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Limiti orari gioco a Venezia, Tar: 'Può modificarli solo il consiglio comunale o il sindaco'

01 giugno 2023 - 11:59

Il Tar Veneto accoglie il ricorso di un concessionario contro la modifica degli orari del gioco decisa da un dirigente del Comune di Venezia in assenza di una deliberazione del consiglio comunale o di un’ordinanza sindacale.

Scritto da Fm

“In assenza di una deliberazione del consiglio comunale o di un’ordinanza sindacale a monte, la nota del Dirigente che impone un nuovo orario di messa in funzione degli apparecchi automatici di intrattenimento di cui all’art. 110, comma 6 lettera lettera a) c) e c bis) risulta, dunque, essere un atto viziato da incompetenza, in quanto adottato da un organo dell’ente (il dirigente della Direzione Servizi al cittadino e imprese) privo del potere di modificare le previsioni del vigente regolamento comunale”.

A sottolinearlo è il Tar Veneto nella sentenza con cui accoglie il ricorso presentato da un concessionario di gioco, gestore di una sala bingo a Mestre, per l'annullamento nota del Comune di Venezia, Direzione Servizi al cittadino e imprese, Settore Sportello Unico Commercio, Servizio Sportello autorizzazioni Commercio recante “modificazioni legislative inerenti orari di messa in funzione apparecchi da intrattenimento di cui all’art. 110, comma 6 del Tulps (Awp e Vlt) e comma 7 del Tulps in Comune di Venezia”.

Il Comune di Venezia, infatti, a seguito dell’entrata in vigore della legge regionale n° 38 del 2019 e della delibera di giunta regionale n° 2600/2019, “ha esercitato il proprio potere discrezionale di disciplinare l’orario di funzionamento degli apparecchi di gioco sovrapponendo la previgente disposizione regolamentare e le fasce minime di interruzione del gioco imposte a livello regionale, così, di fatto, riducendo ulteriormente l’orario di esercizio dell’attività di gioco, attraverso un atto che integra l’ipotesi di un provvedimento viziato dall’incompetenza di chi l’ha adottato e comunque privo della necessaria motivazione”, si ricorda nella sentenza .

Un atto ritenuto illegittimo dal concessionario e ora anche dai giudici amministrativi veneti. Nella sentenza infatti si legge: “Nella sua adozione il Comune di Venezia non si è limitato a ritenere che potesse continuare a trovare applicazione il proprio regolamento comunale, ma ha ritenuto di dover applicare una disciplina ancora più restrittiva di quella ivi contenuta, sovrapponendovi le previsioni della Dgr 2600/2019, senza procedere a una formale modifica del regolamento.

Nella sostanza, dunque, il Comune, contrariamente a quanto accaduto nel caso alla base della pronuncia ora ricordata, ha ritenuto di adeguare la propria regolamentazione alla sopravvenuta disciplina, ma lo ha fatto senza utilizzare i necessari strumenti giuridici.

Il Comune, dunque, a fronte della sopravvenuta disciplina regionale, avrebbe potuto tenere fermo il proprio regolamento comunale (che prevede la possibilità di funzionamento degli apparati di gioco tra le ore 9.00 e le ore 13.00 e tra le ore 15.00 e le ore 19.30), il che avrebbe comunque determinato una limitazione dell’attività di gioco molto più ampia di quella prevista dalla Regione, anche se non coincidente per la fascia compresa tra le 18 e le 19.30, in cui dovrebbe essere sospesa in base alle indicazioni minime della Regione.

Ovvero avrebbe potuto adeguare il proprio regolamento al rispetto delle fasce minime previste dalla Dgr, ma ciò avrebbe dovuto avvenire mediante una deliberazione consiliare, nella quale avrebbe dovuto essere dato conto delle ragioni legittimanti l’applicazione di una regolazione oraria ancora più restrittiva di quella prevista dalla Regione e anche dal proprio precedente regolamento.

In alternativa, fermo restando il regolamento, il sindaco avrebbe potuto esercitare i poteri regolatori allo stesso attribuiti, fissando nuovi orari di funzionamento degli apparecchi, ancorché sempre motivando in ordine alla necessità e rispondenza all’interesse pubblico, della nuova regolazione oraria.

In nessun modo la sopravvenuta disciplina regionale avrebbe potuto determinare (così come già affermato nelle sentenze di questo Tribunale richiamate proprio dall’Amministrazione resistente) l’automatica modificazione del regolamento comunale presupposta nella comunicazione impugnata”.

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