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Consiglio dei ministri approva Ddl Autonomia Regioni, cosa cambia per il gioco

03 febbraio 2023 - 10:32

Il professor Giuseppe Arconzo (Università di Milano) analizza per GiocoNews.it i contenuti del disegno di legge quadro sull'autonomia differenziata delle Regioni e i possibili effetti sul settore del gioco pubblico.

© Jeshoots /Pexels

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“Con il disegno di legge quadro sull'autonomia puntiamo a costruire un'Italia più unita, più forte e più coesa. Il Governo avvia un percorso per superare i divari che oggi esistono tra i territori e garantire a tutti i cittadini, e in ogni parte d'Italia, gli stessi diritti e lo stesso livello di servizi. La fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni, in questi anni mai determinati, è una garanzia di coesione e unità. Un provvedimento che declina il principio di sussidiarietà e dà alle Regioni che lo chiederanno una duplice opportunità: gestire direttamente materie e risorse e dare ai cittadini servizi più efficienti e meno costosi”.

Sono le parole con cui la premier Giorgia Meloni commenta l'approvazione da parte del Consiglio dei ministri, nella seduta del 2 febbraio, del disegno di legge “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario”, proposto dal ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli.

Il testo provvede alla definizione dei “principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” e delle “relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione”.

L'approvazione del Ddl è lo spunto per interrogarci sui possibili effetti legati al settore del gioco e alle modalità di contrasto del gioco patologico, visto che nel testo si parla del finanziamento delle funzioni attribuite avverrà attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali a livello regionale, con modalità definite dall’intesa (e in questo caso viene spontaneo pensare alle entrate derivanti dal gioco, come già accade per le regioni a statuto speciale) e dei  livelli essenziali delle prestazioni, applicabili anche alla sanità, ambito nel quale ricadono la prevenzione e la cura del Gap e in nome della quale le Regioni hanno finora legiferato con distanziometri e limiti orari per le attività del comparto.

Abbiamo quindi chiesto lumi in proposito a Giuseppe Arconzo, professore di diritto costituzionale e docente di Diritto regionale e degli enti locali all'Università statale di Milano.

Partiamo da alcune considerazioni generali sul testo. “L’approvazione di questo disegno di legge consente l’attuazione di quanto previsto dall’art. 116, comma 3, Cost., disegnando le modalità con cui sarà possibile attribuire 'ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia' alle Regioni a statuto ordinario. Si è ritenuto necessario, dunque – a differenza del percorso avviato nel 2018, ma mai terminato, per Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna – di introdurre preliminarmente una cornice normativa che specifichi quanto già prescritto dall’art. 116, comma 3, Cost. e descriva così il procedimento in cui incardinare le richieste di autonomia differenziata. Non è ovviamente questa la sede per analizzare dettagliatamente tale procedimento. Basti qui sapere che, una volta approvata tale legge, sarà possibile – per ciascuna Regione – dare avvio al percorso che porterà all’attribuzione delle forme del 'regionalismo differenziato'”, spiega il professore.

In estrema sintesi, il procedimento previsto nel disegno di legge può essere descritto come segue: “a) iniziativa della Regione; b) negoziato tra Stato e Regione, c) schema di intesa preliminare tra Stato e Regione approvato dal Consiglio dei ministri; d) parere della Conferenza unificata Stato-Regioni; e) parere delle Camere; f) predisposizione di schema di intesa definitiva da parte del Consiglio dei ministri e invio alla Regione; g) approvazione da parte della Regione; h) deliberazione dello schema di intesa definitiva da parte del Consiglio dei ministri; i) sottoscrizione dell’intesa da parte del presidente di Regione e del presidente del Consiglio dei ministri; l) predisposizione di un disegno di legge di approvazione dell’intesa; m) approvazione del disegno di legge da parte delle Camere a maggioranza assoluta dei componenti. In sintesi, approvato il disegno di legge da parte del Governo, sarà poi il Parlamento – in tempi attualmente non prevedibili – a dover approvare la legge (ovviamente apportando al disegno di legge le modifiche che riterrà opportune). Solo allora avremo la cornice normativa che potrà essere utilizzata per la richiesta, da parte delle Regioni, di forme e condizioni particolari di autonomia”, afferma Arconzo.

