Ripartire diventa un dovere: e vale anche per i giochi
Dopo il via libera per la riapertura dei confini regionali e i dati dei contagi, il blocco delle attività diventa anacronistico e da revocare. Adesso è possibile.
“Il blocco non ha più senso". E' la frase, attribuita al premier Giuseppe Conte di fronte ai dati del ministero della salute sull'andamento dei contagi (così titolava il quotidiano Repubblica del 29 maggio), che meglio caratterizza la settimana che si è appena conclusa. Introducendo alla perfezione anche quella corrente, che si focalizza inevitabilmente sul tema delle riaperture. Non soltanto su quelle dei confini regionali, che verranno (finalmente) superati a partire da mercoledì 3 giugno, per un tema che si può ormai dato per assodato: adesso l'attenzione si sposta su quelle attività che non hanno ancora potuto aprire i battenti e che non potranno farlo – legge alla mano – fino al prossimo 15 giugno. Come da ultimo decreto del presidente del consiglio dei ministri. Tra queste, come noto, c'è anche il gioco pubblico: vittima – al solito – di speculazioni, stravolgimenti e cattive letture, che lo hanno posizionato in fondo alla lista della ripartenza, al di là di ogni possibile dubbio rispetto ai requisiti di sicurezza, ordine pubblico e opportunità. A guidare la (mancata) ripartenza dei giochi è stata, probabilmente, una mera logica di comunicazione. Come se l'unica cosa che si volesse evitare fosse quella di far scrivere i giornali che si poteva tornare a giocare, per timore di andare incontro a chissà quale critica. Nonostante i protocolli di sicurezza proposti dalle associazioni di categoria abbiano ampiamente dimostrato che ci sono tutte le condizioni per far ripartire i giochi in totale sicurezza e, probabilmente, anche con livelli maggiori rispetto ad altre attività che hanno già rialzato la saracinesca. E come se le ragioni economiche e occupazionali non fossero sufficienti a giustificare un via libera insieme alle altre attività. Senza contare, poi, le ulteriori ragioni – tutt'altro che banali – in termini di sicurezza, tutela dei consumatori e della legalità, che richiedono un urgente ripristino della rete del gioco legale. Tutta una serie di motivazioni sistematicamente ignorate dall'esecutivo e da ogni altro apparato dello Stato, al punto da lasciare i giochi sospesi e senza neppure alcun tavolo di confronto. Nonostante qualche timido accenno da parte di qualche governatore regionale, che ha evidentemente a cuore la tenuta sociale e occupazionale del proprio territorio: ma nulla che sia servito – ad oggi – ad avviare un percorso di ripartenza del comparto.
Adesso però il momento è arrivato. Con le parole del premier Conte che dovrebbero fungere da propulsore per far ripartire tutto quello che è ancora in lockdown: visto che il blocco non ha davvero più senso di esistere. E avrà ancor meno senso proprio a partire dal 3 giugno, quando i cittadini saranno liberi di spostarsi in qualunque parte della Penisola, per qualunque ragione. E non si capisce perché non dovrebbero tornare a giocare. A puntare su una scommessa o intrattenersi in qualunque modo, visto che tutto questo si può fare in sicurezza.