Gioco pubblico (e governo): un mese all'alba
Ancora un mese di attesa prima di conoscere il nuovo governo del paese: un tempo utile per risolvere, nel frattempo, i problemi dei giochi. Almeno in teoria.
Nella situazione di totale stallo in cui si trovano le istituzioni italiane in seguito al voto del 4 marzo e con la complicità delle festività pasquali (forse utile, in questa fase di caos), per scoprire chi conquisterà la prima poltrona di Palazzo Chigi, bisognerà attendere ancora un mese.
Prima dovranno essere espletate tutte le altre funzioni preparatorie: dalla registrazione di senatori e deputati in Parlamento (a partire dal 19 marzo), per poi passare alla prima riunione delle camere prevista per il 23 marzo e la successiva elezione dei due presidenti. Per poi giungere alla formazione dei gruppi parlamentari e, anche qui, dei rispettivi presidenti. Solo a questo punto, quando saremo ormai al 29 del mese, si avranno le dimissioni del premier Paolo Gentiloni che saranno seguite dalle Consultazioni al Colle, nei giorni che precedono la Pasqua. Soltanto dopo le festività, a partire dal 3 aprile, partiranno le visite delle delegazioni al Quirinale che dovrebbero portare il presidente della Repubblica ad affidare un incarico esplorativo, anche se non è dato sapere chi sarà il destinatario. Quello che è certo, tuttavia, è che il nuovo Esecutivo – tra affidamento dell'incarico, formalizzazione e richiesta di fiducia alle camere – non potrà essere operativo prima di lunedì 9 aprile. Ma non oltre, visto che il Documento di economia e finanza (def 2019) dovrà essere presentato in parlamento entro il 10 aprile.
Certo non ci si può attendere di veder risolta la cosiddetta "Questione Territoriale" che interessa il governo e gli Enti locali e quella presunta intesa dello scorso 7 settembre 2017 mai divenuta operativa: ma per le altre situazioni per le quali si attende da tempo un'azione conclusiva, potrebbe essere questo il momento giusto. O forse sarebbe più opportuno parlare di ultima spiaggia. Si pensi per esempio ai tanti provvedimenti che attendevano (in teoria) la mera approvazione formale da parte dei ministeri di riferimenti. Dal decreto di emanazione delle Awp “da remoto”, al contingentamento delle slot, alla gara per il Superenalotto: fino ad arrivare all'implementazione della liquidità condivisa per il gioco online, con la definitiva adesione del nostro paese ai protocolli internazionali già adottati in altre nazioni (peraltro su nostra proposta, tanto tempo fa).
Ma se il conflitto tra Stato ed enti territoriali non può essere risolto in via definitiva e a livello generale da parte dell'esecutivo, è pur vero che le situazioni più estreme potrebbero comunque essere affrontare, gestite e magari anche arginate in questi giorni, a livello locale. Non sfugge a nessuno, in effetti, che tra le ragioni che hanno impedito un intervento degli amministratori regionali o comunali, nelle ultime settimane, c'era in prima posizione proprio lo svolgimento della campagna elettorale che impediva ai partiti di correre passi falsi e, quindi, non consentiva ai vari rappresentanti dei territori di intervenire su una materia così scivolosa come quella del gioco pubblico, anche laddove se ne manifestava la piena necessità. Lo abbiamo visto (e ascoltato, pure) in maniera chiara e trasparente (seppure sconfortante) nei giorni scorsi: per esempio in Piemonte, dove le richieste degli addetti ai lavori erano state rimandate a “dopo il 4 marzo”. E nonostante il clima di totale incertezza di cui parlavamo poco fa condizioni inevitabilmente l'intero panorama politico e istituzionale del paese, anche a livello locale, è pur vero che i vari rappresentanti politici non hanno praticamente più nulla da perdere. Almeno per quelli che non osavano affrontare la materia per paura di dover “scontare” questa iniziativa in termine di consensi (nonostante il coinvolgimento in prima persona dell'attuale governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino, nella rifondazione del suo partito, che lo vedo proiettato al vertice), sapendo che il Movimento 5 Stelle avrebbe lanciato strali e movimentato campagne mediatiche contro eventuali “aiuti al settore”: anche se si sarebbe trattato, al massimo, di interventi mirati a scongiurare la chiusura di imprese e, quindi rivolti ai cittadini.