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Regolamento gioco Genova, Rusciano (As.tro): 'Ingiustificata discriminazione del settore'

24 giugno 2023 - 09:34

Isabella Rusciano dell'associazione As.tro punta il dito contro la norma del regolamento del Comune di Genova che nega le concessioni di occupazione del suolo pubblico ai bar con Awp: 'Sabotate attività legali'.

Scritto da Redazione
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È tornato d'attualità, pochi giorni fa, il regolamento su “sale da gioco e giochi leciti” del Comune di Genova che in una delle sue norme nega le concessioni di occupazione del suolo pubblico ai bar con Awp.

A riparlarne è stata l'associazione As.tro, chiedendo all'amministrazione comunale ligure di abrogare tale norma, consentendo agli esercizi commerciali che hanno apparecchi da gioco al loro interno di ottenere il rilascio della concessione del suolo pubblico.

 

Approfondiamo la questione con Isabella Rusciano, esponente dell'associazione As.tro.

Ci spiega le regioni di questa iniziativa?

“Innanzitutto, occorre focalizzare la questione nei suoi risvolti concreti. Immaginiamo due bar situati nella stessa via, uno dei quali ha installati al proprio interno degli apparecchi da gioco. Ebbene, il bar privo di apparecchi può beneficiare dei maggiori introiti che gli derivano dalla possibilità di utilizzare lo spazio all’aperto, munito di tavolini, per somministrare alimenti e bevande alla propria clientela. Questa opportunità è invece preclusa all’altro bar per il solo fatto che ha apparecchi da gioco regolarmente installati al proprio interno. Si tratta di un indubbio svantaggio concorrenziale, imposto dal Comune, che appare come un’ingiustificata discriminazione.”

Le si potrebbe però obiettare che questa scelta del Comune di Genova sia in linea con una politica finalizzata a disincentivare l’offerta di gioco.

“A chi ponesse una simile obiezione ricorderei, ritornando all’esempio citato, che il bar presso cui sono installati gli apparecchi ha ottenuto, proprio dallo stesso Comune che intende penalizzarlo impedendogli di installare un dehor, una regolare licenza ai sensi dell’art. 86 del Tulps. Mi sembra quindi inconcepibile che, in uno Stato di diritto, un Comune possa liberamente decidere di discriminare un’attività pienamente legale e dal medesimo autorizzata. Tutto questo non ha nulla a che vedere con la politica di prevenzione della dipendenza da gioco.”

Può spiegare più dettagliatamente quest’ultimo concetto?

“Prendiamo, ad esempio, le ordinanze sindacali limitative degli orari dell’offerta di gioco: per quanto, in concreto, la loro efficacia nella prevenzione della dipendenza da gioco non risulti in alcun modo dimostrata (anzi, esiste un’ampia letteratura scientifica che sostiene che le limitazioni orarie rischiano di sortire effetti esattamente contrari), si tratta, comunque, di provvedimenti che presentano una correlazione diretta, almeno su un piano astratto, tra il loro contenuto e la finalità che perseguono. Invece, la norma di cui stiamo parlando ha come unica finalità quella di punire dei commercianti per il solo fatto che svolgono, come attività secondaria, l’offerta di legale di gioco mediante apparecchi.”

Quindi, secondo lei, questa norma regolamentare manifesta una volontà “punitiva” da parte dell’amministrazione comunale che nel 2013 la approvò?

“Sembra evidente. La norma non è infatti finalizzata ad impedire la collocazione degli apparecchi da gioco all’esterno dei locali. Questo divieto esiste già, essendo stabilito dal Dm del ministero dell’Economia e delle finanze n° 2011/3011 del 27 luglio 2011. Inoltre, la volontà di sabotare il sistema del gioco pubblico legale, attraverso una disposizione finalizzata esclusivamente a penalizzare chi ne esercita l’offerta (per conto dello Stato), è evidenziata dal fatto che ad essere direttamente penalizzata dall’applicazione di questa norma non è l’attività di offerta di gioco ma l’attività prevalente dell’esercizio commerciale, ossia quella di somministrazione di alimenti e bevande.”

Quali sono le conclusioni che le suggerisce questa vicenda?

"Come associazione lo stiamo ripetendo da anni: è sicuramente legittima la posizione di chi, per motivazioni etico-ideologiche, resti contrario all’esistenza stessa del gioco legale e vorrebbe tornare all’epoca del proibizionismo. Non reputiamo invece legittima la posizione di quelle forze politiche o di quei rappresentanti delle istituzioni locali che, invece di proporre una legge per l’abolizione del gioco legale, perseguono gli obiettivi della loro crociata proibizionista attraverso metodi surrettizi, come quelli che si manifestano in scelte normative la cui unica finalità è quella di mettere in difficoltà le attività che esercitano l’offerta di gioco legale. Si tratta di un’inammissibile strategia finalizzata al 'sabotaggio' di un sistema che, fino a quando non verranno abrogate le norme che lo disciplinano, continua a trovare piena legittimità nell’ordinamento statale.”

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