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FutureS, Durante (Sisal): 'Accelerare investimenti in infrastrutture digitali'

20 novembre 2024 - 18:57

Francesco Durante, amministratore delegato di Sisal, sottolinea la necessità di costruire un futuro sostenibile e sempre più digitale.

Scritto da Carlo Cammarella
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Roma - “Con FutureS vogliamo promuovere un dialogo costruttivo sui temi che guidano la competitività del Paese e delle imprese. È essenziale accelerare gli investimenti in competenze e infrastrutture digitali da mettere a disposizione del Paese e crediamo che il confronto tra i diversi attori possa essere la leva per costruire un futuro più digitale e favorire una crescita sostenibile.” 
L'amministratore delegato di Sisal, Francesco Durante, sottolinea così le finalità dell'evento FutureS, giunto al suo secondo appuntamento oggi 20 novembre nella galleria di Villa Doria Paphilj e dal titolo “Infrastrutture digitali e tecnologia a beneficio dell'evoluzione del tessuto produttivo italiano”.

Durante, spiega, ancora: “La trasformazione digitale è una sfida importante per l’azienda. Per 65 anni Sisal è stata centrale nel canale retail, è stata una delle prime a informatizzare la rete, ma quella digitale è stata una sfida proprio per la cultura basata su canale retail. In questi ultimi anni i risultati sono stati straordinari e il digitale ora è il business dell’azienda: non siamo solo i primi nell'industria ma il nostro sito è nella top 20 dei siti di e-commerce”.
E racconta: “Per noi il 2019 è stato fondamentale, quando abbiamo deciso i gestire la migrazione al cloud. Con Aruba abbiamo costruito la nostra strategia di passaggio al cloud privato, che ci ha permesso un livello di sicurezza altissimo, e una flessibilità maggiore”.
Diversi i fattori rilevanti di questo passaggio: “Le competenze sono il primo primo fattore rilevante. Abbiamo 1.000 persone che lavorano sul digitale e che hanno fatto la differenza. L'Italia ha fatto progressi incredibili ma riguardo alle competenze digitali siamo ancora agli ultimi posti. Da parte nostra, abbiamo sviluppato una strategia, partita da un investimento in formazione, per permettere di acquisire le competenze digitali. Si tratta di una strategia che rappresenta un approccio diverso non soltanto sulle persone che lavorano in azienda ma anche per essere competitivi su mercato lavoro. Bisogna anche sviluppare metodi formativi adeguati. Un secondo punto importante è che per sviluppare strategie di competenze digitali servono dei nuovi hub distribuiti sul territorio, e un terzo aspetto riguarda invece la collaborazione tra le aziende e il mondo accademico per fare in modo che le persone escano con le competenze adeguate”. 

Nell'evento romano il tema è affrontato anche sotto altre angolazioni. Antonio Deruda, docente e analista di geopolitica digitale, sottolinea: “Le rotte dei cavi sottomarini portatori di dati in parte ripercorrono le vecchie rotte commerciali, e ciò rappresenta un legame con il passato. I cosiddetti i colli di bottiglia (punti di snodo) dei cavi sottomarini sono gli stessi del commercio globale. I cavi che provengono dallo stretto di Suez si inseriscono nel Mediterraneo e poi dalla Sicilia vanno a Marsiglia. Il 16 percento del traffico globale passa per il canale in questione che diventa strategico e molto pericoloso; il novanta percento delle comunicazioni tra Italia ed Europa passa da lì, non a caso Alessandria situata lì vicino è diventata un sito importante per la geopolitica digitale”. 
E in Italia come funziona? “La maggior parte dei data center in Italia si concentrano nella zona di Milano, altro polo è Roma. Tuttavia scontiamo alcuni punti deboli: il primo è legato alla mancanza di regole precise per realizzare questi dati e a questo punto ci pensano le regioni e l’iter diventa complesso; il secondo è atavico ed è rappresentato dal costo dell’energia in Italia che è molto alto. Inoltre nel momento in cui la Ai entrerà nelle nostre vite in maniera ancora più importante i consumi energetici aumenteranno. In Usa dove il numero di data center è maggiore la rete non regge più.”
Negli Usa, rivela Deruda, è nata una diplomazia dei data center: “Per i continui blackout stanno guardando fuori dal paese per realizzare data center, ad esempio nelle Filippine, in Malesia, negli emirati arabi, così come guardano all’India che ha fame di data center e connettività. Un tempo le grandi società che collegavano cavi collegavano le città più importanti, oggi non sono più solo società telecomunicazioni, ma anche aziende che operano nei servizi digitali che scelgono per le rotte di collegare data center tra di loro.” 

