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Ippica, non c'è futuro senza riforma (in tempi brevi)

11 maggio 2024 - 09:00

Punto di riferimento del trotto italiano, Roberto Mazzucato illustra la sua 'visione' per risollevare e rilanciare l'ippica italiana, enunciata anche nel piano industriale integrato abbinato alla proposta di legge 'Nuova Primavera' della deputata Lucchini (Lega).

Scritto da Francesca Mancosu
Roberto Mazzucato

Roberto Mazzucato

Quasi ottantacinque d'età, 60 dei quali passati ad occuparsi di ippica – 40 operativamente cioè come proprietario, allevatore e opinionista – sempre con passione ed impegno, e senza mai... mandarle a dire. Potremmo tratteggiare così il ritratto di Roberto Mazzucato, punto di riferimento del trotto italiano, imprenditore, cittadino del mondo, conosciuto nel settore come"King", soprannome che gli deriva dalla sigla dei cavalli da lui allevati.

Testimone di riforme ippiche, attese o solo abbozzate, ministeri dell'Agricoltura più o meno interessati al comparto (con una breve esperienza anche nella task force per il suo rilancio costituita ai tempi del ministro Gian Marco Centinaio, abbandonata per "incompatibilità") e poi animatore di una serie di gruppi Facebook dedicati all’ippica che contano migliaia di follower, nonché attivo collaboratore nella stesura del piano industriale integrato abbinato alla proposta di legge "Nuova Primavera” (alias “Disposizioni per la promozione dell’ippica, per la tutela della legalità e della trasparenza nel settore e per il benessere dei cavalli”), firmata dalla deputata della Lega Elena Lucchini.
Sempre nell’ottica, e con la speranza, di vedere l’ippica tornare ai fasti di un tempo.
Come? Scopriamolo con questa intervista.

L'attuale Governo sembra molto più interessato dei precedenti a una riforma dell'ippica. Cosa critica e cosa invece apprezza delle iniziative messe in campo in questi mesi?

"Nel suo complesso il Governo, almeno a parole, sembra effettivamente avere 'attenzionato' il settore più di altri che lo hanno preceduto, però va detto che anche con questo Governo non sono seguiti i fatti.
Anzi... Voglio anche dire che il direttore generale della Direzione ippica, Remo Chiodi, è parso subito animato da idee, progetti ed entusiasmo, lavora appassionatamente e senza orari (a volte ci si scrive pure di notte o quasi) e mi sono sentito in dovere di fare la mia parte e, non essendo io uno sfasciacarrozze ma uno che vuol salvare, ho cercato e cerco di collaborare e consigliare per quelle che sono le mie esperienze di ippico e appassionato.
Quando lo ritengo utile faccio pure da tramite con il mondo ippico trasferendo e riportando ad ambo le parti opinioni, suggerimenti, commenti e messaggi. 
Ci siamo conosciuti - anzi, ha voluto conoscermi - e il patto, da subito, è stato 'diciamoci le cose con chiarezza e senza filtri'. Così è stato.
In molte cose concordiamo in altre abbiamo visioni diverse, ma sempre sono presenti stima e comprensione.
Però, il Dg, è oggetto di mille pressioni interne ed esterne."

Secondo lei, quali dovrebbero essere i criteri di base per una “corretta” ed efficace classificazione degli ippodromi?

"Prima di tutto è assolutamente necessario che i parametri non li stabiliscano gli ippodromi stessi e nemmeno si stabiliscano con loro, poi tutto è contenuto e specificato nella proposta di legge Nuova Primavera e soprattutto nel piano industriale che l'accompagna.
Certamente bisogna partire dal benessere animale, dalla trasparenza, dalla capacità di offrire i servizi e la promozione migliore per i cavalli, gli operatori ed il pubblico, i nuovi potenziali clienti (proprietari, scommettitori, famiglie, giovani, bambini, appassionati e neofiti, media e sponsor).
Sono importanti anche i bilanci, la formazione e i posti di lavoro. La classificazione può e deve essere scorporata dal discorso sovvenzioni dove invece l'ippodromo cosiddetto minore può, a risultati e target raggiunti, essere maggiormente premiato rispetto a quelli più grandi.
Ippodromo come fornitori di servizi, quindi, in caso, remunerati e incentivati come tali e non 'a babbo morto'".

