Diciott’anni e sentirli tutti. È la breve storia (triste) del comparto del gioco pubblico che ha iniziato il suo percorso di progressiva e definitiva regolamentazione (e professionalizzazione) nel 2003, con l’affidamento dell’incarico di ente regolatore all’allora Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (poi confluita nell’attuale Agenzia delle Dogane) e il contestuale avvio della rete degli apparecchi da intrattenimento. Dando vita così a una nuova forma di gioco di Stato, che andava ad affiancarsi a quelle già precedentemente normate, come le scommesse sportive o il bingo, costituendo una vera e propria industria. Facendo emergere - cosa ancora più importante - un intero mondo sommerso, rappresentato dai temibili “videopoker” che fino a quel momento proliferavano nell’intera Penisola in barba ai vari divieti di gioco d’azzardo e sfuggendo a ogni forma di controllo e di fiscalità.
Una storia breve, dunque, poiché recente, ma neanche troppo. Con il gioco pubblico che è diventato dunque maggiorenne. Anche se non se ne è accorto nessuno, o quasi. Come del resto nessuno sembra essersi accorto neppure dei risultati ampiamente positivi che hanno caratterizzato questo processo di regolamentazione ed emersione, che ha consentito al nostro paese non tanto di creare una nuova economia, quanto piuttosto di trasferire un’intera (ed enorme) economia sommersa verso il circuito legale. Portando preziosi denari nelle casse dello Stato, oltre a garantire sicurezza e legalità sia per i giocatori che per gli addetti ai lavori. Oltre a rendere il nostro paese un autentico punto di riferimento a livello mondiale proprio per quel modello di gestione e controllo del mercato che ha saputo creare e sviluppare nel tempo, ispirando nel tempo anche tanto altri paesi, in Europa e non solo. E scusate se è poco.
Tutti questi concetti, per quanto semplici da comprendere oltre che importanti, sono in realtà sotto gli occhi di tutti: anche se nessuno sembra volerli guardare, limitandosi semmai a focalizzare l’attenzione solo e soltanto sulle eventuali storture del sistema: che pure ci sono, ma rappresentano soltanto (e per fortuna) la parte estremamente minoritaria di un sistema super collaudato, iper-regolato e rigidamente controllato.
Tutto questo, comunque, è iniziato esattamente diciotto anni fa. Quale diretta conseguenza (a proposito di questioni ignorate) di una straordinaria attività parlamentare che aveva portato alla costituzione di una Commissione di inchiesta dedicata al gioco d’azzardo in Italia, dalla quale era emerso un quadro scioccante del nostro paese, caratterizzato da una presenza di circa 800mila videopoker sul territorio (perfettamente illegali, dunque) e di milioni (di lire) che già all’epoca venivano spesi in siti di gioco illeciti, quando la penetrazione di internet era ancora molto limitata, ma evidentemente sufficiente a muovere denaro verso società off shore e operatori border line. Uno scenario talmente inquietante che aveva imposto al Legislatore di intervenire attraverso la scelta di bonificare il territorio e metterlo in sicurezza, provando a far emergere quel mondo sommerso e a sfilarlo dalle mani della criminalità che fino a quel momento sguazzava nei proventi illeciti dovuti all’azzardo.
È quindi curioso, ma sano (e una volta tanto, pure coerente), che il Parlamento decida oggi, diciotto anni dopo, di ripetere quella stessa esperienza, andando a costituire una nuova Commissione di inchiesta dedicata al gioco, come da proposta del senatore Mauro Maria Marino (Iv-Psi) che ha puntato il tiro sul contrasto all'illegale, guardando anche al tema del riordino, considerandolo un obiettivo.
Secondo il senatore, come abbiamo riportato in anteprime su queste pagine, "desta particolare preoccupazione la dimensione crescente del gioco illegale, in cui, peraltro si radicano direttamente o indirettamente gruppi appartenenti alla criminalità organizzata”. Ma accanto a queste esigenze, secondo il senatore Pd, “vi è altresì la necessità di fornire una disciplina pubblica in relazione alla tutela dei soggetti più deboli e vulnerabili per contrastare fenomeni di dipendenza e ludopatia, ma anche in riferimento alla tutela della correttezza dell'offerta di gioco e di rispetto del principio di concorrenza tra tutti gli operatori”.