Nell’immediato, dunque, non ci saranno cambiamenti, anche considerando che l’art. 10 della bozza prevede che anche i procedimenti già avviati – cui si è fatto cenno sopra – dovranno essere incardinati nella procedura disegnata dal Ddl in esame.

Una volta approvata la legge, certamente però le Regioni potranno avviare le procedure per il negoziato per ottenere maggiori spazi di autonomia in tutte le materie di cui all’art. 117, secondo comma, Cost., ivi compresa la materia “tutela della salute”.

Cosa comporterebbe questa evenienza con riferimento all’eventuale possibilità per le Regioni di legiferare in materia di gioco stabilendo distanze da 'luoghi sensibili' - come chiese, ospedali etc - e limiti orari per il funzionamento degli apparecchi?. “L’impressione è che, alla luce della giurisprudenza costituzionale già formatasi in materia, il tema dell’autonomia differenziata non possa incidere più di tanto su questo specifico ambito, per il fatto che le Regioni, già nell’attuale configurazione, sono titolari di competenza legislativa in materia”, puntualizza il professore. “In materia di giochi, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, possono individuarsi due categorie di norme: una prima categoria comprende le previsioni che disciplinano il contrasto al gioco illegale, nonché quelle che individuano i giochi leciti e che regolano le modalità di installazione e di utilizzo degli apparecchi da gioco. Una seconda categoria di norme invece è volta a contrastare la ludopatia, anche attraverso limitazioni relative all’ubicazione dei locali o all’apposizione di limiti e distanze di tali locali da 'luoghi sensibili'.

Le prime ricadono nella competenza esclusiva statale in materia di 'ordine pubblico e sicurezza' (art. 117, comma 2, lett. h). Le seconde, invece, vanno ricondotte alla competenza concorrente di Stato e Regioni in materia di 'tutela della salute' (art. 117, comma 3, Cost.) o, a seconda del contesto, al “governo del territorio”.

Nello specifico, secondo la stessa Corte costituzionale, alle Regioni è quindi, già oggi, consentito di 'intervenire con misure tese a inibire l’esercizio di sale da gioco e di attrazione ubicate al di sotto di una distanza minima da luoghi considerati 'sensibili', al fine di prevenire il fenomeno della 'ludopatia'. Disposizioni di tal fatta risultano infatti 'dichiaratamente finalizzate a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale, e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonché ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità e la quiete pubblica' (cfr. sentenze n. 300 del 2011, n. 108 del 2017 e n. 27 del 2019, nonché n. 185 del 2021).

Siamo infatti in presenza di normative che 'prendono in considerazione principalmente le conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell’impatto sul territorio dell’afflusso a detti giochi da parte degli utenti'. Esse, pertanto, sono ascrivibili alle materie 'tutela della salute' e 'governo del territorio», nelle quali spetta alle Regioni e alle Province autonome una potestà legislativa concorrente' (di nuovo, sentenza n. 27 del 2019).

In ragione di ciò, la Corte costituzionale, in tre diverse occasioni, ha ritenuto conformi a Costituzione le normative – adottate dalla Provincia di Bolzano (sentenza n. 300 del 2011), dalla Regione Puglia (sentenza n. 108 del 2017) e dalla Regione Abruzzo (sentenza n. 27 del 2019) – che non consentono il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di sale da gioco e all’installazione di apparecchi da gioco nel caso di ubicazione a distanze inferiori di 300 (prov. Bolzano e Regione Abruzzo) o 500 (Legge reg. Puglia) metri.

In conclusione, dunque, deve rilevarsi che anche eventuali estensioni dell’ambito di autonomia in materia di 'tutela della salute' non dovrebbero sostanzialmente incidere sulla già esistente competenza delle Regioni a dettare distanze e limiti orari relativi alle sale da gioco e agli apparecchi da gioco”.

 

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