Quando si tenta di curare, invece di prevenire
Nonostante i troppi segnali di declino delle politiche applicate dagli ultimi governi sui giochi, si continuano a rimandare le riforme: e i disagi esplodono.
Altro che carro davanti ai buoi. Non è certo questo il rischio che si corre nel nostro paese, tragicamente incline ad attendere l'esplosione completa dei fenomeni, prima di intervenire. Ricercando soluzioni, rimedi o palliativi, quando la stalla è ormai svuotata - rimanendo nella metafora. Vittima di un insopportabile malcostume politico capace di rimandare alla successiva legislatura ogni tentativo di riforma, invece di provare a governare in anticipo i cambiamenti, magari cercando di anticipare, talvolta, il culminare degli eventi. Cosa che non accade mai. Neanche per sogno. In un Paese che continua a vivere del culto del proprio passato, mostrandosi sempre più incapace di studiare il futuro. E, peggio ancora, di fare prevenzione. Il tema del gioco rappresenta la cartina al tornasole in grado di rivelare, forse meglio di qualunque altra materia, questo insostenibile modus operandi del nostro Legislatore. Sotto tutti gli aspetti. Vale per la distribuzione del mercato, con gli ultimi governi del tutto incapaci di intervenire nella razionalizzazione dell'offerta nonostante ne avvertano (e ne lamentino, pure) la necessità; ma vale anche dal punto di vista dei rischi di dipendenza patologica, rispetto ai quali, dopo anni di noncuranza e ripetuto lassismo, si arriva alla recente istituzione di un fondo specifico, in grado di raccogliere svariati milioni, la cui destinazione è ancora oggi del tutto incerta, soprattutto in termini di efficacia. Lo stesso registro si applica però anche in termini normativi e regolamentari, con il procastinarsi - ormai da più di un lustro - dei problemi sul territorio, con il Legislatore che non si è mai opposto alle norme locali che violavano il principio della Riserva di Stato, per un "quieto vivere" (e neppure troppo) che è finito col far esplodere quell'ormai insormontabile "Questione territoriale" (ad oggi, sono 17 le Regioni che hanno già emanato leggi restrittive nei confronti del gioco e oltre 150 i Comuni di medie e grandi dimensioni) che rischia non soltanto di far sparire il sistema legale del gioco, ma di generare anche qualche ammanco nelle casse statali, sempre più difficile da compensare. E se il denaro mancasse all'Erario perché rimasto nelle tasche dei cittadini o perché investito in prodotti o servizi meno "futili" rispetto a quelli del gioco, tanto meglio, si dirà. Ma il rischio che stiamo correndo - e si sta già concretizzando - è di far migrare soltanto la spesa in prodotti di gioco da un circuito lecito a quello illegale, spesso anche legato alla criminalità organizzata. Per un danno duplice e un'autentica beffa.