Semplificare, riordinare, razionalizzare. Sono queste le parole (chiave) utilizzate più spesso, in questi ultimi giorni, da politica e istituzioni in riferimento al comparto del gioco pubblico. Lo ha fatto - più volte e con convinzione - il direttore generale di Adm, Marcello Minenna, anche illustrando al presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 20esimo "Libro blu" redatto dell'Agenzia, sottolineando l'esigenza di una semplificazione normativa che interessa da vicino anche i giochi. Sono ben 3000, infatti, le norme di riferimento per Adm, accumulatesi nei 160 anni di vita dello Stato Italiano, ha spiegato Minenna, descrivendo al Presidente il processo di razionalizzazione organizzativa che ha consentito alla "sua" Agenzia, nonostante un annata duramente segnata dalla pandemia, di assicurare alle casse dello Stato oltre 60 miliardi di euro. E il merito di cotanto risultato è da attribuire, in parte, anche ai giochi. Impossibile non notarlo e colpevole, oltre che grave, sarebbe ignorarlo. Tanto più se si va a soppesare - come ha fatto lo stesso Minenna - il ruolo e l’attività di Adm nel contrasto all’illegalità e alla criminalità organizzata, sottolineando anche l’importanza della vigilanza regolamentare, quindi l’esigenza di un Testo Unico che riordini le migliaia di norme stratificatesi in tanti anni di vita dell’Amministrazione e negli ormai oltre venti del sistema del gioco di Stato.
Un tema, quello del testo unico, che il direttore dell’Agenzia aveva già ribadito pubblicamente qualche giorno prima in occasione della presentazione generale dello stesso Libro Blu dei giorni scorsi, e in tante precedenti occasioni pubbliche, facendolo diventare quasi un mantra. E fa senz’altro bene il direttore di AdM a rilanciare in ogni modo e in ogni sede, instancabilmente, questa esigenza, evidenziando anche - come ha fatto con Mattarella - che regole più chiare potrebbero rendere più efficace il lavoro dell'Agenzia nel contrasto ai fenomeni criminali: facendo quindi del bene, diretto e tangibile, all’intero paese.
Ma se fino allo scorso anno solo in pochi riuscivano ad apprezzare appieno quello che era in grado di fare l’intera Agenzia a livello di tutela dello Stato, in tutte le sue declinazioni, adesso i risultati sono ormai sotto gli occhi di tutti: grazie alle doti comunicative del direttore, non c’è dubbio, ma con la complicità non banale della pandemia, che ha reso determinanti alcune attività presidiate proprio da Adm, facendo così affiorare quelle tante virtù che anche il sistema del gioco pubblico, come quello doganale, è in grado di garantire e preservare. Pensando ancora una volta, prima di tutto, alla legalità e al contrasto alla criminalità ma anche alla sicurezza dei cittadini. Non è quindi un caso se nelle ultime settimane abbiamo sentito ripetere quelle parole chiave richiamate in apertura anche da vari personaggi di spicco del panorama politico italiano: dal presidente della Camera Roberto Fico, ai titolari di alcuni ministeri, come Luciana Lamorgese, titolare degli Interni e altri.
Solo che adesso è finito il momento delle parole ed è giunto il tempo di passare ai fatti, e con urgenza. Visto che i tanti nodi di questi ultimi anni di lassismo e malapolitica (almeno nei confronti del gioco pubblico) sono già venuti al pettine e a farne le spese sono le aziende del comparto, cioè gli imprenditori, i lavoratori, quindi i cittadini.
Lo vediamo ormai in tutte le questioni che condizionano il settore, in ogni segmento e ramo di attività: inutile (poiché scontato) citare la filiera degli apparecchi da intrattenimento che oltre ad essere la più colpita dalla pandemia deve scontare il drastico impoverimento provocato già prima del Covid dallo stesso Stato, attraverso i precedenti governi e le politiche populiste, spesso anche filo-ideologiche. Anche negli altri rami, infatti, le criticità non mancano: si guardi ciò che accade nel settore dell’Amusement, anch’esso affossato dalla stratificazione normativa (e non solo), oppure il bingo e le scommesse che attendono da anni il rinnovo delle concessioni o, meglio, la soluzione della “questione territoriale” per poterle bandire. E pure nei settori che stanno viaggiando a gonfie vele, come accade nel l’online spinto (al contrario degli altri) proprio dalla pandemia, non mancano le criticità, pensando anche qui alle concessioni in scadenza e, soprattutto, al divieto di pubblicità che va in senso contrario rispetto a quell’azione di contrasto dell’illegalità esaltata dall’agenzia delle Dogane e dal suo leader. Ma forse è proprio per questo che nei giorni scorsi abbiamo visto riaprire anche il dibattito sul decreto Dignità che aveva censurato il gioco. Per un altro segnale, in aggiunta a quelli che si possono raccogliere nei passaggi precedenti, a indicare che, forse, sono finalmente maturi i tempi per realizzare davvero, stavolta, quell’attesa riforma di riordino che possa risolvere tutte le questioni pendenti. E una volta per tutte.
Del resto, anche ampliando il focus e guardando al contesto politico più generale, si può facilmente osservare quanto sia forte è credibile il governo attuale, quindi in grado di fare anche scelte radicali e coraggiose. In un momento, peraltro, in cui è obbligato a riformare praticamente ogni cosa, come accade dopo una pandemia globale è una crisi senza precedenti. Se a tutto ciò si aggiunge, infine, che al ministero dell’economia sta arrivando anche un nuovo sottosegretario “delegato” ai giochi che ben conosce il settore e le sue criticità, sembra davvero che questa sia la volta buona. Bisognerà scommetterci.