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L’Italia è ancora un esempio in Europa sul gaming

01 febbraio 2016 - 08:31

Mentre in Italia il modello di regolamentazione del gioco pubblico è soggetto a critiche feroci, lo stesso sistema viene esaltato in Europa come riferimento.

Scritto da Alessio Crisantemi

 


Che il modello di regolamentazione del gioco pubblico italiano sia da tempo al centro di forti critiche e contrasti, a livello politico e istituzionale (e mediatico, soprattutto), non è una novità. Al punto che Governo e Parlamento si sono visti costretti ad intervenire sulla materia, promettendo un riordino generale del comparto. Attraverso la (perduta) Legge Delega prima, e con la 'concertazione forzata' imposta dalla Legge di Stabilità 2016, poi. Con la (difficile) mediazione tra Stato centrale ed Enti Locali da ritrovare in sede di Conferenza unificata entro il prossimo 30 aprile. Almeno sulla carta.

Eppure, nello stesso momento in cui da noi si continua a criticare il sistema del gioco – gridando addirittura allo scandalo -, a qualche centinaio di chilometri di distanza quello stesso modello di regolamentazione viene esaltato come riferimento a livello internazionale. E non tanto – si badi bene – per via dello sviluppo del mercato e delle capacità dimostrate dal punto di vista del business - che comunque mal si sposerebbero con le osservazioni di carattere politico e sociale – ma per via del successo che l’approccio adottato dal nostro Legislatore ha avuto – seppure a fatica - in termini di controllo del mercato (quindi di sicurezza) e di emersione del sommerso. Per notevoli benefici non solo per le imprese che operano in questo mercato, ma anche, e soprattutto, per i consumatori finali, ovvero i cittadini. Quindi, di conseguenza, il successo è dello Stato. Salvo poi, probabilmente, non rendersene più nemmeno conto.

Una storia importante, fondamentale anzi, che merita risalto e che dovrebbe essere approfondita soprattutto nel nostro paese, dove non c’è una coscienza collettiva di quello che è stato fatto intervenendo sulla regolamentazione del gioco. Il risultato, invece, viene celebrato all’Ice di Londra - la fiera internazionale del gaming che rappresenta l’evento più importante al mondo per l’industria - che ospita un Seminario dedicato alla nostra realtà. E, in particolare, al segmento del gioco online. Sì, perché proprio questo settore ha intrapreso negli anni - e in maniera più specifica negli ultimi due – un percorso di regolamentazione più stringente che ha avuto risultati straordinari. Grazie all’accordo ottenuto dai Monopoli di Stato con le multinazionali che forniscono giochi online ai distributori, mirato all’interruzione della fornitura di servizi di gioco a quei siti non titolari di concessione nel nostro paese – quindi illegali -, negli ultimi mesi c’è stata una migrazione generale di tante società verso il circuito legale italiano, con nuoci operatori entrati sul mercato nazionale in maniera finalmente legittima. Cosa che, oltre a portare nuovi denari nelle casse dello Stato con l’ingresso di nuovi player nel sistema, ha comportato anche una crescita della raccolta sui giochi online. E non per il fatto che siano aumentati il numero di giocatori in Italia (come confermano i numeri dei conti di gioco attivi) bensì per il fatto che quei tantissimi giocatori che continuavano a puntare denaro verso siti non regolari, ora non devono (o non possono) più farlo, spostando quindi i loro 'investimenti' su piattaforme lecite e contabilizzate dal nostro Tesoro. Guardando i dati del segmento online, emerge chiaramente questo palese trionfo della legalità: con una crescita che raggiunge anche il 30 percento su alcuni giochi.
Ed è proprio per il raggiungimento di questi scopi che lo Stato, ormai più di dieci anni fa, decise di intervenire con una regolamentazione dei giochi, creando un’offerta legale. Certo, è evidente, col passare del tempo ci ha preso pure la mano, arrivando a un’offerta sempre più spinta e ad una distribuzione evidentemente eccessiva. Ma su questo si può ancora rimediare. L’importante è capire che deve essere mantenuta un’offerta legale e che questa sia sempre adeguata alla realtà. Quando fu introdotto il gioco online in Italia, le stime parlavano di miliardi di lire che fino a quel momento venivano spese dagli italiani in siti di gioco off shore, in assenza di tutele. E se il settore del gioco online, dopo il vero e proprio ‘boom’ degli ultimi anni, rappresenta ancora oggi appena il 4% della raccolta complessiva dell’intero comparto e, quindi, dei ricavi per il nostro Paese, dovrebbe essere evidente come lo scopo del Legislatore sia proprio quello di mantenere un presidio sulla rete e sull’offerta e non certo quello di fare cassa, visto le somme esigue che transitano per la rete.
 
Il Seminario di Ice è quindi l’occasione per ripercorrere questo straordinario percorso insieme ai protagonisti (e, in particolare, al dirigente dei Monopoli di Stato, Francesco Rodano, che ne è stato l’autore), con l’auspicio che anche in Italia ci si possa rendere conto di questo risultato. Con l’accortezza di ricavarne l’ulteriore riflessione riguardo all’universalità del risultato o, meglio, dell’approccio. Perché il modello adottato per il gioco online è lo stesso che viene impiegato per il resto del gioco, anche sul canale fisico. Con tutte le diversità del caso e le varie difficoltà, non c’è dubbio, Ma sempre degli stessi principi e obiettivi si sta parlando. Di questo ci dovremmo rendere conto, come se ne sono resi conto, da sempre, gli altri legislatori internazionali che continuano a considerarci un punto di riferimento. Sperando che un giorno si possa capire anche qui. Nemo propheta in patria, dicevano i latini. Ed è un fatto storico, nella nostra cultura, non solo evangelico. Ma è proprio questa, oggi, la vera sfida.
 

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