 

Cosa ne pensa delle ipotesi di riforma delle scommesse ippiche?

"Proprio la riforma delle scommesse ippiche e la classificazione degli ippodromi sono fondamentali, insieme all'abbandono di assistenzialismo e autoreferenzialità e naturalmente al rispetto di cavalli, proprietari e scommettitori per la salvezza e il rilancio dell'intero comparto ma, forse, proprio per questo, sono secoli che se ne parla e nulla si è mai fatto di concreto. Anzi, quello che è stato fatto è decisamente peggiorativo.
In ciò non si salva neppure questo Governo per non parlare poi dei ministeri e delle autorità di riferimento: se si pensa di fare la riforma delle scommesse con i concessionari, la classificazione degli ippodromi con gli ippodromi, la guerra al doping con chi dopa i cavalli si è decisamente sbagliata strada.
Servono esperti super partes e volontà politica nello scrivere e far rispettare le regole e il cambiamento.
Si va proponendo una riforma che riuscirebbe ad aggravare una situazione già disperata.
Se il Governo, i Monopoli, il Mef e il Masaf vogliono cominciare davvero a cambiare, la prima cosa da fare, subito, senza indugiare, è cancellare la cosiddetta 'marginalità' a favore degli assuntori di scommesse.
La riforma va fatta con veri esperti e studiosi della materia senza alcun conflitto di interesse. 
Personalmente non sono 'un esperto di scommesse' e, come detto e scritto, non sono uno sfasciacarrozze, tuttavia gli esperti, loro sì, 'del mio team' garantiscono che se venisse attuato quanto annunciato la presunta riforma sarebbe gravemente peggiorativa rispetto alla situazione attuale. Mi spiegano che parlare di riduzione del payout e tassazioni su quota fissa e complementare, specialmente con in vigore la 'marginalità', sarebbe tutt'altro che conveniente per il settore e lo Stato stesso. Può finire che si chieda a Dracula di conservare il sangue dell'Avis.

Mi spiegano che quella annunciata come riforma delle scommesse sarebbe decisamente peggiorativa rispetto alla già insostenibile situazione attuale.
Così la vedono gli esperti del mio team: 1. Ridurre il prelievo su quota fissa e complementare sarebbe del tutto inutile per le risorse da destinare all'ippica e dannosa per l'Erario oltre che ininfluente, nella migliore delle ipotesi, per gli scommettitori per i quali semmai sarebbe auspicabile un tetto minimo alle percentuale di lavorazione delle quote. 2. I danni possono diventare esponenziali nel momento in cui non si modifica, controlla o meglio ancora cancella la tassazione sul margine per i concessionari, che infatti sono gli unici a lucrare dal margine sulle scommesse a quota fissa. 3. Posto che, come ha osservato il direttore generale Chiodi, una vera riforma delle scommesse dovrebbe comprendere un restyling generale, anche nella rete di raccolta, nella programmazione, nei palinsesti, negli orari di raccolta, nelle tempistiche di eventi e pagamenti, nella credibilità e nella qualità (intesa come appeal, non necessariamente degli attori) di corse ed ippodromi, la differenza la farebbe il rilancio del totalizzatore (quindi, semmai, è lì che bisognerebbe intervenire su payout, prelievi e tassazioni) ma sembra su questo facciano in molti orecchie da mercante, praticamente tutti, concessionari in testa (e si può, parzialmente, capirli) ma anche i Monopoli, il Mef e perfino gli ippici, che si dicono infatti entusiasti di fronte all'annuncio di una riforma che riforma non è se non peggiorativa ma in compenso non muovono un dito e nemmeno sprecano una sillaba se nella rete dell'ippica monitor e sportelli sono dedicati a tutt'altro e se, per esempio, per giocare un quintè non basta accendere un mutuo ma devi ipotecarti anche un rene e se per miracolo lo prendi vinci i soldi di una pizza per due, anzi, in due, nel senso che ve la dovete dividere. Basta con gli slogan dell'ippica agli ippici (o presunti tali), se vogliamo chiudere lasciamo il pallino a loro.
Vent'anni e più di fallimenti sono lì a dimostrarlo e conti certificati dicono che il comparto ippico negli ultimi 15 anni ha perso quasi 1 miliardo di euro e, solo nel 2023, 123 milioni.
Eppure c'è gente che parla di privatizzazione.
Sponsor disposti a finanziare l'ippica in queste condizioni non ce ne sono e non ce ne possono essere fin quando non si cambia, né vedo sceicchi all'orizzonte, né tantomeno proprietari e allevatori disposti a correre per un prosciutto e una bottiglia di prosecco.
Se fosse tutto privatizzato e senza un adeguato periodo di transizione significherebbe il fallimento immediato. Occorre invece efficientare il ministero e questo il Dg Chiodi lo sta facendo e, soprattutto, occorre che la politica e il Parlamento affrontino seriamente la situazione con una legge, una proposta di legge seria e munita di preciso piano industriale, non con specchietti elettorali come sta avvenendo in questi giorni. La Pdl Nuova Primavera è li sull'uscio. Togliete i catenacci e fatela entrare".

