skin

Se ci fosse l'algoritmo dei giochi

27 marzo 2023 - 11:54

La diffusione dell'intelligenza artificiale e di strumenti “popolari” come ChatGpt aprono nuovi scenari anche in termini di regolamentazione: cosa succederebbe se a governare il gioco pubblico fosse una macchina?

chatgpt_gaming.jpg

Sta facendo parlare di sé, e molto, l'ormai celeberrimo ChatGpt, che rappresenta il prodotto finale di anni di ricerche sull'intelligenza artificiale del team OpenAi, pensato per i consumatori, di ogni tipologia. Si sta facendo di tutto, già oggi, attraverso questa applicazione divenuta rapidamente iper-popolare, scatenando infiniti dibattiti sul suo utilizzo, sui rischi e sulle opportunità che ne possono scaturire. Nelle ultime ore, in particolare, si è avuto un assaggio ancora più significativo di cosa possa fare concretamente questo tipo di tecnologia, dopo la divulgazione della nuova versione Gpt-4, e la scoperta di alcune creazioni scaturite dall'impiego della nuova intelligenza artificiale.
C'è chi ci ha costruito un sito web a partire da un diagramma scarabocchiato su un foglio. E chi ha creato – addirittura - un videogame tipo Pong in meno di sessanta secondi. Passando tuttavia anche per usi meno insoliti e forse meno curiosi, come le lezioni di lingue o le decisioni aziendali prese in modo semi-automatico basandosi su tonnellate di moduli e documenti a uso interno delle aziende. ChatGpt nella sua versione 4 è in effetti molto più preciso della versione precedente, ma ha anche più funzioni, facendo germogliare diversi utilizzi pratici, sia da parte di aziende sia da utenti comuni. potendo avere input fino a 25mila parole e anche generare testi molto lunghi. Riuscendo quindi a fare una sintesi di interi rapporti, studi, lunghi articoli o persino di interi siti web. Una funzione che è ritenuta utile per lo studio, la ricerca o la produzione editoriale.
SI pensi per esempio al caso di Morgan Stanley, una ben nota società di servizi finanziari, che impiega un chatbot interno basato su Gpt-4 per setacciare l’enorme capitale intellettuale in formato Pdf dell'azienda in modo da poter fornire soluzioni ai problemi dei consulenti. Circa 200 dipendenti utilizzano regolarmente il sistema e i loro suggerimenti contribuiscono a migliorarlo ulteriormente. L’azienda sta valutando un’ulteriore tecnologia OpenAI per facilitare le conversazioni con i clienti. Non solo. La grande capacità di studiare lunghi testi e interi siti può anche facilitare la moderazione e la caccia a disinformazione o contenuti pericolosi sul web. Allo stesso modo, l'AI può aiutare le forze dell'ordine a monitorare il web e i social per reprimere o prevenire reati, radicalizzazioni terroristiche. 
Ciò che viene ora da chiedersi, pertanto, è se tra gli impieghi “virtuosi” che potranno essere adottati con questo tipo di tecnologia ci siano anche delle possibilità a livello amministrativo, normativo e/o – addirittura – legislativo. La domanda, ammettiamolo, è (quasi) esclusivamente a titolo provocatorio, in quanto non sfuggono a nessuno le molteplici implicazioni di carattere giuridico e legale che scaturiscono dall'utilizzo di questo potente strumento, che forse nessuna giurisdizione sarà mai in grado di governare in maniera efficace, anche per via della sua natura inevitabilmente sfuggente, trattandosi di algoritmi in grado di evolvere e di auto-svilupparsi, riuscendo quindi a stare sempre un passo avanti rispetto alla mente di un singolo decisore. 
D'altro canto, tuttavia, non si può fare a meno di osservare come già oggi, a livello manuale, la produzione di normative, soprattutto a livello territoriale, avvenga spesso per imitazione (se non addirittura attraverso dei veri e propri processi di “copia e incolla”), con i legislatori che per risolvere problemi già affrontati altrove vanno a studiare le norme che sono state già adottate in altre sedi per provare a mutuarle nella propria realtà. Anche se questo viene fatto, finora, a livello “analogico”, cioè manuale, senza scomodare alcune cervellone digitale. Ma è anche per questo che tavolta i risultati sono tutt'altro che soddisfacenti.
