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Corse di cavalli clandestine a Messina, Horse Angels: 'Prove a rischio invalidazione'

05 ottobre 2022 - 15:30

Horse Angels interviene sul processo sulle corse di cavalli clandestine a Messina, gli avvocati difensori degli imputati hanno chiesto di non utilizzare le intercettazioni poiché non sarebbero valide.

Scritto da Redazione

Foto © Philippe Oursel / Unsplash

“Eravamo già scandalizzati che il primo grado non avesse riconosciuto l'associazione mafiosa; ora, mentre le corse clandestine continuano imperterrite in Sicilia alla luce del sole, siamo ancora più basiti nel constatare che nei pochi casi in cui si arriva a giudizio e a una condanna, tutto il lavoro delle forze dell'ordine possa essere vanificato perché gli avvocati dei criminali sostengono che non è possibile usare le intercettazioni come prove”.

A dirlo è Roberta Ravello, rappresentante dell'organizzazione di volontariato Horse Angels, in merito alla possibile evoluzione del processo riguardante lo svolgimento di corse clandestine di cavalli su strada a Messina che ha visto la condanna in primo grado di 15 imputati del clan Giostra ma ora rischia di finire con un nulla di fatto poiché nell'udienza del 3 ottobre del secondo grado gli avvocati difensori degli imputati hanno chiesto di non utilizzare le intercettazioni riguardanti i propri assistiti, su cui si basa l'intero impianto di accusa, affermando che non sarebbero valide.

L'organizzazione di corse clandestine era stata fermata nel 2020 grazie all'operazione “Cesare”, con l'esecuzione di 33 misure cautelari da parte dei carabinieri coordinati dalla Direzione antimafia.  Operazione che aveva svelato un “patto di ferro” tra il clan Galli di Messina e i Santapaola di Catania per gestire le corse clandestine dei cavalli al rione Giostra e nelle zone di confine tra le due città, facendo affari d’oro con le scommesse illecite, e documentando anche i rapporti tra il gruppo criminale di Giostra e il catanese Sebastiano Grillo.

Horse Angels è parte lesa al processo ed è difesa dall'avvocato Giuseppe Marino del Foro di Reggio Calabria.

Ravello quindi prosegue: “Tutto ciò poi cozza contro la nostra esperienza giuridica in altri processi in altre regioni per lo stesso reato, dove non solo le intercettazioni sono state usate e hanno costituito la prova fondamentale, ma si è arrivati alla sentenza definitiva in Cassazione, come contro il clan Marotta in Campania, per citarne uno. Speriamo che queste non siano le prime avvisaglie di una pericolosa svolta verso il condono, anziché per l'inasprimento di questo tipo di reati”.

Se la Corte invalidasse le intercettazioni, annullerebbe anche la sentenza di primo grado.

Ora non resta che attendere il dispositivo.

 

 

 

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