Appare ormai sempre più evidente la necessità di una regolamentazione legislativa dell'ippica, come dimostrano i tanti disegni di legge presentati in questi ultimi mesi su determinati aspetti del settore. Cosa prevede la Pdl Nuova Primavera di cui lei è fra i sostenitori?

"A dir la verità, come accennavo prima, credo molti dei progetti di legge apparsi di recente siano più che altro 'campagna elettorale' e oltretutto di scarsissima utilità, anzi, in qualche caso anche dannosi prima ancora che inapplicabili.

La proposta di legge 'Nuova Primavera', con il suo piano industriale integrato, è al momento l'unica vera rivoluzione possibile, anzi, se trasformata in legge prima che sia comunque troppo tardi, porterebbe a salvezza e rilancio, fino a permettere all'ippica, nel medio-lungo periodo, di tornare a correre con le proprie gambe, a essere in attivo e a produrne anche per lo Stato ed i cittadini.
È una proposta trasversale che, partendo proprio dal benessere animale (ora inserito in Costituzione) risolverebbe anche i problemi di ordine economico, sociale, di comunicazione, immagine, marketing, promozione, trasparenza ed efficienza, investimenti ed impiego delle risorse, pubbliche e private .
Ma forse è proprio per questo che, mentre al di fuori (penso a tv e giornali generalisti e all'opinione pubblica) la si sostiene apertamente, nelle stanze dei bottoni e purtroppo finora anche in Parlamento, viene osteggiata se non addirittura bloccata.
Troppi 'prenditori' e interessi di parte a mantenere, aggiungo stupidamente (perché tra poco la mangiatoia sarà vuota), lo status quo."

Dal suo punto di vista, quali strategie dovrebbero essere messe in campo per valorizzare l'allevamento dei cavalli da corsa (e mettere in condizione gli allevatori di continuare a praticarlo)?

