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Quel cambio di passo urgente e necessario

01 aprile 2019 - 10:01

Il vice premier Matteo Salvini parla di “un cambio di passo” necessario per invertire la rotta, che diventa sempre più urgente. Soprattutto sui giochi.

Scritto da Alessio Crisantemi

Si fa presto a dire crescita. Altra cosa, invece, è crescere davvero. Non può certo bastare un decreto legge (né tanto meno il suo annuncio) dal titolo sedicente e senza dubbio accattivante come quello del “Dl Crescita”, appena sbandierato dal premier Giuseppe Conte, per fare in modo che il paese possa ripartire, invertendo la rotta. Eppure, sembra essere proprio questa l'unica “strategia” celata dietro alle parole del titolare di Palazzo Chigi, pronunciate in occasione del Festival dell’economia di Firenze. Dove ha spiegato che “le riforme già varate” dal suo governo “sono nulla rispetto a quello che ancora faremo”. Un intervento che a qualcuno ha fatto pensare a un possibile pesce d'aprile, per inaugurare in allegria la settimana e il nuovo mese: invece no. E' tutto vero. E, del resto, in perfetta coerenza con altri provvedimenti precedenti, come il celebre decreto Dignità, che di certo non ha innalzato il livello o la diffusione della dignità tra i cittadini, ma ha funzionato al meglio dal punto di vista della comunicazione, evidentemente.

Accanto alle parole del premier, tuttavia, hanno fatto notizia anche quelle pronunciate nella stessa sede dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che ha escluso una manovra correttiva (“nessuno ce la chiede”, dice), confermando che in questi giorni si approveranno le “misure necessarie per contrastare la stagnazione, spero anche prima del Documento di economia e finanza”.
Con le malelingue ( o i “gufi”, per dirla con Matteo Salvini, ricordando un altro Matteo) che vedono la possibilità di trovarsi una manovra correttiva mascherata da dl crescita, oppure, peggio ancora, il semplice rimando della “finanziaria aggiuntiva” al seguito delle elezioni europee. Del resto lo stesso governo aveva anche rassicurato l'Italia e l'Europa – più e più volte – che quest'anno ci sarebbe stata una crescita e che il disavanzo si sarebbe attestato al 2,04 percento, come faticosamente concordato con Bruxelles alla fine dello scorso anno. Salvo poi rendersi conto, già oggi, che quell'obiettivo è diventato presto irraggiungibile, insieme alla crescita all’1 percento fissata come obiettivo dopo la “riscrittura europea” della manovra. Ma a quanto pare, meglio non dirselo.
Quello che invece viene “osservato” (ammesso?) dal ministro dell'Economia è che “la parte più produttiva dell’Italia è ferma”, aggiungendo tuttavia che nel paese “c’è voglia di fare, non di piangere”. Ed è proprio quello che pensano le imprese e gli imprenditori, come evidenziato anche dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia (intervistato a “Mezz'ora in più” su Rai 3), il quale con spiccata lucidità ha osservato come nella maggioranza ci sono grandi divergenze su molte questioni, invitando poi il governo a “superare i conflitti” e a impegnarsi al massimo per il rilancio del Paese. Tra le prese di coscienza dell'ultima ora, va registrata anche quella del vice premier Salvini, il quale dice che “per andare avanti serve un cambio di passo, non si tratta solo di un chiarimento". Anche alla luce delle troppe divergenze con gli alleati di governo del 5 Stelle. Lasciando prefigurare una malcelata volontà di staccare la spina all'attuale Esecutivo, sulla spinta del crescente consenso che proviene dal territorio. 
In questo scenario di grande confusione e totale incertezza in cui si trovano il paese, (soprav)vivono gli operatori del gioco pubblico. Preoccupati, come il resto del paese, per il proprio futuro, oltre a quello dell'economia nazionale. A differenza di ogni altro lavoratore e di ogni altri cittadino, però, per un addetto ai lavori di questo angusto comparto, non c'è alcuna dignità promessa né invocata, e neppure alcuna speranza di futuro: tra continui rincari, bavagli ingiustificati (leggi: decreto Dignità) e obiettivi traditi. Primo su tutti, quello del Riordino. Annunciata, anche questo, e mai attuato. E neppure affrontato. Se c'è qualcosa che continua a mancare, dunque, è proprio questa: la mancanza di riforme degne di tale nome. L'unico punto, probabilmente, che accomuna il comparto del gioco pubblico alle altre filiere produttive nazionali e alle esigenze della cittadinanza più in generale. 
Ha ragione da vendere, dunque, il ministro Salvini, quando parla di un cambio di passo necessario. E urgente, aggiungiamo noi. Perché ogni mese che passa rischia di essere fatale per determinate categorie di imprese e lavoratori: proprio come sta accadendo a quelle del gioco pubblico, imbrigliate dalla mancanza di riforme e, in molti casi, ormai sull'orlo del baratro. Si pensi per esempio al caso delle imprese di gestione del Piemonte, strangolate da una legge regionale di cui tutti – senza eccezioni – hanno ormai compreso l'assurdità, ma rispetto alla quale si è scelto di non intervenire, con la politica locale preoccupata dei soli riflessi elettorali di qualunque iniziativa, e quella “nazionale” che non si pone neppure il problema. Come se l'annuncio di un riordino possa servire a riordinare davvero un settore. Invece, non è così. Proprio come nel caso della crescita.

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