Tale Commissione avrà quindi il delicato compito di dare seguito alle esigenze esposte, prestando attenzione alla dimensione complessiva del comparto, che abbraccia la produzione, la commercializzazione, ma anche la gestione degli apparecchi da intrattenimento, così come la gestione del settore delle scommesse e delle lotterie istantanee. Ma soprattutto, cosa forse ancora più importante, “L'indagine condotta dalla Commissione, dovrà avere un più ampio respiro, nell'ottica di una razionalizzazione e revisione completa dell'intera disciplina, tenendo conto, tra i tanti aspetti, anche delle trasformazioni tecnologiche del sistema. Gli indirizzi così formulati dalla Commissione potranno altresì essere serventi rispetto alla redazione di un Testo Unico delle leggi in materia di gioco pubblico".
Che i tempi per un percorso di questo tipo siano maturi, è fin troppo evidente. Basti pensare alle esigenze di Riordino manifestate ormai da più parti e non solo dalla stessa industria: con il governo che ne ha più volte auspicato il debutto, seguito dal regolatore e da vari soggetti istituzionali. Regioni comprese: che in molti casi, nel gioco, non sanno più che pesci pigliare. O si pensi, ancora, all'esigenza attualissima di “riordinare” anche le varie concessioni in scadenza in questi mesi e ancora una volta soggette a inevitabili proroghe. Peccato però che al tempo stesso i tempi non sembrano ancora essere maturi guardando a un’altra parte delle politica: come evidenziano le varie levate di scudi mosse da alcuni esponenti parlamentari anche di fronte alla mera (e sacrosanta) richiesta di istituire una commissione sul gioco. Come se del settore non si debba neppure parlare. O, al massimo, se proprio ci si vuole occupare della materia, si può fare soltanto andando contro il sistema. Trasformando una risorsa dello Stato una una sorta di Nemico pubblico, come avviene appunto da diversi anni a questa parte. Per quanto assurdo possa sembrare, ma tant’è. E anche questo rientra nella storia contemporanea del nostro paese. Il risultato di questa visione ostinatamente contraria nei confronti del gioco ha dunque portato a una profusione di emendamenti alla proposta del senatore Marino, dove si chiede la qualunque. Pure di fronte a una richiesta che dovrebbe essere, semmai, a dir poco osannata da chi considera il gioco come un potenziale pericolo per la società, visto che si preoccupa di trovare una giusta regolamentazione del comparto e un corretto equilibrio, e non certo di favorire l’industria o chissà quale interesse che non sia quello pubblico e statale. Ma questa è l’Italia, (ancora) oggi. Con questi ultimi diciotto anni che sono serviti davvero a poco, dal punto di vista dell’emancipazione e della razionalità politica. Chissà se almeno qualcuno, in Parlamento, si sarà almeno accorto dell'esistenza dei lavori di quella precedente Commissione del 2003: se così non fosse, ecco quindi il nostro promemoria (neanche il primo, peraltro), a disposizione delle collettività. Visto che sfogliare gli atti di quel lunghissimo lavoro di indagine, risulta a dir poco illuminante. E magari potrebbe anche contribuire a stemperare gli animi degli oppositori, portando un po' di concretezza e razionalità, oggi più necessarie che mai per affrontare un vero percorso di riforma e di ricostruzione, visto che oltre ai “soliti” problemi che il comparto del gioco è abituato a dover subire e affrontare, questa volta si aggiunge anche la crisi senza precedenti provocata dalla pandemia, che rischia ancora di provocare la perdita di migliaia di posti di lavoro e la mostre di tanti imprese. Come ci aspettiamo che possa accadere anche in seguito ai lavori della futura Commissione, se mai riuscirà a partire (e nonostante le premesse).