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Spagna: in carcere la presidente dell’associazione contro ludopatia per truffa ai consumatori

14 agosto 2023 - 10:41

La numero uno dell’associazione leader nel contrasto alla dipendenza da gioco d’azzardo condannata a tre anni di carcere.

Scritto da Vincenzo Giacometti
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E’ shock in Spagna dopo che la presidente dell'Associazione Leonese che combatte le dipendenze da gioco d'azzardo è stata condannata a tre anni di reclusione, in seguito alla ratifica della Corte Superiore di Giustizia di Castilla y León di una precedente sentenza del Tribunale Provinciale. I giudici l’hanno ritenuta autrice di un continuo reato di truffa, pur assolvendola dai reati di intrusione e furto che le erano stati attribuiti in precedenza. In particolare – secondo quanto riporta il quotidiano locale Diariodeleon.es - dall'esame delle prove effettuato dagli inquirenti risulta “provato che la donna condannata ha fondato nel 1999 l'associazione per aiutare nella lotta al gioco compulsivo, anche se successivamente e secondo la stessa imputata, è stata utile anche per le persone che potevano far soffrire altre persone", si legge nel ricorso risolto dalla Corte Superiore leonese. Questa associazione aveva raggiunto nel tempo una certa notorietà, motivo per cui è stata talvolta citata sui media a livello provinciale e comunitario. Con l'imputata che si atteggiava a psicologa di professione, nel professarsi presidente della suddetta associazione. 
Ebbene, nello statuto dell'associazione veniva indicato che l’organismo non avrebbe avuto motivazioni politiche, religiose, lucrative o commerciali: tuttavia, "appare provato in questo caso che lo scopo reale, quando ha creato l'associazione era unicamente quello di trarre profitto dall'ingenuità delle persone che si rivolgevano ad esso per disturbi, soprattutto alimentari (anoressia o bulimia principalmente) o anche per disturbi psichici o mentali”, spiega il tribunale. 
Ad avviare il procedimento giudiziario contro la leader dell’associazione sono stati i parenti di due pazienti che avevano chiesto aiuto all’associazione. Secondo quanto riporta il tribunale, infatti, l'imputata era riuscita a contattare i parenti delle due persone che soffrivano di questi disturbi dell’alimentazione e, in particolare, la madre di una ragazza che soffriva di obesità patologica, alla quale ha fatto credere che fosse laureata in psicologia e che frequentando l'associazione avrebbe curato la figlia contro questa patologia, per la quale ha concordato un compenso di 1.600 euro al mese, pur sapendo che tutto era un errore o un inganno con il solo scopo di ottenere un guadagno economico. Il minore aveva 15 anni e avrebbe ricevuto il presunto trattamento presso l'abitazione dell'imputato, dal 12 febbraio 2009 al 24 giugno 2013, senza però ottenere alcun risultato. Mentre nel secondo caso rilevato dai giudici, nel settembre 2015, l'imputata conosceva la querelante, poiché entrambe frequentavano la stessa scuola dei suoi figli, e si offrì di curare suo fratello, che soffriva già di un significativo deterioramento cognitivo, affetto da una demenza del lobo frontale che causava la perdita della memoria di lavoro, alterazione della capacità esecutiva, apatia e alterazione della capacità di astrazione. In questo caso le parti avevano concordato la cura per una quota a titolo di compenso professionale di importo pari a 1.600 euro al mese, in ragione di un'ora di cure giornaliere in cui il paziente si recava presso l'abitazione dell'imputato, dalla fine del da settembre 2015 a metà marzo 2016. Non è stato dimostrato che il paziente abbia ricevuto alcuna cura per la sua malattia, né che l'imputato avesse alcuna conoscenza o titolo per dispensarla.
La sentenza della Corte condanna l'imputato come autore di un reato continuato di frode aggravata a tre anni di reclusione e sei mesi di multa al ritmo di sei euro al giorno (1.080 euro) e un rispettivo risarcimento di 39mila e 18mila euro per le due vittime di raggiro.
 

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