"L'allevamento italiano, almeno per il trotto, è da tempo nell'elite e ai vertici dell'Europa per risultati in pista e rapporto qualità-prezzo, anche, e forse soprattutto, per merito di chi, anni fa, ha fatto shopping nel mondo delle linee di sangue più preziose e interessanti finanche dal punto di vista degli incroci.
Tuttavia, a parte il pericolo che si va correndo di un procedimento inverso, con gli stranieri che fanno razzia nel sistema italiano proprio per un mercato 'a sconto' rispetto a quelli più floridi e frequentati del resto del mondo, il comparto rischia l'implosione per alcune storture e scelte sbagliate quanto surreali, come ad esempio la programmazione, per il crollo dei fatturati dell'ippica, per la sua autoreferenzialità che, di fatto, riduce ai minimi termini la chance di conquistare nuovi proprietari e di un rilancio del mercato ed anche per le troppe commistioni interne al nostro mondo, ai 'potentati' con cui è arrivato decisamente il momento di non andare più a braccetto.
Serve anche una maggiore attenzione della politica, perché allevare è un mestiere, è fare impresa ed è, oltre a eccellenza del Made in Italy, occasione di sviluppo e posti di lavoro.
Servirebbe anche distinguere chi alleva per mestiere, cioè è una azienda agricola, e chi affida la fattrice a pensione.
L'allevamento è anche e soprattutto agricoltura, a differenza di molte altre componenti dell'ippica che non lo sono affatto ma si nutrono delle risorse ad essa dedicate, però, contestualmente al trovare la strada (penso all'Iva) per agevolazioni e incentivi fiscali bisogna che gli allevatori, intesi come associazione, si adoperino per andare incontro ai proprietari (che sono i loro primi clienti) oltre a invertire, sia pure ormai con la dovuta gradualità, una programmazione che, appunto, leggendo i numeri delle nascite e delle chiusure di molte imprese, non va di certo portando benefici nemmeno agli allevatori.
Servono cultura, passione e managerialità, sforzi per aprire ed 'offrirsi' al mondo esterno, perché il mondo esterno non ha bisogno dell'ippica ma l'ippica ha bisogno del mondo esterno. Servono, aggiungo, da parte della nostra amata associazione, minor immobilismo nella gestione e maggior trasparenza anche nel rispetto degli impegni.
Se i soldi in cassa ci sono (e ci sono) occorre spenderli e investirli: per esempio acquistare monte di stalloni di pregio e offrirle a sorteggio ai soci, promuovere mostre mercato regionali dove l'allevatore tratta direttamente la vendita dei propri prodotti con i proprietari etc etc.
Bisogna, per fare un altro esempio, banale ma significativo, 'cambiare lo Statuto' (promessa elettorale non mantenuta) per riuscire finalmente a eliminare il meccanismo delle deleghe elettorali e servirebbe sviluppare al meglio i servizi per gli associati e per l'allevamento in generale." 

In Francia e Regno Unito, solo per citare un paio di casi da manuale, l'ippica è considerata uno sport "nazionale", molto amato e conosciuto. Cosa dovremmo fare per far sì che ciò accada anche da noi e migliorare l'immagine dell'ippica italiana?

"L'ippica italiana vanta potenzialità enormi, ma un assistenzialismo fine a se stesso, che non assiste nessuno tranne qualche 'amico' e gli 'amici degli amici' e, di sicuro non la base e chi ne avrebbe magari bisogno, se non diritto, è un altro ostacolo a riuscire a farla emergere.
L'autoreferenzialità dell'intero comparto che si è messo da solo in un ghetto dal quale non intende uscire, una burocrazia strumentale, i tanti conflitti di interesse e l'assenza di visione, anche a livello appunto di immagine (che in casi come questi, a cominciare dal benessere dei cavalli, diventa sostanza imprescindibile) oltre alla mancanza di managerialità, di esperti di economia, promozione, marketing e comunicazione hanno spinto l'ippica nel baratro e la vanno portando al rischio fallimento e chiusura. Per questo serve un passo indietro di tutti coloro che l'hanno ridotta in questo stato, serve un cambio di mentalità e di, mi sia consentito, 'prodotto'. L'ippica che stiamo proponendo non interessa a nessuno tranne a chi la fa.
Servono una legge e un piano industriale integrato che, 'calati e imposti dall'alto', portino anche al doveroso 'ripulisti', ma soprattutto al miglioramento esponenziale dell'appeal e della credibilità del settore ed a una gestione all'altezza e concorrenziale, senza più 'stopper' interni o più o meno istituzionali. Nuove regole scritte e fatte rispettare dalla Politica con la P maiuscola, per il Paese ed i cittadini prima ancora che per noi ippici.
Nuovi progetti con al centro il cavallo e l'ippica come sport, spettacolo, divertimento, passione, socialità, formazione e lavoro, una lotta senza quartiere al doping e alle tante brutture di questa cosa, di questo settore, che resta il più bello del mondo e deve impegnarsi per accogliere  le nuove generazioni e, mi ripeto, nuove occasioni e clienti. Anche qui, tornando alla domanda sull'immagine, la salvezza è nella proposta di legge Nuova Primavera e nel piano industriale collegato."

 

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