Verso un settore nuovo
Il Dl Dignità, i ripetuti aumenti di tassazione imposti dagli ultimi governi e i molteplici problemi sul territorio, impongono all’industria del gioco un cambio di mentalità. E di modello.
In questo periodo di estrema incertezza e di totale instabilità per il comparto del gioco pubblico, una cosa sola appare certa: niente sarà più come prima. Sotto tutti i punti di vista.
Sotto il profilo economico e finanziario, a causa delle mutate (e ristrette) marginalità che stanno generando (seppure a fatica) nuovi e diversi equilibri all’interno della filiera, ma anche per ciò che riguarda l’offerta. È noto a tutti, in effetti, che il settore dovrà fare i conti con una riduzione non solo del numero di apparecchi da intrattenimento, già compiuta negli ultimi anni dal Legislatore, ma anche di quella dei punti vendita, e per varie ragioni.
L’altro grande cambiamento che dovrà affrontare l’industria è però nella comunicazione e nelle attività di marketing. Altra cosa imposta, di fatto, dalla legge, proprio attraverso il decreto Dignità che ha introdotto il divieto di pubblicità “totale” del gioco con vincita in denaro. Rendendo necessario un cambio di mentalità e non solo di strategie, a livello generale; e anche decisamente trasversale. Non soltanto per chi si occupa di gioco online, come erroneamente pensava di poter interpretare qualcuno, ma vale per tutti. Per l’intera industria, appunto.
Mai come in questo momento, dunque, gli addetti ai lavori sono obbligati a interrogarsi sul proprio futuro e su quello delle proprie attività. Provando a immaginare un nuovo settore, magari meno profittevole e più complesso da gestire, ma che risulti (finalmente) sostenibile e destinato a stabilizzarsi nel tempo. Sia pure in forme diverse da quella attuale. Gli operatori dovranno quindi muoversi per tempo, cioè ora: mentre dall’altra parte, al tempo stesso, la politica non potrà sottrarsi al proprio compito e alle proprie responsabilità, completando quell’operazione di riordino, finora soltanto annunciata, e forse neppure immaginata. Ma comunque promessa, e di conseguenza, aspettata. E sempre più urgente.