Manovra 2020: l'antitesi del riordino
Mentre il governo promette il Riordino del gioco pubblico, nella stesura della manovra propone nuove misure e aumenta la complessità: pur dimostrando di conoscere bene i problemi.
Se il governo spendesse soltanto un decimo del tempo e delle energie che impiega nella ricerca di nuove risorse dai giochi per l'attuazione di riforme strutturali, ecco che ci troveremmo con una larga parte di quell'annunciato Riordino praticamente già realizzato. O, meglio, dovremmo più correttamente dire: “i governi”, visto che le stesse considerazioni che si possono fare per l'attuale Esecutivo valgono anche per gli ultimi cinque o sei che si sono susseguiti nel tempo a Palazzo Chigi. Solo che a promettere un vero e proprio riordino del comparto, mettendolo addirittura nero su bianco, sono stati gli ultimi due, entrambi guidati dal premier Giuseppe Conte, dopo i lavori di “razionalizzazione” avviati dal governo Renzi prima, e da quello Gentiloni poi, nella precedente legislatura. Ora, dunque, sarebbe quanto meno lecito aspettarsi che la promessa venga mantenuta, prima o poi. Anche se, chissà perché, la maggior parte delle persone che operano nel comparto non si aspetta granché neppure stavolta: dopo aver assistito a fin troppe promesse non mantenute dai vari governi e dalla politica più in generale: e non solo rispetto ai giochi.
Sta di fatto però che il settore non può più andare avanti in queste condizioni e a sentire l'esigenza non sono più soltanto gli addetti ai lavori, ma ormai anche le amministrazioni locali – Regioni e Comuni – che sul tema del gioco non sanno più che pesci pigliare, dopo una serie di cambiamenti e sovrapposizioni normative che rendono sempre più necessaria non soltanto la razionalizzazione ma anche una vera e propria semplificazione, che passi, magari, anche attraverso l'adozione di un Testo unico dei giochi. Tanto più che a rincarare la dose, aumentando la complessità, sono i continui e ripetuti interventi che i governi continuano ad attuare nei confronti del settore, aggiungendo, di manovra in manovra (e non solo) ulteriori misure: quindi altre norme, e ulteriore complessità. Rendendo pressoché attuabile anche le questioni più semplici. Dalla mera indizione di una gara pubblica (come quella per il rinnovo delle concessioni di scommesse e bingo, prorogate di anno in anno), all'introduzione di una nuova generazione di slot, fino alla riscossione di un contributo “extra”, come quello dei 500 milioni richiesti alla filiera con la Stabilità del 2015, non ancora saldato e alle prese, quattro anni dopo, con una serie di contenziosi di difficile soluzione.
Basterebbe applicare la stessa buona lena e dedicare appena qualche giornata in più alla stessa materia, per arrivare al compimento di una vera riforma del settore che possa essere degna di tale. Magari aggiungendo anche un iter di concertazione con la filiera, o una pubblica consultazione, per evitare di attuare una riforma monca o peggio ancora non efficace, tenendo sempre conto dell'ormai altissima complessità e vastità della materia. Eppure, se il governo avrà la forza, la voglia e il coraggio di avviare un percorso di questo tipo, allora sì che sarà molto più semplice anche individuare nuove e ulteriori forme di entrate per le casse erariali. Diversamente, sarà sempre più difficile e rischioso procedere con l'introduzione di nuove misure, che rischiano soltanto di strangolare gli operatori legali, senza benefici in termini fiscali, né tanto meno sotto il profilo della legalità e, quindi, del contrasto all'evasione. Per un vero e proprio autogol, che non sarebbe certo il primo: ma adesso non possiamo più permettercelo. Per il bene del paese e non solo per quello dell'industria e delle sue imprese.