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Limiti orari gioco a Firenze, CdS: 'No a risarcimento danni per il gestore'

26 febbraio 2024 - 12:25

Il Consiglio di Stato respinge l'appello di un gestore per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall'ordinanza sugli orari del gioco a Firenze del 2016, poi annullata da una sentenza del Tar Toscana l'anno successivo.

Scritto da Fm
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Nel determinare il risarcimento, il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti.”.

È il principio ricordato dal Consiglio di Stato nella sentenza con cui respinge l'appello proposto da un gestore di apparecchi da gioco per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall'ordinanza emessa dal sindaco di Firenze nel 2016 per limitare gli orari di esercizio delle sale, “dalle ore 16:00 alle ore 20:00 di tutti i giorni, compresi i festivi”, poi annullata da una sentenza del Tar Toscana l'anno successivo.

La società ha indirizzo allo stesso Tar una richiesta di rsarcimento “di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, sofferti a causa del provvedimento annullato”, ma i giudici non hanno ritenuto “sussistenti i presupposti per il riconoscimento del risarcimento del danno. Ciò in quanto, in un primo momento, la società aveva proposto istanza di sospensione dell’ordinanza sindacale impugnata ma, successivamente, vi aveva rinunciato.

Secondo il giudicante, la scelta di non avvalersi delle forme di tutela previste dall’ordinamento processuale, come le misure cautelari, che avrebbero evitato gli asseriti pregiudizi, costituiva una violazione dell’obbligo di cooperazione di cui all’art. 30, comma 3, c.p.a., con conseguente venire meno del nesso causale”, si legge nella sentenza del Consiglio di Stato.

 

IL RICORSO DEL'OPERATORE – Nella stessa sentenza vengono illustrati i motivi di ricorsi proposti dal gestore di apparecchi da gioco. “Con il primo motivo di ricorso la società appellante censura la sentenza impugnata, assumendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 3, c.p.a. e 1227 c.c., nonché dei principi declinati dalla decisione n. 3/2011 dell’Adunanza lenaria. Il primo giudice avrebbe errato nell’escludere i presupposti dell’azione risarcitoria solo in considerazione dell’intervenuta rinuncia da parte della società ricorrente all’istanza cautelare proposta in primo grado.

Con il secondo motivo, la società lamenta l’erroneità della pronuncia nella parte in cui ha accolto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva formulata dalla Azienda Usl Toscana Centro. Diversamente da quanto opinato dal primo giudice, non potrebbe escludersi la legittimazione passiva di una pubblica amministrazione per il solo fatto che questa non risulta essere autrice formale di un provvedimento amministrativo, ossia perché l’apporto della medesima va ricondotto solo alla fase istruttoria. In realtà, come dimostrerebbe il tenore testuale del provvedimento sindacale, lo stesso si fonda sugli studi e sulle rilevazioni statistiche della Azienda sanitaria di Firenze”.

 

IL VERDETTO – Motivi ritenuti infondati dal  Consiglio di Stato. I giudici infatti sottolineano che “l’omessa coltivazione dello strumento cautelare preclude la risarcibilità dei danni che sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di rituale utilizzazione dello strumento di tutela specifica predisposto dall’ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo, onde evitare la consolidazione di effetti dannosi.

Nel caso in esame, la società domanda il ristoro del danno patito nel corso del periodo di efficacia dell’ordinanza sindacale, ovvero dal 5 settembre 2016 al 17 marzo 2017, data di pubblicazione della sentenza di annullamento n. 402/2017. Ebbene non è contestato che l’appellante, dopo aver proposto domanda di sospensione dell’ordinanza sindacale, vi abbia rinunciato”.

 

Il testo integrale della sentenza del Consiglio di Stato è consultabile in allegato.

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