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Riforma giochi: il governo lavori, il parlamento recuperi

08 maggio 2017 - 09:27

Mentre il governo è al lavoro per completare l'interminabile riforma sui giochi, il Parlamento è chiamato a recuperare gli errori commessi.

Scritto da Alessio Crisantemi

 

L'intesa è vicina. O almeno così pare, stando alle parole del sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, ma anche a quelle dei rappresentanti degli enti locali, che in più di un caso si sono detti favorevoli alle nuove proposte avanzate dal governo in Conferenza Unificata. Non tutti, però. Se l'Anci, da un lato, ha espresso più di un endorsement nei confronti delle ultime iniziative politiche descritte dall'Esecutivo in rappresentanza dei Comuni italiani, alcune Regioni – e in particolare la Lombardia – hanno mostrato ancora una volta delle perplessità nei confronti del piano governativo. Senza contare le varie levate di scudi che provengono da soggetti non istituzionali in rappresentanza del cosiddetto terzo settore e dei consumatori (da 'Mettiamoci in gioco', al Codacons, e altri).

Al punto da far sembrare la soluzione definitiva meno scontata di quanto l'abbiano descritta la scorsa settimana i rappresentanti di comuni e governo. Del resto, come indicato dalla “solita” Viviana Beccalossi, non è chiaro come il governo possa proporre in modo credibile un piano di riduzione del gioco sul territorio mirato a ridurre la spesa dei cittadini, quando si è appena impegnato nei confronti dell'Europa nel reperimento di nuove risorse economiche che dovrebbero provenire proprio dal mercato dei giochi, e in particolare dagli apparecchi da intrattenimento.
Al punto che il (presunto) traguardo fissato alla settimana corrente, per trovare la quadratura del cerchio e finire dall'interminabile impasse sui giochi, rischia di apparire ancora una volta come una chimera. Con la Riforma del comparto destinata a diventare una delle tante (troppe) leggi promesse, annunciate, spesso “appuntate al petto come medaglie” - come evidenziato nei giorni scorsi da Il fatto quotidiano, in un articolo a cura di Tommaso Rodano -  “poi dimenticate in qualche commissione per mesi o per anni”. Ricordando come molte leggi e riforme proposte dal precedente governo e poi riprese – teoricamente – da quello attuale, sono ancora ferme. E se l'uscita di Matteo Renzi ha inevitabilmente congelato i lavori parlamentari, il cambio della guardia con Paolo Gentiloni non ha portato alcun cambiamento: tra le leggi arenate a Palazzo Madama ha visto la luce solo il decreto sulla Protezione civile. Mentre le altre sono ferme ai box. Dalla legge sul Conflitto d’interessi, a quella sullo Ius Soli, passando per il Reato di Tortura, la Legge sui partiti , quella sull’Omofobia, sul Cyberbullismo o sul Codice antimafia. Tutte promesse ancora non mantenute, nonostante siano state proclamate come riforme in dirittura di arrivo e il segnale di un'Italia che riparte e che cambia verso. Salvo poi rimanere tutto come prima. Il gioco pubblico è uno di quei settori vittima del “riformismo presunto” e soltanto annunciato. Anche se nel novero delle mancate riforme ripercorso dal quotidiano nazionale, quella dei giochi non viene assolutamente citata, per un altro segnale evidente di come tale settore non venga ancora considerato come un vero e proprio comparto economico e industriale: se non dal Fisco, il quale, al contrario, continua a ritenerlo una risorsa preziosa, attingendo sempre più dalle casse di questa filiera per provare a far quadrare i conti. Come accade ancora oggi con la manovra correttiva. Solo che stavolta i conti sono destinati a non tornare, per una serie di problemi aggiuntivi che si andrebbero a sommare a quelli che il governo si trova già oggi ad affrontare in sede nazionale ed europea. Sì, perché come si sforzano di dimostrare in queste ore le associazioni di categoria, le stime fin troppo ottimistiche realizzate da Palazzo Chigi sulla “manovra-bis” riguardo ai giochi, non tengono conto dell'inevitabile perdita di appeal che sarà causata dall'ulteriore inasprimento fiscale e, soprattutto, dell'impoverimento delle imprese che non saranno più in grado di competere e rimanere sul mercato. Rischiando letteralmente di far saltare il banco. Le sigle del comparto proveranno in queste ore a descrivere le proprie perplessità e i rischi per il paese legati all'adozione della manovra alla Camera dei Deputati, attraverso una serie di audizioni dedicate alla materia, con il Parlamento che viene quindi chiamato a correggere gli errori commessi dall'Esecutivo, per arrivare alla definizione di una serie di misure che possano risultare sostenibili per la filiera e, solo a quel punto, proficue per lo Stato. Per l'Erario e per i cittadini.

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