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Decadenza concessione gioco, Tar Lazio: 'Legittima se il titolare è un prestanome'

31 maggio 2023 - 16:20

Il Tar Lazio conferma la decadenza della concessione di gioco ad una società il cui titolare è 'persona fittiziamente interposta negli affari dei giochi e delle scommesse per conto di un’organizzazione criminale'.

Scritto da Fm
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“Il legale rappresentante della ricorrente è stato riconosciuto come persona fittiziamente interposta negli affari dei giochi e delle scommesse per conto di un’organizzazione criminale di tipo ndranghetistico”.

Tanto basta, secondo il Tar Lazio, per avvalorare la decisione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di decretare la decadenza della concessione per la raccolta dei giochi pubblici attribuita ad una società dopo un decreto dalla Questura di Cosenza per la revoca della licenza ex art. 88 Tulps.

La ricorrente, dopo aver subito la bocciatura dell’istanza cautelare nel 2017 - “in quanto - dagli elementi di valutazione acquisiti in corso di causa - non emergono profili che inducono ad una ragionevole previsione sull'esito favorevole del ricorso, perché tutti i provvedimenti contestati riguardano la medesima persona fisica (legale rappresentante della ricorrente) e che il provvedimento impugnato risulta congruamente motivato e adottato all’esito di una adeguata istruttoria” - ha insistito per l’accoglimento del gravame proposto, incassando però un'altra bocciatura.

Per i giudici amministrativi capitolini infatti il ricorso deve essere respinto, in ragione della non manifesta irragionevolezza, sotto i profili contestati, in quanto il provvedimento impugnato è “evidentemente coerente con la prescrizione di cui all’art. 23, comma 2 della convenzione di concessione versata in atti da parte ricorrente, ai sensi del quale Adm 'ai fini della tutela degli interessi erariali e dei consumatori, procede alla decadenza dalla concessione, oltre che nei casi espressamente previsti nella convenzione, anche: … f) nel caso in cui, successivamente alla stipula della convenzione, venga accertata l’insussistenza di uno dei requisiti previsti dalla procedura di selezione o dalla normativa vigente ai fini della permanenza del rapporto concessorio' - nel caso di specie, la violazione del divieto di intestazione fiduciaria posto all’articolo 17, comma 3, della l. 19 marzo 1990, n. 55 - nonché 'k) nei casi di violazione accertata dagli organi competenti della normativa in materia di repressione delle scommesse e del gioco anomalo, illecito e clandestino nonché per frode in competizione sportiva nonché nelle ipotesi di grave violazione della normativa in materia antimafia e di antiriciclaggio'”.

Il Collegio ritiene, dunque, che “del tutto logicamente l’amministrazione abbia valutato che chi non possa gestire, per le ragioni contenute nel provvedimento ablatorio della Questura, un negozio di gioco come legale rappresentante di una società, ugualmente non possa, come legale rappresentante di altra società, essere concessionario di Stato per la raccolta dei giochi pubblici. Destituita di fondamento appare, poi, la censura di pretesa carenza assoluta di motivazione, risultando – a ben vedere – la contestata determinazione supportata da un sufficiente corredo motivazionale, attesa l’indicazione sia dei presupposti di fatto, che delle ragioni giuridiche che ne hanno determinato l’adozione, osservando al riguardo il Collegio, come – diversamente da quanto vorrebbe la ricorrente - l’Agenzia non disponga della facoltà di sindacare il contenuto delle risultanze dell’istruttoria compiuta dalla Questura, alla quale la legge demanda, in via esclusiva, la raccolta degli elementi e la valutazione circa il rilascio ed il ritiro delle licenze di pubblica sicurezza”.

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