaker asiatici come l'handicap o la somma goal, queste offrono un valore elevato per i clienti, ma non sono sostenibili in un sistema in cui le imposte sulle scommesse si basano sul valore delle puntate invece che sul margine. Oggi si stima che la maggior parte delle scommesse illegali da parte di clienti italiani sia piazzata con bookmaker che offrono scommesse asiatiche, in quanto non erano disponibili in Italia e nel lungo termine l'offerta di queste tipologie di scommesse non è sostenibile da parte degli operatori titolari di una licenza italiana.