skin
Menu

Un compromesso obbligatorio, ma si poteva evitare

17 dicembre 2018 - 09:51

Ore di concitazione, per il governo e per il paese, in vista della trattativa finale con Bruxelles per raggiungere un “compromesso obbligatorio”: lo stesso che andrà trovato sui giochi.

Scritto da Alessio Crisantemi

Sono ore di attesa e di particolare concitazione quelle che caratterizzano gli ultimi giorni dell'anno corrente, in vista della stesura definitiva della Manovra di bilancio per il 2019 che impone il raggiungimento di un “compromesso obbligatorio”, tra le due forze di governo e, soprattutto, tra l'Italia e l'Europa. Dopo il tira e molla con Bruxelles che ha portato il nostro Esecutivo a cedere su gran parte delle misure promesse in campagna elettorale, costringendo i leader di Lega e Cinquestelle e il premier Conte – addirittura – a una vertice notturno e pure domenicale, pur di trovare una quadra. Che alla fine sembra essere stata individuata. Provando a mettere in ordine i conti, dovendo cedere alle richieste dell'Europa.

Mentre in molti si iniziano a chiedere se valeva davvero la pena condurre questo estenuante braccio di ferro con Bruxelles, tenendo conto della forte instabilità che ha condizionato i mercati in questi ultimi mesi e settimane, qualcun altro sentenzia più direttamente che il governo avrebbe dovuto pensarci prima, invece di portare la nave alla deriva, fino a farla incagliare contro lo scoglio dell'Europa. Ma tant'è. 
E lo stesso sembra accadere, più in piccolo, nel settore del gioco pubblico. Anche qui, dopo annunci, proclami e provvedimenti infelici (in primis: il decreto Dignità, che ha causato il vero declino del settore, ma non solo), il governo si vede costretto a raggiungere un altro compromesso obbligatorio. Rimandando a chissà quando il Riordino generale promesso in agosto (con la speranza, anzi, di leggere un nuovo termine tra le pieghe della manovra o di un altro dei provvedimento in discussione in Parlamento) e finendo col disporre una serie di proroghesacrosante, inevitabili e indiscutibili, ma che gli stessi esponenti del Movimento 5 Stelle che oggi le propongono e difendono durante l'iter parlamentare della manovra, di certo avrebbero considerate “criminali” se disposte da un altro Esecutivo. Accusandolo di aiutare chissà quale lobby. Invece è facile comprendere che quelle proroghe messe nero su bianco dal governo in fase di definizione della Manovra di bilancio, rappresentano degli atti dovuti, non solo per evitare altre procedure d infrazione, visto che ci sono in ballo delle gare pubbliche che non si è in grado di celebrare, ma anche e soprattutto per garantire la minima continuità operativa di settore che, piaccia o no, vengono concessi in gestione dallo Stato e a maggior ragione non possono certo essere interdetti per una svista o una carenza normativa, come quelle che interessano le slot machine, le scommesse sportivo, il bingo o il Superenalotto. Eppure, tanto chiaro non dev'essere. Almeno non a tutti, visto che, ancora oggi, si può raccogliere altra indignazione rispetto alla decisione di procedere con tali proroghe, addirittura da parte di parlamentari del Pd: anche se era stato proprio tale partito a introdurre alcune scadenze, notoriamente irrealizzabili, come quella dell'introduzione della nuova generazione di slot o del rinnovo delle concessioni del betting. Ma la politica è anche questo, lo sappiamo bene: e lo vediamo, purtroppo, ogni giorno.
Il governo, tuttavia, dovrà forse prevedere un altro compromesso obbligatorio – sempre in materia di gioco – anche rispetto alle prescrizioni del Decreto dignità. Non solo per via dei termini (già traditi) del Riordino generale, ma anche rispetto alle prescrizioni sulla pubblicità e promozione dei giochi, viste le troppe criticità e difficoltà operative che ne derivano. Ilquestionario diffuso da Agcomevidenzia in maniera piuttosto chiara la complessità della materia, lasciando supporre che le linee guida che ne deriveranno dovrebbero delineare un nuovo percorso di sostenibilità forse diverso da quello immaginato dal governo in fase di stesura del decreto estivo. Ma a fare un'altra possibile marcia-indietro, almeno parziale, potrebbe essere proprio l'Esecutivo, magari prorogando in parte i termini previsti per l'attuazione del divieto totale, visti i danni ingenti che ne deriverebbero per il mondo dello sport, della cultura e non solo. Anche qui, però, c'è da chiedersi perché non siano state fatte prima determinate valutazioni: ma del resto è lo stesso che si chiede ogni giorno di fronte alle ripetute esternazioni, promesse e pseudo-rassicurazioni provenienti dai vertici del governo. Meglio tuttavia guardare avanti e provare a scorgere quale sarà il futuro del paese: finché la barca va.
 
 

Articoli correlati