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CdS dà torto a gestore sala gioco: 'Giusto compensare le spese di giudizio'

15 gennaio 2024 - 12:29

Il Tar Sardegna dà ragione ragione al gestore di una sala gioco in materia di distanziometro ma lui ricorre in appello in materia di spese di giudizio e il Consiglio di Stato gli dà torto, ricornoscendo i poteri discrezionali del giudice di primo grado.

Scritto da Fm
© Pxhere

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"Se è vero che la sentenza motiva in tema di spese facendo riferimento ad una parziale reciproca soccombenza che non si era verificata, d’altro canto fa riferimento alla complessità delle questioni giuridiche implicate tra cui anche quella della competenza ad assumere certi provvedimenti per contrastare il fenomeno della ludopatia che proprio in quel periodo era notevolmente aumentato. Non va dimenticato che l’organo che sarebbe stato competente a fissare le norme sulla cui scorta assumere i provvedimenti di contrasto della ludopatia ha omesso a lungo di assumere decisioni in merito spingendo i Comuni ad assumere provvedimenti di contrasto che sono poi stati giudicati illegittimi, ma la cui finalità ben può giustificare la compensazione delle spese di giudizio.
Le spese del presente giudizio possono compensarsi tenuto conto della motivazione sulle spese in primo grado parzialmente erronea".

Così il Consiglio di Stato rigetta l'appello proposto dal gestore di una sala giochi per impugnare la sentenza con cui il Tar Sardegna nel 2018 ha accolto in parte il suo ricorso annullando il provvedimento interdittivo del dirigente del Servizio Suape del Comune di Cagliari atto a ordinare la cessazione immediata dell'attività per la violazione della distanza minima dai luoghi sensibili in ossequio alle vigenti ordinanze sindacali in materia.

Il Tar all'epoca aveva dato ragione all'esercente annullando le ordinanze limitatamente alla parte relativa al distanziometro, accogliendo "la censura di incompetenza del sindaco a dettare nuove distanze minime tra le sale gioco e i 'luoghi sensibili' e in ultimo rigettato le ulteriori censure rivolte nei confronti dei nuovi (e più ridotti) orari di apertura delle sale gioco, aventi a oggetto il difetto di istruttoria e di motivazione, la violazione del principio di proporzionalità e l’indebita compressione della libertà di iniziativa economica".

Il gestore della sala giochi nel suo appello contesta solo la "declaratoria di compensazione delle spese di lite operata dal primo giudice, in considerazione della ravvisata 'parziale reciproca soccombenza e la complessità delle questioni giuridiche implicate', affermando "di non aver mai impugnato i provvedimenti comunali nella parte in cui stabiliscono gli orari di apertura e chiusura delle sale da gioco lecito. Il Tar avrebbe, quindi, errato nel compensare le spese del giudizio, anche perché la 'complessità delle questioni giuridiche' affrontate dal primo Giudice afferivano a questioni mai sollevate dalla ricorrente".


Motivazioni ritenute non condivisibili dai giudici di Palazzo Spada, in quanto "secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il giudice di primo grado dispone di ampi poteri discrezionali in ordine alla statuizione sulle spese e, se del caso, al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione, ovvero per escluderla, con il solo limite che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi (da ultimo in questo senso: Cons. Stato, V, 8 gennaio 2024, n. 274)".

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