Roma – “Garantire l'interesse della sicurezza pubblica, di cui è titolare lo Stato, l'aspetto socio-sanitario, riconducibile alle Regioni, ed economico, in relazione agli operatori del settore”.
Questi dovrebbero essere i capisaldi del riordino del gioco secondo Antonio De Donno, procuratore della Repubblica di Brindisi e presidente dell’Osservatorio dell'Eurispes, intervenuto nel corso della tavola rotonda “Il riordino del gioco pubblico e il ruolo dell’offerta territoriale in Italia” promossa dall’Osservatorio permanente su Giochi, legalità e patologie dell’Eurispes oggi, mercoledì 29 novembre a Roma.
Un riordino che per De Donno non dovrebbe essere spacchettato, e non dovrebbe privilegiare quello fisico o il terrestre, ma regolare entrambi, in parallelo, per tutelare gli interessi di tutti in modo omogeneo.
Dalla sua sicuramente il presidente dell’Osservatorio dell'Eurispes ha una certa esperienza del settore, essendosi occupato di gioco come pubblico ministero negli anni Ottanta, a proposito delle vicende legate alla criminalità organizzata, e negli anni Duemila, dopo la regolamentazione, come ricorda lui stesso alla tavola rotonda.
Il punto di partenza del suo intervento è l'intesa in Conferenza Stato-Regioni raggiunta nel 2017, con cui “lo Stato si prese in carico la riduzione dell'offerta e le Regioni l'impegno a collaborare con lealtà ad affrontare le ricadute sanitarie del gioco patologico.
Così, l'offerta del gioco è stata ridotta, mentre le Regioni hanno operato in ordine sparso limitando gli orari di accensione degli apparecchi e introducendo distanziometri, per ridurre l'esposizione dei giocatori al rischio di ludopatia.
Ora l'articolo 15 della legge delega per la riforma fiscale si muove lungo due assi: la rielaborazione di un quadro normativo frammentario, caratterizzato da un forte rischio di interpretazioni divergenti delle norme, e la necessità di tutelare la salute e la sicurezza, di creare un equilibrio nell'offerta sul territorio ora alterato”.
C'è poi l'esigenza “di salvaguardare il gioco fisco che intercetta generalmente il 'giocatore sociale', che non può essere messo in secondo piano, e ha anche un ruolo di presidio del territorio: occorre ragionare sull'attuale federalismo del gioco pubblico, vale a dire la normativa differenziata sui territori, e occorre evitare la ghettizzazione e la marginalizzazione del gioco pubblico, e assicurare il controllo del territorio per evitare che la criminalità intervenga per re-impossessarsi di questo tipo di attività.
Bisogna investire sull'offerta socio-sanitaria sul territorio: molte regioni hanno previsto un'informazione diffusa a cominciare dalle scuole, ed è essenziale il ruolo degli esercenti e la loro formazione per intercettare il giocatore ludopatico, visto che operano in prossimità e sono in grado di rilevare i sintomi della patologia con un'adeguata formazione specialistica. Si sta già facendo in Toscana e Puglia, ad esempio, ma bisogna imporre regole omogenee”.
Nella sua disamina poi De Donno mette sul tavolo alcune cifre: “Tra il 2018 e il 2022 i volumi di gioco sono passati da 107 a 136 miliardi di euro. Il gioco online è più che raddoppiato passando da 31,4 miliardi a 73,1 miliardi di euro. Nello stesso lasso temporale la rete fisica è passato da 73,76 a 62 miliardi.
Guardando alla spesa, quella per l’online è passata da 1,6 miliardi ai 3,9 miliardi di euro; per il fisico dai 17,3 del 2018 ai 16,4 di oggi.
Quanto all'apporto del gioco all'Erario, nel 2022 l'online ha contribuito per un miliardo di euro, il fisico per 9,2, quindi il 90 percento delle entrate erariali derivano dal comparto terrestre.
La filiera del gioco è composta da 48.950 generalisti e 4.550 specializzati e dà lavoro a circa 140mila unità, che arrivano a circa 250mila se si tiene conto dell’indotto”.
Per una sparizione completa del gioco fisico, secondo De Donno, "non sono ancora maturi i tempi perché il giocatore normalmente è un giocatore semplice, e un giocatore sociale. È chiaro tuttavia che viviamo un'epoca di informatizzazione globale rapidissima, quindi tra dieci anni probabilmente l'offerta di gioco sarà probabilmente diversa".
In merito agli interessi della criminalità sottolinea come il gioco nasca, storicamente, con le bische clandestine. "Oggi abbiamo superato quella fase", spiega, "anche se la criminalità organizzata ora non sta a guardare, e cerca di capire se ha spazi di intervento e laddove non li trova ricorre a canali alternativi. Dove c'è un transito di denaro la criminalità prova a inserisi", chiosa, "ed è per questo che il presidio del gioco pubblico diventa fondamentale".