L’Italia è ancora un esempio in Europa sul gaming
Mentre in Italia il modello di regolamentazione del gioco pubblico è soggetto a critiche feroci, lo stesso sistema viene esaltato in Europa come riferimento.
Che il modello di regolamentazione del gioco pubblico italiano sia da tempo al centro di forti critiche e contrasti, a livello politico e istituzionale (e mediatico, soprattutto), non è una novità. Al punto che Governo e Parlamento si sono visti costretti ad intervenire sulla materia, promettendo un riordino generale del comparto. Attraverso la (perduta) Legge Delega prima, e con la 'concertazione forzata' imposta dalla Legge di Stabilità 2016, poi. Con la (difficile) mediazione tra Stato centrale ed Enti Locali da ritrovare in sede di Conferenza unificata entro il prossimo 30 aprile. Almeno sulla carta.
Eppure, nello stesso momento in cui da noi si continua a criticare il sistema del gioco – gridando addirittura allo scandalo -, a qualche centinaio di chilometri di distanza quello stesso modello di regolamentazione viene esaltato come riferimento a livello internazionale. E non tanto – si badi bene – per via dello sviluppo del mercato e delle capacità dimostrate dal punto di vista del business - che comunque mal si sposerebbero con le osservazioni di carattere politico e sociale – ma per via del successo che l’approccio adottato dal nostro Legislatore ha avuto – seppure a fatica - in termini di controllo del mercato (quindi di sicurezza) e di emersione del sommerso. Per notevoli benefici non solo per le imprese che operano in questo mercato, ma anche, e soprattutto, per i consumatori finali, ovvero i cittadini. Quindi, di conseguenza, il successo è dello Stato. Salvo poi, probabilmente, non rendersene più nemmeno conto.
Ed è proprio per il raggiungimento di questi scopi che lo Stato, ormai più di dieci anni fa, decise di intervenire con una regolamentazione dei giochi, creando un’offerta legale. Certo, è evidente, col passare del tempo ci ha preso pure la mano, arrivando a un’offerta sempre più spinta e ad una distribuzione evidentemente eccessiva. Ma su questo si può ancora rimediare. L’importante è capire che deve essere mantenuta un’offerta legale e che questa sia sempre adeguata alla realtà. Quando fu introdotto il gioco online in Italia, le stime parlavano di miliardi di lire che fino a quel momento venivano spese dagli italiani in siti di gioco off shore, in assenza di tutele. E se il settore del gioco online, dopo il vero e proprio ‘boom’ degli ultimi anni, rappresenta ancora oggi appena il 4% della raccolta complessiva dell’intero comparto e, quindi, dei ricavi per il nostro Paese, dovrebbe essere evidente come lo scopo del Legislatore sia proprio quello di mantenere un presidio sulla rete e sull’offerta e non certo quello di fare cassa, visto le somme esigue che transitano per la rete.