La moderatrice Barbara Carfagna, giornalista e conduttrice Rai, passa poi il microfono a Roberta Cocco, senior advisor, board member e docente universitaria: “Finora eravamo abituati ad una posizione Usa di apertura dialogo e collaborazione. È stato istituito un consiglio sul digitale per un confronto tra Usa e Europa e vi è stato il desiderio di investire molto sul progresso in questo settore visto che il governo Biden ha investito molto anche attraverso la ricerca. Ha dimostrato di voler essere parte attiva mentre l’Europa è molto attenta alla regolamentazione. Adesso bisogna vedere come va questo sodalizio che segnala uno stimolo alla sperimentazione. Il più vicino consigliere è Elon Musk ed è quello che ha sperimentato in tecnologia e ora entra in politica. L’Europa deve tenere la barra dritta e non perdere il dialogo oltre a sollecitare una cooperazione ma deve anche rafforzare la propria presenza cercando di essere più unita per lavorare affinché realtà locali possano essere alternative rispetto a quello che si crea negli Stati Uniti”.

Al Lisbona nel web summit c’è stato tentativo di alcune aziende nel mettersi insieme per creare una sorta di polo alternativo: “L’errore da non fare è rompere il dialogo - prosegue Cocco - alcuni vedono segnali positivi: se quello che arriva dagli Usa non è certo, quello che fa l’Europa con un tentativo di normare per proteggere e mettere regole chiare può essere buon appiglio per lavorare con una definizione stabile, proprio a differenza di quello che accade negli States. L’Italia a livello di digitalizzazione anche nel pubblico ha fatto un salto quantico grazie ad un impegno forte nell’innovazione e nella digitalizzazione. L’Italia è ai primi posti: il Pnrr ha dedicato sei miliardi alla digitalizzazione, i comuni e le scuole hanno avuto una grossa accelerazione.  Sono oltre 60mila i progetti di digitalizzazione locali. Bisogna avere consapevolezza di quello che si può fare, aver lavorato bene sulla digitalizzazione si è fatto grazie anche grazie a cooperazione tra pubblico e privato”. 

Interessante anche l’intervento di Maximo Ibarra, amministratore delegato di Engineering: “Si tratta della prima volta in cui le top aziende cominciano a investire nelle infrastrutture, interessante, dunque, è capire cosa succedere. Però bisogna fare una distinzione: la pubblica amministrazione ha fatto passi da gigante sulla digitalizzazione anche perché era molto indietro. Tuttavia il livello non era poi così inferiore rispetto ad altri paesi europei. Adesso, però, la distanza si è accorciata in maniera significativa. I problemi rimangono in comuni più piccoli dove siamo ancora fermi ad uno stadio iniziale perché mancano le competenze”.

Immancabile un passaggio sull’Ai: “Ancora non abbiamo visto ancora nulla, si parla di piattaforme di Ai generativo ma non parliamo abbastanza del fatto che ogni singolo individuo avrà una piattaforma di Ai generativa che rispecchia la conoscenza riportata all’interno dello smart phone, come se avessimo la possibilità di avere in tre o quattro anni miliardi di small languages models. Per fare un esempio l’Ai dello smart in futuro potrà aprire un conto in una banca interfacciandosi con quella della banca. Ora bisogna sfruttare questa capacità per far evolvere i sistemi legati alla difesa digitale. Cercando di stare sempre avanti rispetto a chi attacca. Aziende e istituzioni dovranno investire in cyber difesa altrimenti questa mancanza potrebbe minare i processi produttivi.”

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