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Sospendere i giudizi, non il gioco e la legalità

05 luglio 2021 - 07:55

Nel momento della ricostruzione dell’economia e della ripartenza, occorre lucidità e responsabilità per gestire fenomeno complessi come il gioco a partire dalle Regioni.

Scritto da Alessio Crisantemi

“Favorire la crescita economica dell’Italia”, “contribuire alla fiscalità interna e alla tutela degli interessi finanziari del Paese e dell’Unione Europea, provvedendo alla riscossione di tributi specifici e alla lotta all’evasione e alle frodi”, “esercitare il ruolo di presidio dello Stato, tutelando il cittadino attraverso il contrasto agli illeciti, garantendo gli interessi dell’Erario attraverso la riscossione dei tributi”, “concorrere alla sicurezza e alla salute dei cittadini”. Alzi la mano chi può dichiararsi contrario a questi importanti e imprescindibili obiettivi, soprattutto in politica o tra le istituzioni. Difficile pensare che chiunque abbia a cuore il destino di un paese e dei suoi cittadini possa non guardare con favore a questi impegni e al raggiungimento di certi obiettivi. Eppure è ciò che accade ogni volta che si sceglie di scagliarsi contro il settore del gioco o pubblico o, peggio ancora, quando si decide di intervenire - magari attraverso leggi di carattere locale - limitando la circolazione dell’offerta di Stato, che coincide esattamente con l’opporre resistenza rispetto al raggiungimento degli scopi sopra indicati. Si, perché quegli stessi obiettivi che abbiamo poc’anzi elencato sono quelli perseguiti dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nell’esercizio del suo ruolo di regolatore e controllore del comparto, come è stato ribadito e messo nero su bianco, ancora una volta, dal suo Direttore generale stilando il “Piano della performance per il 2021-2023 condiviso nel giorni scorsi con il Ministero dell’Economia.

Non si tratta però di nuove azioni o di nuovi impegni che intende assumersi il regolatore per i prossimi anni (la novità, semmai, sta nelle modalità e strumentazioni nel perseguirli), ma di quegli stessi principi e scopi che avevano portato ilLegislatore, nel 2003, a costituire l’offerta di Gioco Pubblico affidandone il controllo al Monopolio.

Peccato però che ad accorgersene siano stati davvero in pochi, al di fuori dell’industria e della sua filiera distributiva. Forse anche per colpa di qualche carenza da punto di vista della comunicazione, che non ha reso di dominio pubblico tutti gli sforzi compiuti questi anni e neppure gli straordinari risultati fino oggi ottenuti. Ma se tali risultati continuano a sfuggire anche (e sopratutto) agli occhi di esponenti politici e istituzionali - o peggio ancora dei governatori regionali - il discorso è diverso. E senz’altro più grave. Al punto che la colpa di tali “sviste” diventa oggi un pesante fardello con il quale si devono confrontare non (più) soltanto gli addetti ai lavori del settore, ma anche ci stessi cittadini. Basta guardare cosa sta accadendo in quei territori storicamente (e ostinatamente) più ostili nei confronti del gioco come il Piemonte, dove l’amministrazione locale ha praticamente interrotto ogni attività legislativa delle ultime settimane per affrontare un’improbabile “discussione” sulla (non)regolamentazione del gioco, che si è tradotta in una serie di sedute “full immersion”, ma prive di qualunque vero dibattito e scariche di argomentazioni, dopo che una parte della politica locale si è resa conto del tragico errore che si sta per compiere dando definitiva attuazione alla legge approvata ormai cinque anni fa è pronta oggi ad entrare completamente in vigore. Andando così a provocare la morte di tante imprese e non solo a tradire tutti gli obiettivi e principi sopra esposti. Tutto questo, per giunta, proprio nel momento più difficile nella storia dell’economia nazionale e globale e con il paese in preda a un rischio occupazionale dalle proporzioni immani.

Ebbene, se nessuno tra questi politici locali che continuano a inveire contro il gioco riesce a cambiare idea, non accettando di dare campo l’obero al gioco, bensì di gestire il fenomeno senza alterarne le potenzialità in termini di presidio di sicurezza e legalità, sarà a questo punto da ritenere doppiamente colpevole. Visto che la legge non dovrebbe ammettere ignoranza, soprattutto da chi è chiamato a scriverla, o ad approvarla, anche solo a livello locale. Eppure, basterebbe poco. Sarebbe sufficiente sospendere il proprio (pre)giudizio, spesso ideologico e più personale che legato a una vera e propria linea politica - eccezion fatta per il Movimento 5 Stelle e di quel che ne resta a livello generale - e iniziare a occuparsi di tutte quelle cose che contano davvero, e oggi più che mai, rispetto alle quali i cittadini si attendono risposte (che anche in questo caso, peraltro, dovranno il più concrete possibile). Lasciando al governo e al parlamento il compito e il dovere di riorganizzare l’offerta di gioco sull’intero territorio nazionale, attuando quelle riforme che continuano a farsi attendere e di cui si sente oggi ancora più l’urgenza e non solo l’esigenza. Del resto, nel percorso di riordino promesso (più volte) dall’esecutivo è già previsto anche un ruolo - tutt’altro che marginale - per gli enti locali, chiamati ad esprimere il proprio parere mettendo in luce le loro preoccupazioni e necessità. E tanto dovrebbe bastare a superare le divisioni all’interno di quelle giunte regionali oggi divise nell’adozione o meno di una proroga o modifica delle proprie leggi locali, rimandando il “problema” all’indomani del riordino. Magari anche sollecitandone l’attuazione. Facendo, in questo modo, un favore a tutti, a partire dai propri cittadini ed elettori, e un vero servizio al paese.

Il Piemonte ha l'opportunità di invertire la rotta proprio in questi giorni, nella settimana più “calda” dell'intera storia del gioco pubblico e a cinque anni dall'entrata in vigore della legge regionale, con le varie forze politiche che sono dunque chiamate a un gesto di buon senso e non solo di responsabilità, che non avrebbe neppure nulla di clamoroso, visto che alla stesso “soluzione tampone” sono già arrivate altre regioni, dove erano stati commessi gli stessi errori o le stesse (gravi) “leggerezze” nei confronti del settore. Come pure, del resto, si stanno studiando percorsi simili anche sugli altri territori come il Lazio e (si spera) l'Emilia-Romagna. Evitando, di fatto, che alcuni pezzi dello Stato possano remare contro gli obiettivi dello Stato stesso. Perché di questo, in estrema sintesi, si tratta: se non fosse ancora chiaro a tutti.

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