Sta di fatto, comunque, che l'idea di poter applicare l'intelligenza artificiale nella scrittura di norme in sistemi altamente complessi, com'è per esempio quello del gioco pubblico, rappresenta qualcosa in più di una mera suggestione, lasciando intravedere delle notevoli opportunità. Soprattutto in questo momento storico, e specialmente in Italia: dove il comparto del gioco è caratterizzato da un'altissima complessità, dovuta a una storia ormai lunga e ad una lunghissima proliferazione normativa avviata già molto prima della legalizzazione e istituzione del settore del 2003. Si pensi dunque al notevole contributo che potrebbe essere fornito da tecnologie di questo tipo anche in ottica di riforma del settore e di sintesi delle norme vigenti per la definizione di quell'atteso Testo Unico dei Giochi di cui si parla (invano) ormai da diversi anni, ma che (deve) continua(re) a rappresentare un obiettivo finale. Pensando al disegno di legge delega appena presentato in Parlamento con cui il governo chiede di poter intervenire per riformare globalmente il settore, verrebbe davvero voglio di poter usare strumenti come ChatGpt, che consentirebbero, se non altro, di poter attingere dalle miglior best practices internazionali, per la definzione di nuove regole o per la modifica di quelle attuali. Ma, soprattutto, uno strumento così trasversale potrebbe consentire di arrivare alla soluzione di quel complicato rebus scaturito dalle norme reginali che sono andate ad “emendare” la Riserva di legge adottata dal Legislatore nei confronti del gioco pubblico, ma solo sulla carta. Oltre a poter garantire un'equità di trattamento tra diversi segmenti del comparto, o magari, anche tra diversi attori della filiera, oppure – meglio ancora – dal punto di vista fiscale e della tassazione applicata ai diversi giochi. Tanto per cominciare, ne siamo certi, se venissero date in pasto all'intelligenza artificiale tutte le normative vigenti in materia di gioco a livello internazionale, di certo una delle anomali che verrebbero subito messe in evidenza e risolte ci sarebbe quella dell'imposizione fiscale applicata agli apparecchi da intrattenimento: uno segmento del gioco in Italia ormai sottoposto a una tassazione “sul cassetto” invece che sul margine. Ma potrebbero essere risolti anche altri “rebus” legislativi, come quelli del passaggio a nuove tecnologie, sia in termini di costruzione dei giochi (Landbased o da remoto? Pensando ancora alle macchine da intrattenimento), che nell'utilizzo di nuovi sistemi di pagamento. E ancora: pensando al settore del puro intrattenimento, il cosiddetto Amusement, che nel nostro paese lamenta da sempre una disparità di trattamento e una sorta di ghettizzazione che non esiste altrove, nel mondo. Basterebbe poco, forse, con uno sturmento come ChatGpt, per arrivare alla definizione di regole in grado di far convivere tutti i principi che lo Stato italiano intende presidiare nell'esercizio dei giochi e che rappresenterebbero dunque alcuni dei capi saldi su cui istruire “l'algoritmo dei giochi”: tutela dei consumatori, sicurezza, ordine pubblico, contrasto a illegalità, libertà di impresa e così via. Concetti, questi, che potrebbero essere direttamente ripresi dal testo di legge delega che sembra avere chiari se non altro i principi e gli obiettivi di una corretta regolamentazione del comparto (sicuramente meglio rispetto alle possibili soluzioni).
Come già detto, e come vale la pena ribadire, l'impiego di questa tecnologia non potrà forse mai rappresentare un punto di arrivo per la definizione di nuove leggi, norme o provvedimenti amministrativi, sostituendosi agli attuali decisori. Ma potrebbe tuttavia rappresentare, un giorno, un punto di partenza: per esempio venendo utilizzato dai tecnici di governo e parlamento come strumento di supporto, a livello preliminare, per riuscire a sintetizzare anni di stratificazione normativa oltre che per l'analisi della coerenza con altre leggi e norme adottate in altri settori ma anche in altri paesi: per un'armonizzazione globale (come quella, peraltro, ricercata in ambito comunitario) e per la ricerca, come già suggerito, delle migliori pratiche a livello globale. Chissà cosa direbbe ChatGpt di questo suo possibile impiego a livello consultivo o legislativo? In questo caso, è sufficiente provare..
 

Altri articoli su

Articoli correlati