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Cassazione: 'Gioco fisico, vietati pagamenti in contanti fra soggetti della filiera'

22 marzo 2023 - 11:53

La Cassazione evidenzia che nel gioco fisico sono vietati pagamenti fra soggetti della filiera in contanti a prescindere dalla sua misura e fa una precisazione sui contratti.

Scritto da Fm
 Sergio D’Afflitto / Wikipedia

Sergio D’Afflitto / Wikipedia

Nel gioco lecito su rete fisica sono vietati pagamenti fra soggetti della filiera in denaro contante a prescindere dalla sua misura poiché gli stessi debbono essere eseguiti unicamente ed esclusivamente  con strumenti tracciabili e la violazione determina la risoluzione del contratto fra gestore ed esercente e di quello fra concessionario/gestore/ esercente in ragione del suo collegamento negoziale con il primo.

A statuirlo, per la prima volta, è la Corte di Cassazione, con una sentenza fresca di pubblicazione che accoglie il ricorso di società di gestione di apparecchi da gioco, la cui trattazione era stata rinviata lo scorso novembre in pubblica udienza.

La società di gestione di apparecchi da gioco aveva convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Venezia l’esercente – difeso dagli avvocati Marco Selvaggi di Roma e Gabriele Tomezzoli di Verona, deducendo di aver stipulato un contratto avente ad oggetto l’installazione, presso l’esercizio commerciale di quest’ultimo apparecchi per il gioco lecito di cui all’art. 110 del Tulps per un periodo di almeno sei anni in via esclusiva, a fronte del pagamento del 60  percento degli incassi netti e che l’esercente aveva illegittimamente comunicato l’intenzione di risolvere il contratto , adducendo un’asserita violazione della normativa antiriciclaggio nella misura in cui sarebbero stati effettuati dalla concedente, quale mandataria del concessionario, pagamenti in contanti anziché con strumenti tracciabili.

Ora la Corte di cassazione sentenzia: “La lettera delle specifiche disposizioni relative alla filiera del gioco non lascia spazio a dubbi circa la inderogabilità dei sistemi di tracciamento di tutti i flussi finanziari.

L’art. 24, co. 1 bis del d.l. 6/7/2011 n. 98 prevede testualmente 'Al fine di garantire obiettivi di massima trasparenza, e per una più efficace e tempestiva verifica degli adempimenti cui ciascun soggetto è tenuto, è fatto obbligo a tutte le figure a vario titolo operanti nella filiera del sistema gioco di effettuare ogni tipo di versamento senza utilizzo di moneta contante e con modalità che assicurino la tracciabilità di ogni pagamento”.  L’art. 3 della l. 13/8/2010 n. 136 prevede che, per assicurare la tracciabilità dei flussi finanziari finalizzata a prevenire infiltrazioni criminali, tutti gli appaltatori devono utilizzare uno o più conti correnti bancari o postali accesi presso banche e tutti i pagamenti devono essere effettuati tramite bonifico bancario o postale ovvero con strumenti di incasso o di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni. Il co. 9 bis dispone che 'Il mancato utilizzo del bonifico bancario o postale ovvero degli altri strumenti idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni costituisce causa di risoluzione del contratto'.

La duplice previsione della inderogabilità della disciplina dei flussi finanziari tramite strumenti tracciabili in tutti i livelli della filiera del gioco lecito e la previsione della risoluzione di diritto dei contratti che prevedano deroghe a sistemi di pagamento tracciabili ha un tenore tale da non consentire alcun dubbio circa la inderogabilità della disciplina. La ragione della medesima risiede, oltre che nella finalità di dissuadere qualunque tentativo di infiltrazione della criminalità organizzata nel sistema del gioco, anche nella natura pubblica del denaro raccolto.

Questa Corte, con la sentenza delle sezioni unite penali n. 6087 del 16/2/2021 ha ritenuto integrare il delitto di peculato la condotta del gestore o dell'esercente degli apparecchi da gioco leciti di cui all'art. 110, sesto e settimo comma, Tulps, che si impossessi dei proventi del gioco, anche per la parte destinata al pagamento del prelievo erariale unico (Preu), non versandoli al concessionario competente, in quanto il denaro incassato appartiene alla pubblica amministrazione sin dal momento della sua riscossione.

Se il denaro prelevato dalle slot è di immediata proprietà dello Stato, è evidente che gli interessi pubblici tutelati dalla normativa e cioè la pubblica fede, l’ordine pubblico, la sicurezza, la salute dei giocatori, la protezione dei minori, etc. prevalgono su qualunque interesse privato. In questo quadro deve escludersi in radice la derogabilità della disciplina normativa che prevede la tracciabilità di tutti i flussi finanziari, così come deve affermarsi lo stretto collegamento negoziale tra il contratto 'a monte', stipulato con il concessionario della rete, e quello 'a valle' intercorrente tra l’esercente e il gestore. Inoltre appare altresì insostenibile che nella materia de qua possa porsi la valutazione del comportamento contrattuale delle parti secondo diligenza e buona fede, dal momento che la natura di stretto interesse pubblico della disciplina del gioco preclude la configurabilità di una discrezionale valutazione del comportamento delle parti”.

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